Non era il momento adatto per farsi prendere un attacco di ansia, sopratutto perchè l'ora di alzarsi era prossima, doveva farsi la doccia, vestirsi ed andare in ufficio.
Cominciava con una sensazione di disagio, poco definita, che partiva dallo stomaco, passava per la pancia, ritornava su verso la gola e ci restava fino a quando i nervi venivano sfibrati ed il respiro restava compresso, spezzato.
Passava da voglie di toccarsi i seni e masturbazioni più intense, a lacrime tipo fontana di Trevi, il tutto in una manciata di secondi.
Era una donna tutta d'un pezzo, razionale, precisa, quasi anale, ma c'erano momenti, tipo questi, in cui l'emotività prendeva il largo e la sovrastava come una vampata di caldo torrido nell'aprire le persiane.
Indugiava, pur sapendo di farsi del male, però certi pensieri non si cancellano nemmeno dopo anni, figurarsi in 72 ore.
Puoi cambiare aria, trapunte, federe, taglio di capelli e profumo per l'ambiente, ma ci sarà sempre una nota dolceamara che staziona nell'angolo più buio della coscienza.
L'ennesimo respiro e la piccola pallina di ansiolitico che si scioglieva sotto la lingua.
Avrebbe potuto mandarla giù con una goccia di acqua o succo di frutta, ma preferiva sentire il gusto amaro ottunderle i pensieri.
Trascorse una buona mezz'ora a fissare quello stupido lampadario di ferro battuto che impolverato e scrostato le ricordava di quante scelte sbagliate aveva preso, ma con il senno di poi.......
Non si sentiva arresa o disillusa anche se lo specchio e la carta d'identità dicevano a chiare lettere che il tempo delle paranoie era finito.
Si sentiva inadatta, sola e non capita fino in fondo.
Usava spesso l'ironia con punte di stupida malizia per tenere gli altri lontani, per avere il controllo sulle persone e sulle cose.
Non le piaceva soffrire, a chi piace?
Si mascherava dietro un paravento di frasi fatte e di retorica per fuggire dai pensieri.
Si ripeteva di stare bene, ma in cuor suo mentiva e lo sapeva.
Non era facile fare i conti con il passato.
Dopo che la pallina aveva fatto quanto doveva, si sedette sul letto e con aria inebetita guardava quello stupido bracciale regalo di uno dei tanti marinai che usandola come riparo per il forte vento l'avevano esposta ancora una volta.
Voleva cambiare, era stanca di questo disagio.
Era esausta di raccattare ogni volta i pezzi del suo orgoglio ferito, ma si sentiva troppo vigliacca per provarci.
Riuscì a mettersi in piedi forse perchè la vescica stava per urlare "pietà".
Arrancando come uno zoppo, si diresse verso il bagno.
La luce morbida dell'alba tingeva quel silenzio in qualcosa di mistico.
Tutto era immobile, tutto sembrava congelato.
Perfetto.
Accese la piccola radiolina sulla mensola ed aprì il miscelatore.
Si guardò allo specchio provando rabbia per quello che era diventata.
Appena l'acqua divenne calda al punto giusto, si immerse sotto quel diluvio.
Voleva lavare lo sporco della sua coscienza, spazzare via le lacrime e fare pace con se stessa.
Purtroppo non sarebbe bastata una doccia, lo sapeva, ma doveva dare tregua al suo cuore.