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Ricordi, sale e lacrime II

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La prossima volta spengo il cellulare e buonasera.

Mi ha fatto uscire di casa per farmi stare in macchina. Bel divertimento sì.

Prima o dopo la gonfio come una zampogna e la suono andante con brio.

La vedevo zompettare fregandosene del vento, delle onde, del freddo ed anche di me.

Mi faceva sorridere ed incazzare allo stesso tempo. Riusciva a trovare le cose positive anche dove non c’ era nulla per cui ridere.

La invidiavo in positivo. Per sua natura riusciva ad andare oltre, io mi fermavo molto prima.

Accesi la radio mentre la testa vagava per i cavoli suoi.

Fra uno sbadiglio ed una smorfia, la noia ed il sonno stavano tornando presenti.

Speravo che sta tortura finisse quanto prima.

Volevo tornare a casa, infilarmi fra le coperte, dormire, stare in mutandine e felpa al calduccio sgranocchiando grissini e nutella alla faccia di Nowzaradan.

Ero triste da tempo, non riuscivo a metabolizzare la morte di mia nonna. Cercavo in ogni modo di tenere la mente occupata, ma bastava poco per ricadere nel pianto e nella tristezza. Piccola Ninetta mia.

Il vento era calato, dalle nuvole cariche di pioggia si faceva spazio ogni tanto qualche raggio di sole.

Alzai il cappuccio e mi diressi verso il mare, mentre Chiara si era messa sdraiata tipo zerbino.

Dalla quantità di onde che aveva preso, non osavo immaginare lo stato di quella piccola macchina fotografica.

Sarebbe stata la volta buona di non venire più tediata e accecata.

Misi le mani in tasca, con fare molto maschio camminavo facendo slalom fra i sassetti e le pozze d’ acqua, ogni tanto davo un calcio a quelle pallette pelose che arrivano fin sulla strada.

I primi surfisti e bodisti si facevano avanti, ma era da pazzi uscire con questo libeccio.

I gabbiani giocavano nel vento, il cielo era di un bel color cobalto e "Quanti pesci ci sono nel mare? Tre pescatori di Livorno disputarono un anno e un giorno per stabilire e sentenziare quanti pesci ci sono nel mare. Disse il primo: “ Ce n’è più di sette, senza contare le acciughette”. Disse il secondo: “ Ce n’è più di mille, senza contare scampi ed anguille”. Il terzo disse: “ Più di un milione!” E tutti e tre avevano ragione."

E’ evidente che il test di matematica ha fatto più danni del previsto, sto poetizzando come Ariosto.

Chiara si era completamente dileguata, immersa nel salmastro.

Io mi ero rotta le scatole, le mandai un messaggio al cellulare, lo avrebbe letto e non avrebbe gradito il contenuto.

Decisi di tornare a casa a piedi, tanto il cielo si stava aprendo.

Una passeggiata che oltre a farmi bene mi avrebbe svegliato e fatto passare un po’ di stress.

Canticchiavo a bassa voce, ignorando quello che avevo intorno.

Volevo solo tornare a letto e dormire.

Rifilai un calcio ad un sasso con l’ intenzione di farlo carambolare in acqua, ma rimbalzando andò a colpire la gamba di un uomo.

Mi bloccai tipo un freno a mano.

Aspettavo che il mio cervellino elaborasse un discorso di scuse, ma la parola non si palesava.

Credevo si voltasse, che mi fiondasse fra i flutti o che mi usasse violenza, ma non disse nulla.

Stava li fermo, rivolto verso il mare.

Gli occhiali scuri coperti di sale, un berretto verde e un giubbotto di jeans.

Mi avvicinai piano, camminavo in punta di piedi per non far rumore.

Gli toccai il braccio per chiedere scusa e per sincerarmi se andava tutto bene.

Piangeva, non sapevo che pesci prendere.

" Se le ho fatto male mi scuso, non avevo valutato bene, sono stata sciocca "

Mi guardò, ma i suoi occhi erano lontani, altrove.

Mi bloccai di nuovo. Non mi capacitavo, nemmeno mio padre quando si arrabbiava mi dava ansia, questo tizio mi stava facendo sentire a disagio pur stando in silenzio.

"...Sa... ho perso il mio unico amico... e in un certo senso ho perso anche me" disse con la voce rotta.

Si voltò nuovamente verso il mare.

Porca miseria, sentii male anch’ io, il respiro si fece corto e le lacrime cominciarono a velarmi gli occhi. Cercavo il modo di ritrovare l’ equilibrio pensando alle cose più leggere e cazzute della terra, ma il ricordo correva verso mia nonna.

Adesso più che mai volevo tornare a casa, sentivo freddo nonostante il sole, volevo piangere, ma lontano da tutti.

Arrivata nel vialetto di casa, lo sguardo cadde sulla sedia a dondolo dove la mia Ninetta passava i pomeriggi estivi, quella sedia dove ancora oggi riesco a vederla mentre filava e mentre mi teneva compagnia, raccontandomi fiabe e storie... un’ altra vita, un altro mondo.

Mi affrettai a salire in camera per dare sfogo alla tristezza.

Chiusi la porta e abbuiai la persiana, presi la sua sciarpa e me la misi sul cuore.


Matteo Bio Matteucci 13/07/2015 14:15 865

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Scatole & ricordi (09/09/2014)

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