La notte, un pugno nell’occhio, la desolazione della precisione, l’approssimativo completato dall’immaginazione, una serie di numeri, di schede, di nomi e cognomi, di pattuglie dei Carabinieri che ti chiedono “Patente e libretto”.
La notte delle speranze e la notte dei tormenti. Un sonno ristoratore ti allontana e ti riporta nel territorio delle immagini, dove tutto è possibile e da dove tutto è accessibile. Il mondo dei sogni capace di penetrare l’intero pianeta di superare distanze e di far coincidere tempi tra loro lontanissimi in un attimo che si dilata sino all’eternità
Annie mi dice che è “Gufo” e che la notte è magica, io da “allodola” sono invece rapito dall’aurora e dalla luce dell’alba e del mattino ma in fondo, la fine è l’inizio e, nulla unisce di più.
I contrari sono la stessa cosa e non c’è soluzione di continuità tra il giorno e la notte perché l’una è la faccia dell’altro.
Misericordia! Si questo è quello che desidero divenire, pura Misericordia, assenza di “Giudizio” eppure tra il dire e il fare quanto c’è da lavorare! e soprattutto: sarà mai così per me? Io stesso sono difficilmente oggetto di misericordia da parte di me stesso. Ecco perché tutto si è fatto chiaro quando l’ho vista arrivare.
Valentina è giunta di sorpresa e in segreto, nessuno doveva sapere che lei era li, che aveva deciso di parlare, di raccontarmi tutto. Io l’ho accolta con dolcezza e lei dopo avermi offerto il suo più bel sorriso si è accomodata sulla poltrona verde e ha accavallato le gambe prima di farmi una domanda.
“Quello che ti dirò sarà un segreto che saprai custodire nel tuo cuore?” La sua espressione interrogativa la rendeva tenera, fragile e desiderosa di sentirsi rassicurata. L’ho rassicurata e finalmente ha cominciato a raccontarmi.
Era venuta da Istanbul da sola, aveva viaggiato in aereo e dopo l’atterraggio a Roma è venuta sino al tacco, nel Salento leccese per parlarmi, perché era importante quello che mi doveva dire:
“Antonio il mese scorso ho fatto un sogno in cui c’eri tu, mi hai detto dove abitavi, mi hai dato il tuo numero di telefono” insomma Valentina aveva saputo della mia esistenza perché io stesso le avevo rivelato i miei contatti e con quelle informazioni era venuta in Italia a cercarmi.
Quando mi ha chiamato e mi ha detto che mi doveva comunicare un segreto io l’ho presa per una persona “originale e stravagante” ma dopo aver tentato di dissuaderla ho ceduto alle sue insistenze.
Ora sono davanti a lei e la sto ascoltando con molta attenzione. Valentina mi riferisce che dopo il aver incontrato me nel sogno è venuta a cercarla una donna sposata con i suoi figli per dirle che tutto ciò che doveva essere fatto l’avrebbe dovuto fare un certo Antonio e che questo Antonio, era quello che lei aveva incontrato prima del suo arrivo, ovvero quell’Antonio ero io.
Mettetevi nei miei panni, si dico a te che stai scorrendo queste parole dallo schermo del tuo computer, io protagonista di un sogno a Istanbul e quella donna che mi aveva sognato aveva ricevuto delle informazioni di un qualcosa che solo io potevo fare. E poi questa donna, per rivelarmi tutto questo, aveva preso l’aereo da Istanbul ed era venuta sino a casa mia nel Salento leccese.
Valentina era stanca ma non al punto da addormentarsi, parlava lentamente con un italiano incerto ma comunque comprensibile quando mi disse che dovevo raccontare a tutti della possibilità di perdonare, dell’unica possibilità che ognuno di noi ha di entrare in contatto con l’infinito e l’invisibile.
Io lo sapevo ma spesso mi ritrovavo a non farlo io per primo e quindi non riuscivo a capire perché mai dovessi essere proprio io a comunicare questo che è una indicazione di dominio pubblico e che da migliaia di anni viene divulgata con ogni mezzo possibile.
A questa mia obiezione Valentina non seppe rispondere, mi ripeté che era di importanza vitale che fossi proprio io a divulgare questa informazione in ogni modo possibile e immaginabile perché era da questo che dipendeva tutto.
Si alzò e mi disse che doveva affrettarsi per non perdere l’aereo che l’avrebbe riportata a Istanbul. L’ho salutata e sono rimasto sull’uscio del portone a osservare la sua bella figura allontanarsi, Valentina se ne stava andando ed ero certo che non l’avrei mai più rivista. Rimaneva questo compito che mi aveva affidato, rimaneva a me solo questa responsabilità.