Inerti smarriti spensierati, un paio di geans squarciati, ed una camicia annodata,
in vita scarpe comode, un paio di occhiali che faceva moda
e via tutti in macchina a mò di sardine, la macchina era strapiena di cibo,
frigo bevande, sedie, tavoli, coperte e cuscini
l’ auto conteneva più dei passeggeri consentiti,
si stava stretti stretti, fra dolci frutta e caffè nei termus
ed un odor misto di cibarie che nauseava
Si partiva di buon mattino alla ricerca di un comodo albero di carrubo,
per trovar posto e ombra perfetta, abbandonati,
ansanti, trionfanti, distesi, beati e felici sul prato di erbetta ancor tenera e verde,
illuminati dal primo tiepido sole d’ aprile,
si stendevan le coperte a fiorellini, piatti, tovaglioli e bicchieri in plastica
si iniziava ad aprir i fagotti, eran ben annodati da tovaglie di cotone
e già non appena arrivati noi ragazzi avevamo una grande fame,
una liturgia d’ attesa diventava quel momento dello sciogliere quel nodo
ed ecco trasbordare teglie di tutte le forme e misure
eran ricchi di bontà stracolmi di varie cibarie profumavano l’ aria
e il nostro immutato godereccio desiderio
l’ odor di aglio prezzemolo e uova sode,
svegliavan i nostri sensi ed anche le mosche con il lor ronzio
facevan festa con noi e con loro anche le amiche formichine
sempre indaffarate a racimolar provviste di briciole sparse
sul prato eran pastizzi di spinaci e formaggio,
impanate di patate e carne,
carciofi ripieni, formaggi, salumi e cassatelle di ricotta
un vero ricco bottino da re potevam sfamare un esercito
e noi a sbramare con gli occhi e l’ acquolina in bocca
i raggi tiepidi ci ubriacavano gli occhi,
tepor di primavera sotto ancor i maglioncini di lana che,
non dovevamo mai e poi mai togliere anche se, sudavamo era ancor presto,
detto da mamma
(Detto del sud... Ad Aprile e Maggio non mettere e ne levare)
melodioso festoso canto, s’ intonavano canzoni a caso,
ad alta voce stonando anche tanto un’ allegra brigata sempre in movimento,
si correre si saltare si saliva anche sugli alberi a raccoglier mandorle
ancor non mature e a succhiar i boccioli gialli dei fiori del lor zuccheroso nettare
il tempo come solito capitava si bagnava
e in un istante il sole faceva capricci allor di tutta fretta
a raccapezzar la furtiva merenda rimasta
ed ecco arrivar la birichina pioggerella bagnar quell’ ulivo lucido
e i prati dall’ odor aspro di terra e per noi diventava ancor più gioiosa
si andava a cercar sotto i sassi
le lumachine ancor dormienti e riempir ceste di mille e mille cornetti"
e cantar... Nesci li corna ca veni lu re ca ti potta na tazza ri cafè"
Sul riverbero lembo di mare mediterraneo, della mia bella Sicilia,
leggera correva come levriero l’ età mia,
spensierata i ricordi si annebbiano col tempo,
quelle risate stupide per un nulla, le novelle inventate e i giochi "babbi",
son volati col vento d’ aprile, si son dispersi
là frà i profumi del cibo e l’ odor della terra amata
nel fumo delle cose buone che ancor sogno
In un mondo ovattato dove tutto brillava, era il tempo che non tornerà mai più
“ N. B. Babbi stupidelli”