Arrivava sempre dopo un temporale, qualora il silenzio ne usufruiva i frutti... continuava a sonnecchiare dietro le sue palpebre d'indifferenza acuta, come se un dio gli avesse dato ragione del suo pallore.
Era d'inverno, l'albero che prima era stato spoglio dei suoi rami più belli, arrivava al cielo dietro partenze di nuvole che ne lambivano i tramonti.
Passata la pioggia, scrosciante e senza dimora alcuna, si alzò il vento dei ricordi.
Fluttuavano di pensieri quei carnosi detti di un tempo che la nonna -qualora l'avessi conosciuta- mi avrebbe detto: adesso smuove tutto il suo graffiante sibilo di vita.
Mi allontanai pensando al dopo che da lì a poco sarebbe accaduto.
Pochi passi e si alzò il vento, furioso nella sua dimostranza di "saggio" che ne scrutava i filamenti anche se sottili in uno scenario poco consono a quello che il tempo può offrire.
Ne restai senza fiato, quel vento aveva chiesto e fatto da tramite al nuovo anno di ricordi.
Passati ad asciugare i panni resi bagnati e umidi dalle piogge...
Ed era così. ...forte a sibilare tempesta che quando se ne stava zitto zitto, nessuno si accorgeva che aveva smesso.
Portava sempre con sé capelli lunghi, scarpe rotte, e mani in tasca, come a chiamare il suo riflesso al nome scritto nel silenzio.
Quel che accadeva, poi, nessuno lo sapeva, il sole tornava con i suoi raggi come a masticare le parole proferite, e senza aver causato, questo pensava il vento, danni, riusciva pure a dire cose che non erano vere.
Ma la verità scuoteva nella sera, il ramo di quell'albero piangeva; gli avevano spezzato le sue ali e nel sognare, adesso, non sapeva dove reclinare i sogni.
Il buio oscurava ogni cosa, la vita si scuoteva nel suo andare, e il vento, vinto dalla forza e dal rigore....lasciava, spesso, e sempre i suoi occhi appesi al duro sentire di un sorriso perso.
Guardare mi sembrava assurdo e strano, un abbraccio lo ritraeva stanco, la musica del suono al tempo tardo mi ricordava che del punto aperto a croce c'era sempre la solita minestra.
Un abbraccio ed è tempesta!