Tutto un altro mondo
Capo muto, primo sudor di gelo,
sul ridicolo dolore in un triangolo sciancante gelsi uva e more,
di buon mattino si stendevano al sole a maturare odor di franchigia
di mille mattine di vite si respirava nella umida e unica muffosa stanza pareti sperduti,
su muri crepati ricolmi di manifesti elettorali e funebri coprivan il lercio vecchiume
La sera ancor torbida, rendeva più vicini il quartiere,
a raccontar di grida le piccole pettegolezze eran massaie stanche ed avvizzitela,
lor giovinezza mai esistita a rappezzar calzini con toppe su toppe
La putia vicino casa a comprar salsa a cucchiaio
messa su carta oleata e la pasta sfusa disordine,
sporcizia in giro blatte, mosche facevan da cornice
Scorci di luce, giocavan i ragazzi con pantaloni corti vicino ai muretti,
al lancio di figurine, dei calciatori famosi vagava
nella polvere d’ estate e in autunno nel fango misto sempre al piscio,
veniva buttato insieme alla pioggia Buche e sterpi secchi,
consumati dal sole e dalla pioggia
e la formicolante ombra appariva nei bar col l’ unico svago il Joke Boxcon,
un gettone la sorte poteva girava
Impaurita tenerezza dei ragazzotti, chi non andava militare o emigrava
per un tozzo di pan sicuro restavan carcerati in quei luoghi vestivan in giacca e cravatta,
abiti smunti del colore originale non c’è ra nulla riciclati da padri a fratelli
si ritrovavan il pomeriggio sol per chiaccherar un pò
e fumar di nascosto una sigaretta divisi in due
Sperduti nel lor paesano mondo le ragazze da marito,
dopo le faccende di casa, di ricamo o di sartine
si coprivan la lor testa per andar a messa
accompagnate da donne più anziane guai ad alzar lor la testa,
stavan a capo chino e non si giravan maia dar un’ occhiata in giro,
eran considerate ragazze non serie
perduto per sempre il loro avvenire
e rimanevan zitelle e disonorate
Gli uomini stavan di buon mattino seduti in fila
a fumar sigari davanti ai bar guardavan con occhi sognanti
le donne meste passare toglievanon il cappello
per far lor l’ inchino del saluto al sindaco a braccio della moglie
Abbaiar di cani notte e giorno facevan a morsi per un osso e i gatti ad acciuffar topi,
un vecchio zoppo veniva preso a sassate da una brigata di ragazzi
e ridevan tutti per la negligenza di lui che non potea correre
lo scemo del paese gridava tutto il giorno per chissà cosa
e batteva le mani con forza
Secca era la paglia del povero mulo dentro casa
stava lui insieme alle persone come stufa riscalcava
c’è ra pure un morto davanti l’ uscio di casa disteso con le mani giunte,
attorno candele e donne vestite di nero parevan monache
col il viso coperto pregavan ad alta voce e gridavan pure il nome del povero defunto
Presto veniva accompagnato col carretto al cimitero e seppellito
in una fossa comune senza nome solo una piccola croce
la processione con una fila di bambini in veste bianca
e le donne con il drappo nero ricamato in oro tenuto a mano
si avviava dalla casa alla chiesa
L’ omaggio alla santa Padrona una vestizione religiosa
si spogliavan dei lor miseri averi
per donarli a Lei una richiesta un dono
un miracolo di salute o di soldi non ha realtà quel misero paese
risuona la campana sol per dir che c’è un morto
bambini scalzi e donne incinte
con una ciurma di piccoli scimmietti attaccati
alla sottana e alle mammelle sporchi gli abiti e le sottane
L’ uomo era omo lui solo lavorava e portava due soldi a casa
oppur se li spendeva tutti a bere o a puttane
doveva pur riposar andava ogni sera all’ osteria con amici
a fumar sigari mangiar legumi e ber vino
tornava a casa ubriaco fracido e prendeva a botte la moglie
Le puttane venivan a settimane si davan il cambio
con le altre donnine nelle case d’ appuntamento
gli uomini vestivan con camicie bianche
inamidate e brillantina in testa e senza alcun motivo
davan legnate e cinghiate ai lor figli per rispetto a lor
Non un lamento non un pentimento
tutti eran così era una quasi normale logica morale
delle mogli se il marito cambiava letto
lui poteva e stavan zitte
Oscuro gioco di accettar la fine nell’ umiliazione
sarà anche diventata poesia spose bambine vestite in nero
portate all’ altare per spose di buon mattino presto
perchè era una vergogna apparir di giorno in compagnia
di un uomo seppur marito e così se eran incinte
mai farsi vedere in paese col pancione
si diceva col sorrisino lei aveva fatto l’ amore
una cosa da tener chiusa al buio mai un orgasmo
e la passione d’ esser amata
Sfornar figli e lavar panni come cagne e gatti
nove mesi su nove mesi sempre col pancione
Tutto restava nascosto mai un vestito nuovo o pulito
già a venti anni ne dimostravan novanta
in quello stato grasse e pelose
E il medico condotto, veniva chiamato come un ultimo salvataggio
a rotta di collo, dopo vari intrugli da bere,
spalmare e ingurgitare misture, preparate da sapienti donne
andava dal malato a visitarlo lui trovava
il catino dell’ acqua il sapone con l’ asciugamano
sopra la sedia una vera sciccheria, dovea lavarsi le mani
per visitarle ed anche dopo di bagno e pulizia
manco a parlarne lo trovava disteso su un materasso di paglia
e con le cimici che gli succhiavan il sangue
morivan per un nulla
Di morfologia si accudivano fra loro
un parto la mammaia sapiente di nascite
una puntura, uno spicchio d’ aglio il togliere il malocchio
e sterminar i vemi
Camuffavan i lividi viola a cadute
le donne dopo le botte del marito ubriaco
si confortavano tra loro e il prete in confessione
le benediceva, perchè era lor dovere accettar le sofferenze
trovavano posto in Paradiso
Accendiamo il ciclo vitale volta di quà e gira
di là la giostra e il circo equestre
portava allegria, unico maestro di scuola cartelle di cartone
e l’ alfabetario e la cartina geografica attaccato alla parete
pochi andavano a scuola troppi analfabeti
E bastato un calcolo elementare
nella ferocia balbaggia
difender il proprio ovile dal nulla a nulla
N. B... Ancora in certi posti non è cambiato nulla