E’ uno di quei giorni in cui avverti una profonda malinconia, trascorri le ore lavorando, in silenzio, concentrata però su un altro mondo, che gira, che si anima, che vive dentro te, nella tua testa, talmente affollata di pensieri che ti sembra d’ avere uno sguardo perso nel vuoto.
Le palpebre sugli occhi che vogliono chiudersi, gli occhi stanchi, come non dormissi da intere settimane.
Pensieri contrastanti, interrotti, ripresi, alternati, vite che si svolgono, passioni che si consumano, sentimenti che alimentano inquietudine.
Quante burrasche mentre desideri solo un cielo azzurro dove sognare, dove volare, dove naufragare.
Più passa il tempo più s’ accresce questa sorta di malinconia. Hai bisogno di una pausa, ti ripeti, domani, sì domani andrà meglio, tutto passerà, tutto sarà diverso o uguale.
Ti ricordi, quasi all’ improvviso, che c’è qualcuno che potrebbe farti sorridere, ascoltare quel tuo mondo interiore, aiutarti a capire il tuo stato d’ irrequietudine.
Ma è lontano, è assente, è ombra, è occhio che ti segue, pensiero che ti abbraccia, ti culla. Eppure non ti placa, oggi non ti placa, oggi è un chiodo conficcato nel cervello, e non vai oltre, oggi è un’ ostinazione assurda e non c’è scampo.
L’ anima ha perso il suo originario colore, la sua trasparenza, il suo velo vergine e immacolato, la parte oscura dell’ anima sta crescendo. Pensi di poterla annientare, spingendola in fondo, ma sortisci l’ effetto contrario. Si sta espandendo.
Ti fa male la luce anche attraverso le nuvole leggere, biancastre, fumose, ti fa male quel raggio che s’ insinua tra le crepe, ti fa male vivere, senti che è inutile, non è la vita che vuoi, tu ami la fuga, la follia. Perderti perché qualcuno possa ritrovarti. Scappare perché qualcuno possa inseguirti.
Sbagliare perché qualcuno possa punirti.
E’ uno di quei giorni che vuoi il palcoscenico ad ogni costo, anche solo per morire.
E’ uno di quei giorni che vuoi buttare a terra il tuo castello di carta.
E’ uno di quei giorni che vorresti ubriacarti di follia, mentre il bicchiere mezzo pieno t’ appare mezzo vuoto, mentre i tuoi buoni propositi finiscono nella spazzatura e tornano gli errori, tutti gli errori che hai commesso. Puoi elencarli per importanza, per grandezza, per data, per maestrìa, per ingenuità, per distrazione, per cattiveria, per vizio, per qualsiasi altra natura.
La tua vita, a metà tra il vivere e il morire, sospesa, un’ altalena nel vuoto e tu, che ad ogni lancio nell’ aria, ignori dove possa arrestarsi il seggiolino, se andando incontro al cielo o nell’ opposto verso.
Comprendi che devi scrivere, lo stai facendo, e forse servirà, forse giungerai alla fine di queste ore che ti si stringono intorno come i convolvoli attorno ai cancelli. Vuoi respirare, vuoi solo respirare a fondo.
Devi scrivere, e lo stai facendo, una storia balorda, una storia irreale, che non dica niente o racconti tutto il caos che hai dentro, devi trasformare in parole questi tuoi pensieri sconnessi, devi scrivere e riuscire a domandarti, alla fine, ma dov’è la storia in questo racconto? Solo per renderti conto che la storia non c’è, perché oggi è uno di quei giorni che non conserverai nella tua memoria. Scivolerà via come pioggia sull’ asfalto e finirà. E domani sarai ancora tu, nel tuo divenire.