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Il giorno è arrivato, stasera cena con Laurina. Dopo un paio di uscite molto tranquille, diversi messaggi, decisi di rompere gli indugi invitandola a cena. Eravamo adulti, single, girarci intorno era quasi una perdita di tempo, in più detesto pigiare i tasti dello smartphone e tastiera del pc. Di continuare non mi attirava per nulla. Prenotai in un ristorante con piano bar, spazioso e luminoso. Fra le altre cose la vista sulla scogliera era mozzafiato, in più avevano esposto un paio di fotografie del sottoscritto. Optai per il completo di jeans, anche se la mimetica stava imprecando. Era primavera stagione fresca. Il pensiero di infilarmi la camicia mi provocava la sindrome del pinguino ribelle. L’ unica camicia che potevo indossare era quella di forza. Ricca doccia, sbarbato ed un filo di gel per placare questi capelli che sembravano sempre più delle piante di carciofo. Ero indeciso se farmi il capello corto, ma non avevo voglia. Caricai l- ipod, sistemai le ultime cose e presi la via della porta. Bella stagione, nuvole a mare, c 'era un po’ di vento. Sarebbe stato un tramonto da cornice. Arrivai, il posteggio era semi vuoto. Spensi il motore e restai in attesa. Speravo non mi desse buca, non fosse costruita e che non fosse la classica livornese. Mi sarei tuffato a piombo giù verso gli scogli. Vibrò il cellulare. Pensai fosse un like ad una mia foto o un demente che rispondeva con le solite frasi sinistroidi su QuiLivorno. "Dovrei togliere il suono delle notifiche, se solo sapessi come si fa". Era Laurina. Laurina perchè alta quanto un francobollo.
Scesi e la vidi, sbracciai tipo naufrago. Aveva messo gli stivali. Cosa voleva guadagnare dieci centimetri? Risi. Ogni tanto barcollava. Sarà mica fatta? Le andai in contro. "Bella scollatura, belle pocce" Ghignavo. "Eccoci di nuovo, mi fa piacere rivederti ". Tacque, ma accennò un timido sorriso, tipo paralisi. Risposi con una smorfia... Sorrise. Aveva una risata contagiosa. Entrammo nel locale, per fortuna semi deserto. Avevano messo la mia foto all'entrata. Sticazzi. Venne il cameriere. " Buonasera, ho prenotato un tavolo in terrazza a nome Bio". Arrivati, mi chiese di scegliere dove volevo mettermi..... La guardai stranito, sgranando gli occhi "...mah siamo in due Laura, il tavolo è quadrato fai un po’ te.... Se vuoi mi metto sulle tue ginocchia o preferisci che mangi in piedi solo in un angolo? " Mi rispose.... " sulle mie ginocchia ". Ridemmo. Spensi il cellulare e tolsi gli occhiali. La luce della candela mi perforava la retina. Mangiavamo e parlavamo. Aveva buon gusto, non era un'ignorante, ma in certi dialoghi la vedevo annaspare. Cadde qualche lacrima, quando le parlai di Mati. Annuiva, ma non capiva, non poteva. Non le dissi della passione per la fotografia, della scrittura, del mio passato un po’ movimentato, del mio odierno tumulto interiore. Certe cose devono stare ben riposte nel cassettone dei ricordi. Non per paura di essere giudicato, ma per un fatto di salvaguardia del mio ego. Il rischio di inciampare nei rimpianti e rimorsi era praticamente a due passi. Evitai come la peste il tema tatuaggi. Il dialogo era libero, non c’ erano costrizioni o retorica. Mi sarebbe piaciuto sbilanciarmi per vedere la sua reazione, ma il mio istinto mi diceva di aspettare.
Fine prima parte |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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