Un trillo ed il celluare prese vita.
Con gli occhi semi aperti cercai di mettere a fuoco lo schermo e vedere chi dei miei contatti si sarebbe aggiudicato un vaffanculo.
Era Chiara.
Il primo istinto fu di prendere lo smartphone e tirarlo contro il muro tipo pallina, poi prevalse la calma coadiuvata dalla stanchezza.
Il messaggio citava " fra 20 minuti son da te, vestiti che si esce, miao "
Troppo spesso ho l’ impressione che non sia del tutto sana di mente.
Venti minuti non sarebbero bastati. Non riesco nemmeno a dire l’ alfabeto, figurarsi alzarmi, svergliarmi, rendermi conto chi sono e vestirmi.
A malapena sapevo che ore fossero.
Ero stordita.
Avevo dormito zero la notte scorsa. Quella benedetta prova di matematica mi aveva mandato ai matti.
Cosi dopo pranzo, Morfeo decise di venirmi a prendere, menomale.
Il divano è deleterio, ma anche il letto non scherza mica.
Guardai fuori dai vetri per vedere che tempo faceva, decisi di aprirla anche per cercare di svegliarmi.
Non avevo mai sentito un vento come questo ed era pure ghiaccino.
Di li a poco sarebbero caduti certamente qualche dozzina di orsi polari e di pinguini.
La stagione adatta per oziare allegramente con la chitarra, un camino, qualche amico e vodka a profusione oppure un bel paio di cuffie da marziano e musica di quella buona rintuzzata in coperte.
Invece no, Chiara voleva uscire.
Da quando le hanno regalato quella macchina fotografica ci massacra le gonadi con pose artistiche e selfie da testate nel muro, se la porta ovunque, sicuramente anche a letto.
Si sente molto una PH, ma è solo una pirla. Non ha letto nemmeno il manuale delle istruzioni, troppa fatica.
Alla festa di Ilaria avrà fatto più di mille foto. Spero solo che quelle più sconvenienti non le abbia impresse sulla sd o qualcuno dei nostri, dovrà cospargersi il capo di cenere e mettersi in ginocchio sui ceci per tutta la vita.
Eravamo parecchio su di giri, ma diciotto anni capitano una sola volta.... e menomale.
Accesi la radio mentre da consumato esploratore mi avventurai nell’ armadio.
" Dovrei sistemarlo, ci son più grucce vuote che vestiti."
I capelli erano praticamente un miscuglio fra un mocho asciutto e una pianta di ramerino.
Avessi provato a pettinarli avrei sacramentato come mio nonno, pace alll’ anima sua, quando per sistemare la credenza di cucina gli cadde in testa la cappa.
Non avevo mai sentito tanta fantasia nel far cadere cosi tante madonne in una volta sola.
Si dovette pure portare al pronto soccorso perchè zampillava sangue come una fontana.
Grande figura mio nonno, un uomo tutto d’ un pezzo. Onesto, leale e forte.
Se la prese pure con l’ infermiera che invece di dargli ascolto stava facendo le parole crociate.
Volarono accidenti come colombe ad un matrimonio.
Mi scese una lacrima....
Chiara suonò il citofono....Maledissi la stirpe degli Phtor con annessa progenie degli Snow.
Accatai una felpa, un cappello ed i guanti, scesi le scale.
Mia mamma mi guardò perplessa quando intenta a mettermi le scarpe ne misi una sua ed una mia.
Mio padre mi dette un’ occhiata di compassione....scosse la testa e mi dette un bacio in fronte " E’ stato bello conoscerti angelo mio "
Mi toccai le palle che non avevo mostrandogli il terzo dito ed un bel paio di corna.
Rispose con una pernacchia ed una smorfia.
Il gatto, beato lui, stava bello spalmato sul bracciolo del divano, mosse la coda e mi salutò con mezzo miagolio.
"Esco con Chiara.....purtroppo.
Se non torno al tramonto, state tranquilli sarò in questura per tentato omicidio "
Aperta la porta venni accecata da quell’ infame flash con contorno di aghi di pino.
Attimi alla cecità perenne, mi sentivo Ray Charles, ma solo più bianca.
Mi fiondai in macchina tipo starnuto, mentre quell’ altra pazza stava flesciando a destra e a manca.
Sembrava in preda ad un raptus, entrò in auto come un treno.
" Ora ti faccio sta bene, disse Chiara, ti porto sul mare, vedrai che ti ripigli "
Sul mare con sto vento era il verso di trovarsi un paio di saraghi nel reggiseno e un quintale di sale nelle tasche. Avrei ripreso un raffreddore come quello di post Befana, me lo sentivo.
Lungo il tragitto speravo un guasto alla macchina, una foratura. Me ne sarei tornata a casa fra le braccia di Morfeo o persa nella note della musica.
Parcheggiò in modo creativo e scese, fregandosene delle strisce pedonali, un must qui a Livorno.
Dal finestrino mezzo appannato, vedevo perderla fra le bordate di acqua che si impennavano sul cemento.
Capivo che era ancora viva dalla luce del flash. Con sto tempo solo lei ed i cretini potevano passare dal mare.
Io mi ero fatta la forma al sedile, bello comodo e caldo, non sarei scesa nemmeno con il carro ponte.