Stavo leggendo un giornale noisosamente scontato e non particolarmente ricco di contenuti, unico scopo godermi il sole. Leggevo a tratti, nulla catturava la mia attenzione, la terrazza in libeccio con il sole è un bel posto. Piacevole, quasi silenziosa, nessuno che cammina, nessuno si vuole bagnare. Come se avessero paura del mare mosso, che il sale possa corrodere le giunture.
Avevo la mente altrove, troppo distante per capire quello che era stampato su quelle pagine patinate iper colorate e con delle modelle che neanche madre natura poteva creare. Photoshop ai massimi livelli.
Mi stupivo sempre su come potevano farla franca e vendere cosi tante copie, ma il cervello delle persone è sotto formaldeide oppure qualche neurone sano c è rimasto? Per evitare di essere ipnotizzata, lo misi nella borsa.
Il vento rinforzava, ma si stava da dio, assoluto relax, unico rumore le onde che si frantumavano su stesse.
Una settimana stancante, fare la maestra elementare con i ragazzi di oggi è come una corsa ad ostacoli, sfortunatamente, come premio non ci sono medaglie o strette di mano, inni nazionali o fanfare; ma una serie di mal di testa e mal di gola da trattare con le pinze da numismatica.
Per fortuna arriva il sabato, momento per ritrovare gli spazi e per tornare a respirare, fare pace con il mondo, chiudere la porta al caos ed alle diatribe quotidiane. Svagarsi e non pensare.
Cercare quelle cose per certi versi scontate, ma che danno grande soddisfazione, " scoprire la grandezza nella semplicità" sto parlando come mia madre, sto diventando vecchia.
Stavo quasi per andarmene quando in lontananza vidi una sagoma familiare.
Felpa blu scura, pantaloni mimetici, lettore mp3 nelle orecchie: è Bio. Eccolo, come sempre puntuale davanti al mare in libeccio. Come una vedetta scruta l’orizzonte, non per cercare terra o avvistare altre navi.
Attende, conosce il vento e il turbino dell’acqua, vive quel momento come unico.
Sente crescere l’onda, percepisce la rabbia del mare che plasmato dal vento s’infuria e si scontra contro il cemento. Ascolta il veloce susseguirsi di echi di gabbiani, il fragore del sale.
Statuario, immobile, ma in fremente, crescente preparazione.
Ha qualcosa in mano, la tiene stretta, ma è una morsa delicata, non fa male.
Isolato dal mondo e dal rumore, ma in perfetta armonia con tutto quello che lo circonda.
Un marziano, non è di questa galassia, non lamenta nulla, non vuole nulla.
Aspetta.
Poi come per magia la statua si muove, scivola nel vento, sfiora la spalletta quasi etereo.
Un gesto, un secondo e quello che custodiva gelosamente fra le mani prende vita.
Adesso è pronto, sa cosa fare, non teme Poseidone, non teme Eolo, sa come domarli.
Vorrei avvicinarmi e dirgli qualcosa, ma non voglio disturbare.
Alla prossima, Titano, buon divertimento, aspetterò come sempre le tue foto.
Catturi l’attimo e lo trasformi in emozione.