Marta, lunghi capelli corvini e sguardo impaurito da cerbiatto braccato, è una bambina nomade. Al mattino viene svegliata dal freddo e dal pianto del fratellino Joghi che dorme al suo fianco. Già al campo ci sono voci di altri bambini e il chiacchiericcio di donne che allattano i piccoli. Marta anche oggi non va scuola, il padre la butta rapidamente dal letto, lei esce dalla roulotte e corre verso la fontana per lavarsi il viso, l’acqua gelida la sveglia completamente; la madre, Sarah, accompagna Joghi alla fontana e poi riscalda un po’ di latte per tutta la famiglia, porge un paio di biscotti a ciascuno. Poco dopo Sarah prende in braccio Joghi, lo sistema nel suo marsupio legato al petto e afferra per la mano Marta. Lasciano il campo, si dirigono verso la fermata del tram, salgono e raggiungono la solita piazza, poi Sarah si sistema a terra con Joghi e si divide da Marta non perdendola mai di vista.
Tende la mano la piccola, alla gente che frettolosa la ignora, mentre cammina poggia il suo sguardo su una vetrina che espone giocattoli, c’è una bambola che le piace tanto, parla e canta, entra nel negozio, ma un signore la respinge fuori. Vorrebbe essere a scuola Marta, almeno lì c’è caldo e poi c’è anche Serena la sua amichetta e Giorgio, un bambino che le piace tanto ma che non la degna neanche di uno sguardo e la prende in giro tutte le volte che rutta, o si mette le dita nel naso.
Marta coltiva i suoi sogni tra vetrine, passanti, freddo, anche se sognare è un lusso che deve vivere di straforo perché non le appartiene, tanto che tutti i sogni le sembrano irraggiungibili, sono molto più vicini le botte dei suoi genitori che i desideri e proprio mentre è immersa nelle sue fantasie, la madre, poco distante, la richiama per indurla ad avvicinarsi ai passanti in maniera più pressante quando chiede l'elemosina. Le ripete bruscamente che deve fare la faccia triste, malaticcia, che deve implorare la gente, commuoverla, ha raccolto appena tre euro e ventidue centesimi, non ha ancora molto tempo e deve portare al campo almeno quindici euro.
“Devo essere più brava, più convincente” si ripete tra sé e sé la piccola, “devo dire che ho fame” mentre strattono qualche signora inseguendola per una monetina.
Marta è stanca di stare in piedi e sente freddo, inizia a tossire forte, sempre più forte, fino a quando si accascia sul marciapiede. Sarah l’osserva incuriosita pensando che finalmente la bambina ha capito come fare a impietosire la gente, si sente quasi soddisfatta che oggi Marta, con questa sua mossa furba, riuscirà a portare più soldi a casa. In effetti qualche passante lascia cadere una moneta vicino alle sue scarpette e prosegue diritto. A fine mattinata, intorno alla una, Sarah si alza con Joghi e raggiunge Marta poco più avanti: “ Brava Marta, ora alzati” dice la madre, “ Marta, ti sei addormentata”? continua, dandole un calcio leggero sulla gamba. “ Marta, Marta, Marta” urla Sarah, ma la bambina non risponde. La madre si china, tocca la fronte di Marta e si accorge che scotta. Chiede aiuto la madre, ma nessuno le da retta, la gente pensa ai soliti trucchi degli zingari.
Urla e piange Sarah, fino a che non arrivano i vigili e poi un’ambulanza.
Marta viene ricoverata per una polmonite doppia, la febbre è altissima, nei suoi deliri può finalmente dormire, riposare, fare sogni. Immagina di essere una ballerina di flamenco, vede intorno a sé i suoi compagni di scuola che applaudiscono, sogna Giorgio che le da un bacio sulla guancia e asciuga il suo sudore sulla fronte. Non vorrebbe più guarire Marta, i medici la coccolano e le infermiere le regalano la bambola che tanto aveva desiderato.