Un amico, un certo Ovidio da Casale, un giorno gli prestò un libro non proprio rigorgante di meditazioni intellettuali. Il volume descriveva minuziosamente l’ iniziazione di una prostituta austriaca nella sua più tenera età. Il barone, letto quel volume ne rimase affascinato, sconvolto. Ogni tanto, nel caffè della piazza, Giovanni Maria delle Acacie si confidava con Ovidio dei suoi turbamenti. Chissà, forse avrebbe voluto anche lui staccarsi per un attimo dalla normale passeggiata della vita, per provare o almeno calarsi con spensieratezza in un’ avventura con un frutto proibito.
Dopo qualche mese, il barone dimenticò gli sconsiderati propositi sorti da quella lettura focosa. Ritornò a pensare alle sue automobili, al caffè, ai Supermercati. Ma, a tratti, mentre camminava per la piazza con il nuovo compagno, gli piaceva sbirciare le provocanti andature di qualche fanciulla. Sembrava che la sua attenzione per le fuoriserie da strada, venissero soppiantate da un nuovo interesse. Ovidio, per un po’ di tempo lo perse di vista, essendo partito per un lungo viaggio. Ma, tornato al paese, alcuni amici gli riferirono che il barone non si faceva più vedere in giro come un tempo. Alcuni, dissero che non usciva più di casa; altri, che era impegnato ad assistere qualche malato, altri ancora l’ avevano visto con la nuova automobile mentre, nella vicina Novara, faceva salire una ragazza molto carina.
Ovidio, incuriosito dalle capricciose assenze del barone, decise di informarsi meglio. E a chi, se non a lui direttamente, poteva rivolgersi. Avendolo visto fugacemente sulla piazza del paese con dei conoscenti, si avvicinò e, dopo qualche battuta, chiese al barone se, di quelle strane storie che si raccontavano in giro, c’ era del vero. L’ amico a quella domanda si mostrò stranamente offeso. Ovidio però voleva sapere cosa c’ era di vero in quelle chiacchiere. Il barone non si scuciva e si innervosì molto. Seguì una discussione indescrivibile. Prima di allontanarsi, gridò ad Ovidio che se voleva mantenere e continuare l’ amicizia, era opportuno che ognuno continuasse a pensare ai propri affari. Ovidio si sforzò inutilmente di scoprire cosa poteva essere successo al buonuomo. Non l’ aveva mai visto né tantomeno non gli aveva mai parlato in quel modo così furibondo.
Qualcosa al barone stava capitando. Forse, ripensando al libro che aveva letto, si sentiva responsabile. Incominciò col seguirlo di nascosto, ogni volta che il barone prendeva la strada per Novara. Di certo, non voleva immischiarsi nelle sue intimità, se ne guardava bene. Una mattina, prima delle otto, Ovidio stava fermo al semaforo aspettando di avviarsi in città per lavoro e vide passare a forte velocità la spider del nobile. Cercò di seguirlo, ma appena fuori paese la macchina era già scomparsa nel nulla. Arrivato in città avvolto nei suoi pensieri, notò l’ automobile del barone posteggiata in una viuzza nei pressi di una scuola. Nella mente di Ovidio incominciò a formarsi una perplessità mai sentita prima. “ Cosa ci fa da queste parti? Cosa faccio? Vado a vedere, lascio stare e proseguo per la mia strada occupandomi degli affari miei?”
Ovidio, non sapendo come comportarsi, decise di lasciare perdere. All’ improvviso da una caffetteria vicino, vide il barone uscire in compagnia di una bellissima ragazza che, vista da quella distanza, non mostrava un terzo delle sue primavere. “ Ma allora era vero quello che mormoravano sul conto del barone. Guardalo com’è pimpante, sembra uno studente innamorato per la prima volta. E lei, che stupenda creatura. Fresca come l’ avevano descritta.” Il barone intanto prendeva la mano di quel fiore acerbo e la portava alla bocca con ardore. Ovidio, seduto sulla vettura, sembrava aver dimenticato tutto. Stava lì, concentrato e basito nell’ attenzione più completa. Gli sembrava di leggere una di quelle favole che non si possono scrivere. Forse, avrebbe voluto lui stesso essere là, stringere quella mano scintillante come la rugiada. Ridere con lei delle sciocchezze che l’ aria del mattino riesce a ritemprare e poi abbracciarla con forza guardandola negli occhi. Accompagnarla nella scuola, darle un ultimo saluto e, proprio in quel momento, chiedere al vento di scatenare tutte le sue forze maligne, da poterlo accecare, per far sì che fino al mattino dopo, non avrebbe più visto nient’ altro che l’ immagine bella di quell’ angelo sconvolgente.
Guardò ancora una volta i teneri amanti e, acceso il motore, partì con una lieve ferita al cuore. Passarono i giorni e venne domenica. Al barone delle Acacie, piaceva camminare sulla piazza del paese con alcuni amici. Ovidio si avvicinò con timore e salutò l’ amico che subito si staccò dal gruppo di pensionati sempre pronti alle ciance. I due, parlarono di cose senza importanza per alcuni minuti, poi, Ovidio gli chiese se desiderava accompagnarlo a Mortara in profumeria. Strada facendo il barone si rivolse a Ovidio: “ caro Ovidio, non ci crederai, ma tutto ad un tratto mi pare che qualcosa di nuovo mi si sia risvegliato dentro. Una cosa strana, una voglia… non trovo le parole.