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A volte accade, si, succede che improvvisamente un odore particolare, un sapore, un profumo o un’ immagine passata sale lentamente da dentro e arriva veloce nella camera mentale. La stessa poi, ci trasporta ai confini di un tempo passato attraverso uno stargate o porta magica, quando, ancora adolescenti ridevamo senza ascoltare barzellette, quando ridacchiavamo solo per il gusto di farlo, e così che, chiudendo gli occhi… Eccoci, ci siamo. Mentre passeggiavo tranquillamente per via Toledo osservando vetrine e persone, un odore particolare di pizza s’ impossessò della mia persona. Mi ritrovai improvvisamente nella pizzeria dello zio del mio amico Giovanni tra polvere di farina che inalavo starnutendo e ll’ addore speciale della pizza Margherita che calda e fumante usciva dal ventre ardente del forno. Avevo appena quattordici moti di tempo all’ epoca. Ero un ragazzino sveglio e agile, avevo gambe snelle, ero magro come uno sfilatino di pane morbido. La prima cosa che osservavo nella pizzeria era il banco di marmo dove si preparava la sacra pizza Margherita. Sul banco c’ erano varie spezie e prodotti per la riuscita della magica. C’ era una ciotola grande con tanti cubetti di mozzarella di bufala, un’ altra ciotola con pomodoro passato e basilico profumato e un recipiente per l’ olio fatto di rame lucente, era bello specchiarsi in esso mentre davanti al banco si attendeva la pizza, era splendido osservare il tutto in quelle circostanze. Gli odori penetravano nelle narici senza chiedere alcun permesso, mentre ciò avveniva, la polvere della farina esalava dal banco di marmo come una fitta nebbia avvolgendo il pizzaiolo di bianca polvere. Il proprietario si chiamava Costantino, nome a dir poco di grandi origini. Era un tipo che se stava sempre zitto e silenzioso con la testa chi sa in quale parte del mondo, indossava sempre una camicia bianca con bottoni di madreperla, al collo sempre portava un fazzoletto rosso di cotone per non far sporcare il collo inumidito della bianca immacolata camicia. Aveva sessantadue anni, era sposato con una certa Carmela,: “ Donna giovane e affascinate “ Quando capitava raramente che la matrona Carmela dava una mano nella pizzeria, aumentavano i clienti, Lei, sorrideva sempre a tutti e per ogn’ uno dei clienti aveva sempre una parola di conforto e di benvenuto. Non avevano figli, e questo, portava sì che la coppia litigasse in continuazione. Costantino era gelosissimo, soprattutto quando Lei nella pizzeria canticchiava canzoni d’ amore davanti ai clienti che sorridendo mangiavano la speciale pizza dentro un piatto di ferro. La pizzeria si trovava al centro della Pignasecca, era una bottega antica, si collocava in un budello di strada lunga, vicino all’ ospedale dei Pellegrini, da questo budello, poi, si sfociava in via Toledo tra negozi dell’ alta moda e carrozzelle che portavano a spasso i turisti per la città. Nella pizzeria c’ erano sempre clienti in un viavai frenetico in tutte le ore del giorno e della notte. Ogni pomeriggio andavo nella pizzeria verso l’ imbrunire, ci andavo con la scusa di cercare il mio amico Giovanni, compagno di scuola e di filoni. Solitamente, ne approfittavo anche per mangiarmi una pizza fritta, specialità della ditta: “ Pomodoro, cigoli e ricotta “ Mi piaceva tanto gustarla in quel luogo, tra gli odori di basilico e di farina bruciata, tra i sorrisi di donna Carmela e le smorfie di sofferenza di Costantino. Attendevo Giovanni per la solita passeggiata in via Toledo, insieme cercavamo farfalle sorridenti sulle labbra delle giovani ragazze. Bei tempi, quando arrossavamo per una non prudente mirata negli occhi lucidi e svegli delle commesse dei negozi della moda. Bei tempi passati trascorsi tra l’ innocenza dei sentimenti e i sogni di noi ragazzini. Pronti a tuffarci in ogni piccola onda di vita senza saper nuotare. Certi, consapevoli che ci attendeva cresciuti poi, un porto, un anfratto dove poter respirare il mare e il sogno ancora, per poi, tornare attraverso lo stargate o porta magica ai meravigliosi momenti della nostra adolescenza. Mi ritrovai nuovamente passeggiando nell’ attuale tempo a via Toledo. Erano trascorsi dal mio viaggio appena due secondi o tre, una voce mi chiamava; era Giovanni, si proprio lui, con la moglie a seguito e tre splenditi bambini. Ci salutammo, prendemmo un caffè insieme, gli chiesi della pizzeria e dello zio Costantino; Tristemente mi disse che la stessa era fallita e che lo zio era morto. Donna Carmela si era risposata e andata via da Napoli. Io gli dissi che appena ero stato in quel luogo, ed era intatto come nel passato, non comprese, ma sorrise. Ci salutammo con un bacio sulle guance, salutai la moglie e i bambini. Proseguii la mia passeggiata, arrivai fino a Mergellina, respirai l’ odore forte del mare mentre osservavo stormi di gabbiani che planavano a pochi metri dai miei occhi. Stanco poi, tornai a casa, varcai un’altra porta.
Stargate
Si agitano stamane le foglie dell’albero di limone, tira vento fuori e tira vento dentro.
Una folata di ricordi mi trasporta in luoghi dimenticati.
Ricordi, odori... movimenti del cuore e rumori di sentimenti, mai andranno via.
Appaiono coprendomi con un velo ricamato chi sa da quale mano. Scompare il reale, si torna indietro, indietro o forse avanti dove il ricordo di gran lunga corre avanti al tempo che scorre. Frullava allora il mio cuore ero felice, camminavo volando e l’unica cosa che mi teneva fermo era lo steccato bianco dei tuoi denti.
Buenos Aires, velieri nel porto, poco mancava che mi scoppiasse il cuore. Mano nella mano, cuore dentro al cuore. I miei occhi rubati,
non vedevo che te, obelisco alto nell’Agorà del tempo. A Rio volasti senza di me, volasti dalla montagna più alta, dal Corcovado dove Cristo domina il panorama, come un uccello predatore cercavi il tuo pasto dall’alto con un deltaplano leggera volavi ed io sulla spiaggia di Ipanema aspettavo. Il mio cuore si preparava ai tuoi denti, quanto sangue zampillava nella fontana dell’amore. Kos, Grecia... Sotto al cappello di paglia che ti riparava dal sole splendevano le stelle dei tuoi occhi ed io nel guardarti scomparivo nella luce ritrovandomi poco dopo nel paradiso dentro al tuo cuore, quanti ricordi si affollano nel treno del pensiero. Come spine di rose pungenti, come residuo di cibo per l’anima digiuna. Vestita di ricordi mi appari adesso felice e sorridente con lo steccato bianco dei tuoi denti, come velieri che solcano i mari sono i ricordi, con alberi maestri lunghi che toccano le nuvole nel cielo terso di Buenos Aires che navigano sfidando poi, le acque nell’utero della terra.
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