La sensazione di orfandad che vive il cittadino comune in Vzla. è così profonda che, anche se la si descrivesse più volte, ci saranno sempre coloro che sostengono che si esageri. Tuttavia, chi l’ ha vissuta sa che non si tratta di una percezione isolata, ma di una realtà che attraversa tutti gli aspetti della vita quotidiana.
In ambito sanitario, la vulnerabilità è estrema. Ammalarsi in Venezuela significa spesso affrontare la mancanza di forniture, specialisti o infrastrutture adeguate. Per molti, un’ emergenza medica può trasformarsi in una condanna.
L’ insicurezza, un altro elemento strutturale, si manifesta attraverso rapine violente, furti e sequestri il cui riscatto, quando è possibile negoziare, viene stabilito in valute estere. Chi non può pagare resta esposto alla sorte o al miracolo.
Il deterioramento dei servizi pubblici amplifica ulteriormente questa sensazione di abbandono. Rimanere senza gas domestico significa passare giorni in fila o dipendere dal baratto per ottenere una bombola. Cucinare con la legna, pratica che sembrava superata, è diventata una necessità per molte famiglie.
I blackout, sempre più frequenti a causa della mancanza di manutenzione del sistema elettrico, obbligano a ricorrere a candele o lampade a cherosene, quando disponibili. Nei casi di interruzioni prolungate, contattare l’ azienda statale è, per la maggior parte della popolazione, un gesto simbolico: molti tecnici ancora in servizio non hanno nemmeno i mezzi per spostarsi e intervenire. Di conseguenza, le riparazioni finiscono per essere a carico degli utenti, pur essendo responsabilità dello Stato.
Anche le comunicazioni non sfuggono a questa precarietà. Interruzioni del servizio telefonico o di internet possono durare giorni senza che esista un canale efficace per segnalarle o risolverle.
Lo stesso vale per l’ acqua. Per gran parte del Paese, aprire il rubinetto non garantisce nulla. Le cisterne sono diventate una spesa ricorrente e l’ assenza di un ente statale che risponda rafforza la percezione di abbandono.
Viaggiare all’ interno del territorio nazionale è diventato un’ attività rischiosa. Circolare di notte è sconsigliato dalla popolazione. Chi decide di spostarsi deve prepararsi quasi come per una missione di sopravvivenza: pezzi di ricambio, carburante extra, attrezzi, cibo e massima attenzione. La presenza di posti di blocco -legali o meno- aggiunge incertezza e timore.
Nonostante questa realtà, alcuni settori negano o minimizzano la gravità della situazione. Per chi vive di apparenze, per chi beneficia del sistema o si aggrappa al discorso ufficiale, qualsiasi denuncia sembra esagerata. Tuttavia, i fatti sono inconfutabili: la condizione di orfandad del cittadino venezuelano non è una metafora; è uno stato permanente.
Si tratta di una cittadinanza priva di istituzioni, di uno Stato indebolito dalla corruzione, dalla disinvestimento e dalla decomposizione strutturale. Tra la figura di una leadership ormai scomparsa e un’ altra che respira ancora, il Paese avanza tra le ombre, senza una bussola chiara.
Di fronte a questo scenario, molti venezuelani si affidano allo stoicismo quotidiano: continuano, sorridono, improvvisano, resistono. Altri pregano per chi soffre, per bambini e anziani che non hanno il minimo indispensabile, per malati senza accesso ai farmaci, per chi ancora spera in soluzioni da un potere che non ha dimostrato capacità di offrire risposte.
Eppure persiste una convinzione: il Venezuela può risvegliarsi. Il Paese ha risorse, storia e persone per ricostruirsi. Ma questo percorso richiede due condizioni fondamentali: unità e rispetto. Senza questi pilastri, la possibilità di un futuro diverso resterà una promessa lontana.