Mentre osservava la corrente del fiume, i ricordi della sua infanzia cominciarono a fluire nella memoria, quasi volessero balzarne fuori e reclamare il tempo a cui appartenevano. Le parve di sentire di nuovo il dolce aroma dei chicchi di caffè con panela che la zia Amelia tostava sul focolare a legna, odori che si intensificavano quando li passava sulla pietra da macina.
Allo stesso modo, le sembrò di udire la voce della zia Omayra mentre, con la sua cesta colma di panni, si dirigeva al fiume per lavarli. Le voci dei suoi fratelli e cugini che giocavano nel cortile della casa dei nonni. Il pigolio delle ghiandaie e il chiasso dei pappagalli quando giungeva il tramonto e reclamavano un posto tra le cime degli alberi.
Nella sua mente vedeva chiaramente i nonni nelle loro faccende quotidiane...
Il nonno!
Ricordava come fosse ieri il soprannome con cui la chiamava, facendola irritare perché non sapeva cosa significasse quel nome e pensava che si prendesse gioco di lei. Finché un giorno, ormai adulta, gli chiese perché la chiamasse "Poliflor", e il nonno le rispose che era un fiore bianco come lei, con pistilli gialli come i suoi capelli, il quale cresceva sulle rive del fiume.
Ricordò il sorriso sulle sue labbra e la felicità la pervase al sapere che il suo caro nonnino la paragonava a un fiore, un bel fiore; perché lei supponeva che quel fiore dovesse essere bello, anche se non l’ aveva mai visto. Ora, ogni volta che osservava quel fiume con le sue acque cristalline, i suoi occhi si illuminavano mentre cercava tra la vegetazione quell’ ignoto fiore.
Vita e alito
fecondano la memoria:
i sentimenti.