"Ecco, mia cara Marietta, siamo all'ultimo piatto. E' da giorni che penso cosa servire alla fine della mia festa e, dopo qualche titubanza, ho deciso per il dolce di ciliegie. Il piatto che chiude la cena deve essere una prelibatezza, altrimenti si rischia di affievolire i bei ricordi delle portate precedenti. E' un dolce che induce a pensieri affettuosi e la festa di stasera è dedicata a tutti i miei amici, compreso te, e al sostegno che non mi avete mai lesinato. Voi, come me, amate il bello e il buono. Mangiare bene è un'arte che va coltivata e sostenuta. La consapevolezza è una necessità".
"La ringrazio Maestro Pellegrino, ma lei non ha mai avuto bisogno del nostro aiuto. In cuor suo sapeva già cosa scrivere nei suoi libri. Noi siamo stati degli assistenti muti, estasiati dalle sue ricette e dal suo modo di cucinare".
"Sei gentile mia cara Marietta, ma sai perfettamente che ciò che dici non corrisponde a verità. Tu non hai idea di quanto amore abbia raccolto da voi e grazie al vostro affetto io ho creato. Ma torniamo alla cena; quello che ora andrò a fare ha una sua storia. Era il preferito di mia sorella Gertrude. Tutte le volte che leggo la ricetta o che preparo questo dolce penso a lei e a quella terribile notte che ha segnato profondamente il mio cuore e la storia della mia famiglia. Ho maledetto quel brigante di Pelloni, spero che la sua anima vada nelle viscere più cupe dell'inferno".
"La prego Maestro, so che certe ferite non si possono curare, ma la cara Gertrude sarà sempre vicino a lei e, insieme a noi, gusterà l'amore in ogni suo piatto".
"Hai ragione Marietta. Perdonami".
Mentre il Maestro preparava gli ingredienti necessari, Marietta notò una piccola e silenziosa lacrima che lentamente gli rigava il viso. Lei sapeva che le sue ricette erano dedicate a Gertrude e tutte le volte che assaggiava il risultato del suo accurato lavoro, il Maestro pronunciava le parole "A te, mia dolce sorella". Il suo dolore era come una fiamma accesa e mai si sarebbe spenta.
"Allora, ecco qua gli ingredienti:
Ciliegie more, crude, intere e senza gambo, grammi 200
Zucchero a velo, grammi 100
Pangrattato di segala, grammi 50
Mandorle dolci, grammi 40
Uova, N. 4
Rosolio, cucchiaiate N. 2
Odore di vaniglia o scorza di limone. *
Le mandorle vanno sbucciate, asciugate e tritate minutamente al fine di ridurle a metà circa di un chicco di riso*. A questo pensava sempre Gertrude e, mentre lo faceva, mi recitava una poesia forlivese che io ho sempre amato e che iniziava così:
Nella cucina
son tanti gli aromi,
lievita il pane
cresce la vita.
Siamo io e te,
davanti al camino
che accende la pelle
riscaldando la gioia.
A lei piaceva il fuoco e stare lì, davanti a quel bel calore, le arrossava le guance facendole diventare color ciliegia".
"Che bella immagine Maestro, mi sembra di vedere lei e Gertrude mentre preparavate una tal delizia" e questa volta fu Marietta a far scendere una lacrima ribelle al suo volere.
"E' vero. Poi mentre io lavoravo i rossi d'uovo con lo zucchero, aggiungendo pangrattato, rosolio e l'odore della vaniglia, Gertrude continuava con la poesia:
Danza la fiamma
inseguita dal vento,
lo sguardo si ferma
e balla con lei.
E mentre io mangio
e guardo i tuoi occhi
ringrazio l'amore
che è nel mio piatto.
Lei s'incantava sempre davanti alla fiamma del fuoco, la seguiva con gli occhi come se volesse giocarci".
Marietta amava guardare il Maestro intento alla preparazione dei suoi piatti. Era un artista, animato da una passione che aveva la stessa forza di un mare in tempesta. La ricerca dei sapori era stata il solo scopo della sua vita, così piena di soddisfazioni, ma anche di tristezza.
Il suo motto era: "Amo il bello e il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio. Amen". *
"Che buon profumo Maestro. Sta modellando l'impasto come se dovesse farne una statua".
"Proprio così. Ricordati sempre che mangiare bene è rispettare il proprio corpo. Se il fisico è in salute, anche l'anima è più leggera. Ora mettiamo le chiare ben montate e depositiamo l'impasto nello stampo dopo aver unto il fondo con burro freddo unito alle mandorle. Poi buttiamo le ciliegie, ma per evitare che queste vadano a fondo, le adagiamo sopra piccole isole di mandorle. Gertrude era sempre vicino a me quando cucinavo. In quei momenti lei immaginava un mondo fantastico, fatto di amore per i sapori. Aveva una fantasia coinvolgente. Insieme a Gertrude sognavo e da questi sogni sono nate le mie ricette".
Marietta era troppo commossa. Il pensiero della sventurata sorella così bella e dolce la stava sconvolgendo più del dovuto. Allora il Maestro, accorgendosi della commozione della fidata domestica e amica, cercò di distrarla.
"Sarà una bella festa. Questa sera voglio dimenticare Firenze e a tutti voi parlerò della mia Romagna, di Forlimpopoli e dei luoghi dove ho lasciato un pezzettino del mio cuore".
"Maestro prima che il dolce sia cotto, risponda a un mio pensiero curioso. Perché non ha dato a questa delizia il nome della sua amata sorella?"
"Ho pensato tanto a questo, cara amica, ma ho deciso che -Dolce di ciliegie- fosse meglio, perché i fiori degli alberi sono bianchi e puri come lei e ogni primavera si vedranno i rami riempirsi di questo candore... per l'eternità".
Marietta si commosse e non riuscì più a trattenere le lacrime che sgorgavano con una forza fuori controllo. Allora il Maestro Artusi prese le rosse ciliegie rimaste, le divise in due piatti e, davanti al fuoco in quella cucina dominata dal buon profumo del dolce in cottura, si misero ad assaporare quel gusto pieno e rotondo che la natura regalava all'uomo ogni singolo anno.
"Il tempo passerà, ma l'amore e i sapori resteranno sempre nel cuore degli uomini" disse il Maestro prima di finire l'ultima e solitaria ciliegia rimasta nel piatto.
* Da "La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene" di Pellegrino Artusi.