Silvester, Licia e Darius avevano passato l’ intero pomeriggio a trasportare otri ricolmi di acqua, prelevata dalle numerose fontane situate in tutte le strade romane e a inondare le balle posizionate dagli schiavi in case e fabbricati disabitati.
« L’ intento ormai è lampante! Qualcuno aveva intenzione di mandare a fuoco la città. Ma per quale motivo, per gli dei?» Il nubiano scaricò un pugno di potenza micidiale sulla parete di un fondo ormai deserto.
Darius cercò di calmarlo: « Così ti farai solo del male!» disse, adocchiando un gruppo di gladiatori alla loro ricerca.
« Dobbiamo tornare all’ anfiteatro. Può darsi che gli altri abbiano scoperto qualcosa di più riguardo i cospiratori.»
« Non sarò soddisfatto finché non avrò trovato l’ artefice di tutto questo!» rincarò il nubiano digrignando i denti.
Licia e Darius lo seguirono in silenzio e il ragazzo non mancò di rivolgere uno sguardo al cielo.
« Lo hai più visto?» gli domandò Licia che intercettò lo sguardo.
« No! Sembra sparito e non capisco il perché» sussurrò lui in risposta.
« Che state confabulando voi due?»
Il tono era stato duro e Licia sobbalzò, ma ebbe la prontezza di spirito di inventare: « Stavamo ipotizzando sull’ identità del misterioso piromane.»
« Potrebbero essere più di uno. E dalla quantità di fieno acquistata è palese che debba trattarsi di gente facoltosa e senza problemi di sesterzi.»
« A questo avevo pensato anche io.» disse Darius « E se devo dire la verità, Silver, ho anche ipotizzato che fosse il nostro padrone l’ acquirente.»
« Il nobile Marcus? È davvero difficile da credere. Per quanto sembri una persona decisa e inflessile, non credo possa arrivare ad architettare una simile congiura contro Roma. Si tratta della sua città, che lui ha sempre dimostrato di amare e rispettare. No!» concluse « Non voglio nemmeno concretizzare il tuo pensiero.»
« E se invece fosse l’ ennesima macchinazione del Senato per gettare discredito sull’ imperatore?» ipotizzò Licia.
« Cesare non ha bisogno dell’ aiuto dei senatori per essere screditato. Credimi, con i suoi bizzarri comportamenti, ci pensa da sé. E comunque, se anche fosse una cospirazione per il potere da parte dei senatori, che senso avrebbe distruggere la città? Cosa rimarrebbe loro da governare se non un cumulo annerito di macerie?»
« Allora, se escludiamo tutto, si potrebbe pensare a una rivolta degli schiavi!» aggiunse Darius.
Silvester lo guardò in cagnesco: « Dimentichi che anche io sono uno schiavo e ne sarei informato. No! Sono convinto che questa malaugurata e malsana idea giunga dall’ alto.»
« Forse» concluse l’ allievo scuotendo la testa in modo sconsolato « ma quel che è certo è che si tratta soltanto di pura follia!»
Quando arrivarono all’ anfiteatro trovarono il centurione e il liberto ad aspettarli.
I due discutevano tra loro ma si fermarono appena si accorsero del loro arrivo.
« La situazione è più grave di quel che credevamo. I carri carichi di fieno sono arrivati fin qui» esordì il militare.
« Vogliono incendiare anche lo stadio? Ma chi può desiderare una simile nefandezza?» domandò Darius guardando gli spalti e le pareti circolari della grandiosa opera ingegneristica.
« Non si sa ancora, ma lo scopriremo. Stanne certo! Finora sappiamo solo che l’ ordine d’ acquisto del fieno proviene da corte, ma non si sa con precisione chi l’ abbia impartito.»
« Il nobile Marcus è stato informato?» domandò Aurelius.
« Con lui ho parlato oggi. Mi ha lasciato ordini per questa notte mentre lui andava a sentire il parere autorevole di qualche fidato senatore. Voi, invece, avete fatto quello che vi è stato chiesto?»
« Sì, certo. Così come i miei compagni e tutti i centurioni» rispose Silvester.
« Bene! Allora non ci resta che attendere l’ oscurità per agire. Ora andate a riposarvi. Vi manderò un messaggero nel cuore della notte.»
I cinque si salutarono e ognuno si ritirò nel proprio alloggio.
Quando molto più tardi i sotterranei dell’ anfiteatro erano immersi nel silenzio notturno, Darius sentì raspare alla massiccia porta di quercia e pensando fosse uno schiavo venuto a svegliarlo si affrettò ad aprire.
Il viso grifagno del Muta- Forma, sotto sembianze umane, lo lasciò allibito.
« Elia! Finalmente! Credevo che non ti avrei più rivisto!»
« Non ti lascerò fintanto riterrò opportuna la mia presenza. Sono qui per sollecitarti all’ azione. Ombre oscure si muovono nella notte operando per la Signora con la falce che porta morte e distruzione. Occorre agire per mettere fine al piano criminoso.»
« Dimmi cosa devo fare e lo farò!»
« Questo spetta a te deciderlo. Io non posso interferire nella vita di voi umani se non per quello che è già scritto nelle stelle. Posso solo suggerirti di ricordarti che sei un gladiatore e come tale dovrai comportarti. Nei gravi momenti che dovrai affrontare ti verrà richiesto coraggio e forza di volontà. Dimostra che sei all’ altezza e vai incontro al pericolo a testa alta, ma ricorda, senza mai sottovalutare l’ avversario.»
Il mutante si volse per andarsene ma Darius lo fermò, aggrappandosi al suo avambraccio.
« Ti prego, Elia, tu che sai leggere nelle stelle, dimmi soltanto se riusciremo a evitare che si compia questa immane tragedia.»
La creatura guardò la mano che lo teneva fermo: « La forza è latente in te, giovane amico. Il tuo cuore e la tua mente sono puri e tu riuscirai dove nessun altro al mondo potrà.»
Elia si portò la mano alla fronte e, con un lieve sorriso, si congedò.
« Ave, nobilis Elia!» sussurrò il ragazzo.
Poco dopo, il sonno di Aurelius venne interrotto da un imperioso tocco sulla sua porta.
Il gladiatore seminudo e anche un po’ assonnato si affrettò ad aprire e si trovò davanti i suoi allievi e il colosso nubiano.
« Perdona, Aurelius» esordì Darius « Sono stato svegliato da rumori sospetti provenienti dagli spalti.»
« Avete avvertito il centurione e gli altri?» domandò il liberto mentre indossava una tunica.
« Ci raggiungeranno nell’ arena.»
« Bene! Allora andiamo.»
La luce emanata dalla luna piena riusciva a diffondere abbastanza chiarore rendendo inutile l’ accensione delle torce.
La pista appariva deserta e immersa nel silenzio, tanto da fare dubitare sulla presenza di qualcuno. Non si udiva un fruscio se non quello della leggera brezza che alitava all’ interno dello stadio e che smuoveva con eleganza i tendoni di copertura.
Furono soltanto i movimenti furtivi di alcune ombre a denunciare la presenza di Quintus e Silvester.
Per prudenza e senza proferire parola il centurione fece capire a cenni le sue intenzioni indicando i vari settori e assegnandone uno a ciascuno di loro e a tutti raccomandò la massima cautela.
A Darius e Licia e al nubiano venne affidato la parte orientale del primo cerchio di sedute. I tre amici avrebbero dovuto ispezionare le prime tre fila dividendosi il compito.
Sembra non ci sia nessuno. Eppure, Elia ha detto che i cospiratori erano all’ opera! Chissà dove saranno? si domandò Darius, mentre scrutava tra i gradoni e le sedute di legno, alcune delle quali ricoperte da soffici imbottiture.
Materiale altamente infiammabile realizzò Come del resto i teloni che riparano dal sole e dalla pioggia gli spettatori. Se le fiamme arrivassero fin lassù sarebbe un autentico disastro! concluse, poi si corresse No! Sarebbe la rovina di Roma!
I tre avanzarono tra le fila bagnando il fieno che, immancabilmente, trovavano e poi proseguivano.
Si trattava di un’ operazione lunga e faticosa, considerata la minima capienza degli otri che ognuno portava a tracolla. Una volta svuotati i contenitori occorreva tornare alle fontane, per fortuna numerose, presenti nello stadio.
E fu durante uno di questi rifornimenti che Darius venne aggredito alle spalle e si sentì afferrare per il collo.
Il ragazzo non ebbe nemmeno il modo di emettere un grido: due mani dalla stretta poderosa gli si strinsero attorno alla trachea impedendogli di respirare.
Lui tentò inutilmente di liberarsi, scalciando e mulinando le braccia all’ indietro, ma la stretta divenne implacabile e i suoi calzari colpirono a vuoto.
« Sta fermo, inutile insetto!» gli sibilò all’ orecchio una voce tenebrosa e soffocata.
I secondi si prolungarono inesorabili e, ormai in mancanza di ossigeno, il viso del ragazzo s’ imporporò e gli occhi gli si velarono. La visuale iniziò ad annebbiarsi e Darius avvertì il gelo della morte risalire dalle gambe al cervello.
Sul punto di perdere coscienza ebbe appena modo di percepire tante urla, che esplosero nella sua mente come deflagrazioni, poi la sua trachea fu di nuovo libera da ogni costrizione e finalmente poté aspirare in modo avido l’ aria.
Ormai privo di sensi non si rese conto che l’ aggressore veniva a sua volta aggredito dal centurione, che per fortuna, si era accorto dell’ uomo in agguato.
Quintus ingaggiò una feroce lotta corpo a corpo con il misterioso aggressore, che era alto e corpulento e mostrava possedere una forza sovrannaturale.
L’ agguato era avvenuto in un punto immerso nell’ oscurità e il viso dell’ uomo rimaneva del tutto invisibile.
« Chi sei, maledetto?» domandò il soldato, frustrato dalle tante fatiche e dalla collera repressa sin dal momento della scoperta di quell’ atroce attentato.
In risposta gli giunse soltanto un grugnito e un respiro affannoso, quasi graffiante.
Quintus, che martellava il tronco dell’ uomo di colpi tirati a caso alzò la mira, ma i suoi pugni sbatterono contro qualcosa di solido.
« Porti una maschera, lurido maiale! Non hai nemmeno il coraggio di mostrare il tuo volto!» gli urlò, tentando di strappargliela con una mano.
L’ aggressore gli afferrò il polso e glielo torse in modo da strappargli un grido di dolore. Quintus si sentì attrarre in una stretta micidiale e si trovò a scrutare nelle due cavità oscure della maschera dorata.
Un paio di occhi brucianti di odio e malvagità gli perforarono l’ animo.
In quel momento, altre urla si unirono a quelle del centurione e l’ uomo misterioso fu costretto a mollare la presa.
« Me la pagherete tutti! Loro per primi!» minacciò, indicando con un cenno il corpo esanime del ragazzo e quello di Licia accorsa in aiuto dell’ amico. « Avevo programmato un grande falò per Roma. Uno spettacolo indimenticabile per secoli interi e voi me lo avete impedito. Ma la pagherete cara! Oh, se la pagherete!» terminò e allo stesso tempo una lama appuntita balenò sinistramente nel buio.
In quel momento altre voci allarmate aggiunsero strepito al rumore provocato dalla lotta furibonda e l’ aggressore si liberò del militare spintonandolo brutalmente e si volatilizzò nel buio.
L’ inseguimento organizzato dai centurioni accorsi in aiuto del loro comandante fu del tutto inutile.
14
Nel riprendere i sensi, Darius strabuzzò gli occhi e chino su di lui riconobbe il volto delicato dell’ amica del cuore. Numerose torce erano state accese e il bagliore delle fiamme riverberò nello sguardo limpido e turchese della ragazza accarezzandogli i sensi.
« Per tutti gli dei dell’ Olimpo! Non ho mai provato tanta paura in vita mia! Credevo di averti perso!»
L’ esclamazione impetuosa di Licia lo fece sorridere: « Non perdi l’ occasione di imprecare!» la rimproverò, con voce incerta e graffiante e accarezzandosi il collo illividito. Lo sforzo gli provocò un eccesso di tosse.
Lei gli sostenne la testa con premura: « Devi stare tranquillo! Ora ti portiamo in infermeria.»
« Non c’è bisogno!» protestò lui.
« Come ti senti, campione?»
Il nubiano, il liberto e il centurione lo stavano guardando con aria preoccupata.
« Ancora un po’ scombussolato ma mi riprenderò presto» li rassicurò.
« C’è mancato un pelo! Possibile che non posso lasciarti un attimo da solo?» scherzò Licia.
Darius sospirò, sottomettendosi con pazienza alle prese in giro dell’ amica.
« Devi ringraziare il comandante Quintus. Se non fosse stato per il suo tempestivo intervento a quest’ ora saremmo tutti qui a piangere la tua tragica, quanto prematura dipartita.»
« Grazie!» disse semplicemente il ragazzo rivolgendosi al centurione e sforzandosi di sorridere.
« Avrei voluto fare di più, ma quel maledetto ha sorpreso anche me e per poco non mi ammazzava. La mia squadra è arrivata appena in tempo per salvarci entrambi.»
« Qualche sospetto sull’ identità dell’ aggressore?» domandò il mercante sopraggiunto in quel momento e sorprendendo i presenti per quella comparsa improvvisa.
Nessuno rispose alla domanda e cinque paia di occhi si fissarono in strano modo sul nuovo arrivato.
« Vi siete ammutoliti? Che avete da guardarmi così?»
Fu il liberto il primo a riprendersi: « Nobile Marcus, noi tutti ti credevamo a riposare tranquillo nella tua Domus e nessuno si aspettava di vederti qui a quest’ ora.»
« Sorpresi? E perché mai? Non siete stati voi a mandarmi il messaggero?»
« Assolutamente no!» rispose il centurione.
« Eppure uno schiavo ha bussato alla mia porta nel cuore della notte sollecitandomi a venire qui e qualcuno deve pur averlo mandato!»
I tre uomini scrollarono le spalle negando e i ragazzi fecero altrettanto.
« Sarà stato uno dei vostri, ma questo lo verificheremo dopo. Ora ditemi cosa avete scoperto.»
Fu di nuovo Aurelius a rispondere: « Il ragazzo è stato aggredito da un uomo mascherato e il comandante è arrivato appena in tempo per salvarlo.»
« Come ti senti Darius?» domandò il mercante notando il cerchio di lividi che si stava evidenziando sul collo del giovane schiavo.
« Ora sto bene, mio signore.»
« Ne sono felice. Ma dimmi, sei riuscito a notare qualche particolare del tuo aggressore, oltre al fatto che fosse mascherato?»
« No, signore. Mi ha sorpreso alle spalle e non ho avuto modo di girarmi.»
Quintus si fece avanti scrutando negli occhi il mercante e rilevando la tinta verde delle sue iridi, mentre quelle del delinquente erano scure e fosche come degli abissi insondabili.
« Io ho avuto modo di fissarlo da molto vicino. Indossava la maschera dorata dei cantori dell’ anfiteatro e, nonostante il buio, ne ho potuto distinguere gli occhi, nobile Marcus.»
« Abbastanza vicino da poterli riconoscere?»
« Certamente sì, signore. Erano inequivocabilmente gli occhi di un folle.»
L’ immagine dell’ imperatore balzò nella mente del mercante.
Il silenzio si prolungò all’ infinito diventando greve. Ognuno dei presenti ponderò su quelle ultime parole.
« Ho passato tutto il pomeriggio e la maggior parte della sera a parlare con i senatori che ritengo più fidati. Il nome di Cesare viene solo sussurrato. Nessuno di loro ha il coraggio di indicarlo con decisione come l’ ideatore e il mandante di questo attentato contro Roma e i suoi abitanti e questo limita le mie possibilità di formulare un’ accusa precisa. Senza il loro appoggio non posso fare nulla.»
« Se vedessero con i loro occhi il tentativo di mandare a fuoco un dei monumenti più importanti della città, forse questo li convincerebbe ad agire» disse Quintus.
« Non credo e d’ altronde la maggior parte del Senato appoggia l’ imperatore. Negherebbero l’ evidenza dei fatti pur di blandirlo e assecondarlo.»
« E la corte? Ci sono dei consiglieri che si possono schierare dalla parte della verità e della giustizia.»
Marcus fece una smorfia amara: « Il seguito dell’ Augusto è formato da una manica di parassiti depravati e senza onore. Tutti sanno della follia che ottenebra la mente dell’ imperatore ma nessuno osa dichiararlo pubblicamente.»
Il comandante romano intervenne ancora una volta: « Ho molti amici tra i pretoriani. E se provassi a parlare con loro?»
Il mercante lo fissò con gelo: « Per detronizzare Cesare? La sua guardia personale non tradirebbe mai la corona. No! Accontentiamoci di avere sventato l’ attentato e rimaniamo in attesa di ulteriori sviluppi. Sono convinto che ce ne saranno.»
« L’ aggressore ha giurato vendetta prima di fuggire» intervenne Aurelius.
« Noi staremo vigili e attenti. E nel caso saremo pronti a reagire. Ora finiamo il lavoro iniziato e rimaniamo in allerta, anche se dubito che questa notte ci riservi ulteriori sorprese.»
Darius, sostenuto da Licia, tentò di alzarsi ma, appena in piedi barcollò visibilmente e l’ amica fece appena in tempo a stringerlo al suo fianco.
Il mercante fece un cenno al gigante nero e questi, senza alcun sforzo, prese il ragazzo tra le braccia ignorandone le vibranti proteste.
« Questa è stata una brutta esperienza per te e per ora sei esonerato da ogni altra fatica. Lascia che il nubiano ti conduca nel tuo alloggio e cerca di riposare. Domani, se ti sentirai meglio, tornerai ad allenarti.»
« Si, signore!» rispose Darius a cui non rimase che rassegnarsi mentre gli altri tornavano tra gli spalti.
Nessuno si accorse che, a molti metri di altezza e nell’ oscurità della notte, tra le poche e rarefatte nuvole, un paio di ali grandiose veleggiavano scrupolosamente sullo stadio.
Elia, dopo aver avvertito Darius, aveva sorvolato la zona non perdendo mai di vista la misteriosa figura mascherata che si aggirava tra gli spalti dello stadio, fino a quel momento deserti. Con l’ arrivo poi dei ragazzi, era rimasto ancor più vigile e quando si era reso conto dell’ aggressione era stato sul punto di scendere in picchiata in difesa del suo pupillo. L’ intervento provvidenziale del centurione gli aveva impedito di farlo.
Ora che la situazione era tornata tranquilla, il Muta- Forma poteva virare e lasciare gli uomini a terra intenti a terminare il loro lavoro.
Nell’ appartamento reale un uomo camminava nervosamente avanti e indietro, senza trovare pace. I suoi passi erano talmente bruschi che, la corona di lauro dorata che gli cingeva la fronte, gli si mise di traverso.
Lui non ci badò o, forse, era talmente infuriato che non se ne accorse.
« Maledetti! Mille volte maledetti! Ma saprò come farvi rimpiangere di essere nati! In special modo tu, piccolo bastardo. Tu e la tua amichetta!»
L’ uomo afferrò con malagrazia una lira e prese a pizzicarne le corde accompagnando il suono con delle frasi in rima.
Alla luce delle lampade, la maschera teatrale appoggiata su un tavolino, emise un luccichio sinistro.
La mattina dopo erano visibili parecchie colonne di fumo nero, che si sollevavano da vari punti della città e, il mercante accompagnato dal centurione, fissava con fare pensieroso le volute che s’ innalzavano oscurando il cielo. I due si stavano recando nella domus imperiale per fare rapporto sui fatti accaduti.
« I sabotatori hanno cercato di dare fuoco alle balle di fieno stanotte ma, grazie al vostro intervento, le fiamme non hanno potuto avvampare. Per questo debbo congratularmi soprattutto con te comandante. Tu e i tuoi uomini avete fatto un ottimo lavoro e reso un grande servizio ai cittadini romani!»
« Non è tutto merito nostro. I gladiatori hanno fatto la loro parte e, comunque, questo è un giorno lieto per tutti! Roma è salva e l’ unico fastidio per la gente è questo odore acre di bruciato che si è espanso per le strade. Ma il vento dissolverà molto presto anche questo inconveniente.»
« I tuoi soldati sono riusciti ad arrestare qualche delinquente?»
« Ne abbiamo catturato e interrogato qualcuno senza ricavarne nulla, purtroppo. Non si tratta di delinquenti incalliti bensì di poveri disgraziati, derelitti presi dalla strada e pagati con una manciata di sesterzi. Nonostante le maniere usate, nessuno ha saputo darci indicazioni sul mandante. Colui che ha organizzato tutto questo è stato molto abile a non lasciare tracce del suo operato.»
Marcus annuì: « Oltre che folle anche astuto. Sarà molto difficile che la verità su questa notte venga mai a galla.»
« Cosa hai intenzione di dire all’ imperatore?»
« Esporrò i fatti così come sono andati, tralasciando di approfondire la questione. Come già ti dissi, l’ Augusto è troppo potente ed ha ancora troppi appoggi alla corte e in Senato per poterlo accusare apertamente.»
« Mi sembra una saggia decisione, Marcus!»
Arrivati alla domus si presentarono al posto di guardia mostrando il loro lasciapassare ma le guardie pretoriane ignorarono il documento e incrociarono le lance per impedire il loro passaggio.
« L’ imperatore ci sta aspettando!» esordì il centurione con cipiglio autoritario.
« Abbiamo ricevuto l’ ordine di non fare passare nessuno!» rispose una sentinella con un’ occhiata furtiva sui gradi del militare.
A Quintus non sfuggì il particolare e approfittò di quell’ attimo d’ incertezza: « Ti ordino di non fare storie e di lasciarci passare!»
Il pretoriano sembrò accusare il tono perentorio ma fu l’ altra guardia a intervenire: « Centurione, non hai nessuna autorità su di noi!»
Quintus fu costretto ad ammettere che la sentinella aveva ragione e a desistere dalle maniere forti.
«È vero!» intervenne Marcus « Non abbiamo nessuna autorità in questo luogo, ma se uno di voi non corre a fare un’ opportuna verifica sul nostro lasciapassare allora, troverete che siamo abbastanza autorevoli da farvi passare un mare di guai.»
Il tono era rimasto pacato ma lo sguardo del mercante risultò implacabile.
Le due guardie si consultarono con un’ occhiata veloce, poi il più anziano fece un cenno d’ assenso e l’ altro si affrettò verso il portale d’ ingresso.
Solo dopo un’ attesa interminabile i due visitatori furono ammessi a corte.
« Sono quasi certo che Cesare lo abbia fatto apposta!» sibilò contrariato il centurione.
« Già! Probabilmente una mossa per innervosirci e per punirci per il nostro intervento» concluse Marcus.
L’ intenzione di esasperare i visitatori divenne lampante durante un’ altra ora di attesa poi, finalmente, uno schiavo fece loro da guida attraverso i numerosi saloni della domus imperiale, fino ad arrivare nei vasti locali adibiti a terme personali, bagno turco e sauna.
La piscina era piena di ospiti che languivano nudi e placidamente sdraiati o immersi nelle calde acque termali dell’ enorme vasca. Per i due uomini coperti, uno con l’ armatura e l’ altro con l’ elegante tunica da passeggio, l’ aria densa di vapori e umidità divenne ben presto irrespirabile.
Stretto nella tipica corazza di cuoio Quintus iniziò a sudare e s’ innervosì talmente che ebbe uno scatto verso i servitori che si affannavano, aggirandosi con vassoi ricolmi di leccornie e di bibite rinfrescanti per ristorare gli ospiti.
Marcus lo trattenne a stento per un braccio e con un cenno contrariato per suggerirgli la calma.
L’ imperatore non si vedeva da nessuna parte e di certo rimaneva nascosto dietro i numerosi paraventi e paratie a studiare le reazioni dei due.
Dopo l’ ennesima, estenuante attesa, un uomo dalla massiccia corporatura, i capelli acconciati in morbidi riccioli dorati e gli occhi impenetrabili avanzò verso di loro.
« Salve, miei cari ospiti!» Sfoggiando un tono accattivante e un largo sorriso il sovrano si strofinò con delicatezza il torace villoso. Poi, fingendo sorpresa per il loro disagio il suo viso rubicondo s’ incupì: « Cosa fate ancora vestiti? Quegli stupidi schiavi non vi hanno messo a vostro agio e offerto ristoro? Verranno puniti severamente!»
Marcus non diede peso al tono frivolo e non abboccò: « Non prendertela con loro, Cesare! Io e il comandante Quintus non abbiamo tempo di usufruire della tua rinomata ospitalità. Siamo qui soltanto per farti un resoconto dettagliato di quanto è avvenuto stanotte.»
Il volto rubicondo e pacioso del sovrano si aprì con un sorriso mellifluo:
« Sì, sì! Ho sentito parlare di una sorta di attentato. Uomini che si aggiravano per la città intenzionati a darle fuoco. Giusto, comandante?» domandò mentre si sdraiava su un lettino e facendo un cenno a uno schiavo, che si affrettò a raggiungerlo con ampolle, unguenti ed essenze profumate.
« Vero, Cesare. Inoltre, stanotte abbiamo scoperto che anche l’ anfiteatro era nelle mire dei sabotatori.»
« Davvero?» domandò l’ imperatore strabuzzando gli occhi e fingendo una incredulità esagerata. « Si narra anche di uomini mascherati. Cos’è questa storia?»
« Sappiamo soltanto che un uomo con indosso una maschera dorata si aggirava per lo stadio con fare sospetto e ha aggredito uno dei miei giovani schiavi. Un ragazzo che ho allevato come un figlio e che ho avviato alla carriera da gladiatore. È stato solo grazie al suo intuito che siamo riusciti a evitare una tragedia.»
« Interessante!» affermò in modo svogliato e spiluccando alcuni grossi acini di uva da un grappolo posato su un vassoio di bronzo. « Una giovane promessa dunque! Non me ne avevi mai parlato. Come mai?»
« Si trattava di una sorpresa. L’ avresti scoperto il giorno dell’ inaugurazione dei giochi.»
« Bene! Tu sai quanto mi piacciono le sorprese! Ti ritengo un maestro ed è per questo motivo che ti ho scelto come organizzatore. Riesci sempre a stupire le folle, ma soprattutto il tuo sovrano! Ma dimmi», l’ imperatore scansò con sgarbo le mani che lo stavano massaggiando, ergendosi con il busto verso il mercante: « perché parli al passato? È forse accaduto qualcosa di grave al nostro giovane campione? Qualcosa che manda a monte la mia sorpresa?»
« Assolutamente no, Cesare! Anzi, ho in mente di aggiungere qualche altro effetto spettacolare ma, naturalmente, non voglio anticiparti nulla. Per quanto riguarda lo schiavo è rimasto contuso ma per il giorno del suo debutto tornerà in ottima forma.»
« Bene! Bene! Bene!» sussurrò l’ imperatore con aria sorniona e tornando a sdraiarsi « Sono sicuro che quello sarà un giorno speciale per tutti!»
Il mercante e Quintus trasecolarono. Il tono e il sorriso sghembo di Cesare potevano sottintendere intenti oscuri.
« Centurione, tu hai altro da aggiungere a quello che è già stato detto?»
« No, Cesare. Null’ altro.»
« Io invece sì, comandante!» esclamò con tono stridulo a un po’ più alto « Ritengo la tua Centuria del tutto inefficiente poiché nessuno dei piromani è stato catturato e non si è scoperto niente riguardo i mandatari.»
Quintus, anche se si sentì ribollire dentro, rispose cercando di mantenere un atteggiamento neutro e la voce pacata: « Mi dispiace doverti contraddire, Cesare. I miei centurioni si sono prodigati al massimo per salvare Roma e i suoi monumenti dalle fiamme. Inoltre, hanno anche inseguito e catturato alcuni colpevoli, purtroppo, quelli rimasti nella rete erano pesci troppo piccoli e insignificanti e non è rimasto altro da fare che rilasciarli.»
« Li avete lasciati andare?» domandò l’ imperatore mostrandosi genuinamente colpito.
« Sì, mio signore. Abbiamo ritenuto inutile trattenerli.»
« Male, comandante. Molto male! Ricorda che se dovesse accadere qualcos’ altro contro Roma, ti riterrò personalmente responsabile. Ora lasciatemi! Ho un bisogno assoluto di rilassarmi.»
Marcus avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma si trattenne. L’ imperatore li aveva congedati e loro non potevano più trattenersi.
« Ave Cesare!» lo salutarono, indietreggiando.
Da parte sua, Cesare, accentuò un gesto come per scacciare insetti molesti: « Sì! Sì! Andate pure!»
Marcus e Quintus uscirono dalle terme sudati, ombrosi e con un diavolo per capello.
« Calmati, centurione! Così gli darai soddisfazione!» Marcus salutò con un cenno uno degli ospiti delle terme che li guardava con aria di sufficienza, poi fu costretto ad aumentare la falcata per raggiungere il militare.
« Rallenta. Siamo sotto gli occhi di tutti i cortigiani. Vuoi che capiscano quanto sei furioso?»
Quintus rallentò il passo ma il suo tono, seppur fosse basso, rimase alterato: « Calmarmi? Ci ha trattati come due pezzenti e mi dici di calmarmi? Non hai visto la luce maligna che brillava nei suoi occhi? Gli stessi occhi che ho avuto modo di scrutare a fondo dietro la maschera dorata che indossava l’ aggressore del ragazzo.»
« Non hai nessun dubbio che si tratti di lui?»
« Ne sono certo! La corporatura e il portamento sono gli stessi di quel folle e anche l’ inflessione è la stessa anche se, a causa della maschera la sua voce, giungeva soffocata. Dimmi, come faccio a calmarmi sapendo che tutta Roma e i cittadini romani sono nelle mani di un folle piromane?»
« Devi comunque controllare la tua collera. Sono sicuro che le sue colpe non rimarranno impunite.»
« Essere trattati a pesci in faccia dopo tutti i servizi resi per il suo benessere mi manda il sangue al cervello.»
« E cosa ti aspettavi un tappeto rosso e tanti salamelecchi? Gli abbiamo tolto di mano il suo giocattolo preferito ed era logico che reagisse male. Tuttavia, temo che questo non sia nulla a confronto di quello che di sicuro sta architettando. E questo mi preoccupa molto!»
« Anche io ho percepito un’ implicita minaccia nelle sue parole. Cosa possiamo fare per prevenire eventuali mosse da parte sua?»
« Come ho già detto, purtroppo in questo momento siamo impotenti e possiamo solo aspettare come si evolveranno gli eventi.»
« Ti posso assicurare che io e la mia Centuria saremo pronti ad affrontare qualsiasi cosa!» concluse Quintus.
continua...