Alcun tempo addietro ha visto la luce, nella Biblioteca Vaticana, un palimpsesto cod. Casaronense Ixb, contenente brevi discorsi e altrettante composizioni poetiche; tutti gli studiosi sono oggi concordi nell’ attribuire le orazioni a Cicerone; la scrittura non sempre è chiara e lineare e in alcuni punti essa è andata irrimediabilmente perduta, ma in ogni caso ciò che ne viene fuori è un quadretto assai realistico della vita politica passata, buon divertimento J
I
“ Giammai, o Quiriti, nella lunga storia di questa Repubblica, abbiamo assistito ad un avvenimento di così inaudita gravità, che tanto nocumento ha arrecato allo Stato, il quale ora versa in una profonda crisi mai derivata da motivazione così assurdamente futile e personale!
Forse, o Padri, la veneranda clausola che ancora resiste <<a che non si debba arrecare danno allo Stato>> lo dovremo sostituire d’ ora in avanti <<a che non si debba recare danno ad un privato cittadino?>> (...) fino a che punto abuserai della nostra pazienza, o Mastrella, la cui mobilità oculare è pari solo alla lingua sciolta?
Tutti quanti noi abbiamo una moglie, tutti le vogliamo bene: ma sembra che Mastrella ce l’ abbia più degli altri; tutti abbiamo una famiglia, tutti la vogliamo prospera: ma sembra che Mastrella ce l’ abbia più degli altri (...) ha pensato bene di salvaguardare i suoi e se stesso dai feroci editti dei magistrati, senza pensare alle famiglie, milioni, che arrivano a stento a mettere qualcosa tra i denti a causa della crisi; tanta è allora la tua debolezza, o Repubblica, quasi mortale, da cadere afflosciata a terra poiché una fazionetta si è dimessa concedendosi all’ altra parte? Pertanto codesta azione, o Quiriti, è tanto più biasimevole ed esecrabile: tutti hanno un po’ comprato lo Stato, Mastrella l’ ha venduto! (...)
II
(...) perché parlare dei pericoli che ha dovuto fronteggiare la nostra Patria? Innumerevoli, dalla sua nascita ad oggi, fino a quest’ ultima crisi da operetta scaturita dalla lingua venale di un marito trepidante; ha inizio col sangue versato dai fratelli, la liberazione quindi dalla tirannide dei re, ed infine, quando la Repubblica dispiegò i due consoli in carica annuale a protezione delle libertà, gravissimi pericoli dall’ interno e dall’ esterno scossero le fondamenta, i gangli vitali dello Stato: la perniciosa seccessione del popolo sull’ Aventino, i disegni rivoluzionari dei Gracchi, l’ arroganza e l’ ambizione dei ricchi oligarchi che nulla concedeva alla massa; ma se questi fatti indebolivano dall’ interno, non minori pericoli minacciavano i confini, dal di fuori: le lunghe battaglie con le forti genti italiche, la minaccia dei Galli, le discese del cartaginese, tanto che sempre aperte erano le porte al tempio di Giano; come non ricordare allora Coriolano, Attilio, i fratelli Daci, Muzio, che anteposero la salvezza dello Stato alla loro vita? A che giova parlare degli Scipioni, di Paolo Emilio, di Catone? (...)
Ma poi che il lusso la ricchezza entrarono di prepotenza nei frugali costumi repubblicani e s’ importarono da tutto il mondo quelle snervatezze per le quali un popolo decade, le terribili crisi sfociarono allora nelle beluine guerre civili, alla cui conclusione sempre capeggiava il patibolo proscritto e l’ odiosa confisca dei beni.
III
Ci provò per primo Catilina ad impossessarsi dello Stato, allorché essendo le legioni volte agli estremi confini del mondo, visto che nessuno lo presiedeva, approfittava della sua debolezza per raccogliere un esercito di debitori e di sbandati per il colpo di mano finale; fu poi un interminabile fluire di sangue ininterrotto: Mario vs Silla, Cesare vs Pompeo, Ottaviano vs Antonio, che bevvero infine il poco sangue rimasto. A fronte di questi fatti, o Quiriti, chi si prenderà la briga di iscrivere sui sacri libri del Pontefice Massimo o sulle Tavole di bronzo che la Repubblica è miseramente caduta poiché la moglie del proconsole d’ Irpinia è stata inquisita per concussione? Il mondo, credetemi, si fa beffe di noi e già s’ esalta il sannita al ricordo delle forche Caudine e dall’ aldilà dell’ Oceano già ci si strilla l’ imminente ruina e decadenza (...)
A che giova essere fra i primi nel mondo se persino ad una femminuccia è lecito sgretolare un governo? Tutti sanno come i greci, civilizzatori dell’ umanità, deposte le loro donne nell’ angolo più remoto della casa, s’ interessassero di filosofia e di politica; e anche se i nostri costumi prevedono una maggiore libertà, nondimeno nessuno di noi si sogna di far presiedere una provincia dalla propria moglie; lo stesso Pompeo, poco prima di affrontare Cesare nella battaglia decisiva per i destini del mondo, relegò Cornelia nell’ isola di Lesbo, per celarla, e non le affidò di certo cariche pubbliche (...) mi avvio velocemente alla conclusione, o Quiriti, nel chiedervi, per i motivi suesposti, affinché deliberiate l’ esecrazione di un così vile atto per mezzo della clausola della “ damnatio memoriae” a che nessuno, né da morto né da vivo, debba mai pronunciare o far perdurare nella memoria il nome di Clemente Mastrella Ceppalonico”