(I pensieri di Rebecca)
Forse aveva avuto una premonizione o forse era stato l’ ennesimo suo pensare in modo negativo. Non si aspettava mai sorprese gradite, aveva persino troppo timore di gioire dell’ attesa, quando era quasi certo un epilogo positivo.
Istanti di euforia sfociavano poi quasi sempre in uno stato profondo di prostrazione. Il fine settimana è un periodo particolare della settimana, solo perché segna una pausa dallo stress lavorativo che si protrae per cinque giorni, eterni. L’ indomani non doveva alzarsi presto, poteva tirare un sospiro di sollievo, ed anche se le toccava lavorare in casa, non le pesava e non vedeva l’ ora di giungere alla fine della giornata.
Il fine settimana anche il normale ha un sapore diverso. La sera del sabato non avrebbe avuto gli occhi ed il viso stanchi, cattivo umore, senso di stanchezza tale da pensare solo a buttarsi sul letto mettendo il lucchetto a tutto ciò che affollava la sua mente e crepitava e fermentava, una pentola in ebollizione.
Lui soltanto, lui il centro dei suoi pensieri, l’ amore che oltrepassa ogni umano immaginare, i suoi occhi, la sua espressività, il suo ermetico dire, la sua gestualità, la sua esperienza, il suo divagare. Il tempo di Rebecca sarebbe stato solo per lui.
Ma le cose accadono sempre diversamente da come ci si aspetta. Per quanto si cerchi di non nutrire aspettative, di vivere il momento così come si presenta, l’ attesa di per sé innesca una immaginazione che include anche l’ aspettativa nel desiderio che le cose vadano come più ci aggrada. Questo era il timore di Rebecca e questa la sua attesa.
Cosa era accaduto?
Ecco, lui arriva prima del solito, lei pensa per un attimo: meraviglioso! Posso abbracciarlo per un tempo maggiore e raccontare... e raccontargli di me anche rimanendo in silenzio e sfociare in un fiume di lacrime che si mischiano tra loro. Di commozione, desiderio, sacrificio, sofferenza, per quel bene immenso che l’ attraversa dalle radici come fosse un albero e su fino ai rami, alle foglie, al cielo.
Un bene immenso che si fa dolore, per il senso di impotenza che deriva dal sentirsi così piccola così lontana, così senza chance, così impotente dinanzi al caso e al fato.
Era arrivato prima, per andarsene quasi subito. Rebecca aveva avuto una specie di sesto senso. Dopo torni? Gli aveva domandato. Tu non torni più, aveva ripetuto, ne era certa. Ma lui aveva detto: torno torno. E lei era rimasta appesa a quel cielo trattenendo il respiro finchè non era scivolata giù delusa ed annientata.
Non era più tornato quella sera.
Il cielo era diventato scuro ed il mare, dentro di lei, ondoso.
C’ era stato un motivo di sicuro, ma questo non cambiava le cose.
Rebecca era tornata indietro con la memoria. Ai tanti episodi vissuti tra inquietudine e tormento, ai suoi piccoli sogni, alle disavventure della sua vita.
Ancora una volta aveva cercato colpe e nei in se stessa, nella sua incapacità di convincersi che vivere è compiere un ciclo, come tutti. Nascere, sposarsi, fare figli, invecchiare, morire. E in tutto questo tempo nutrirsi per lavorare ed andare avanti, concedendosi una vacanza di tanto in tanto, finanze permettendo.
No, vivere per lei era tutt’ altro. E invece la vita non aveva il senso che lei avrebbe voluto, come ad esempio, uscire per strada e non sentirsi sola in mezzo ad una folla di maschere.
Rebecca era tornata indietro. Anche se sapeva che lui non aveva nulla a che fare con tutto ciò.