Aperta la porta della camera, senza neanche sfilarmi il soprabito, mi catapultai sul divano e completamente abbandonato al nulla cominciai a fissare il soffitto. Era stata una giornataccia da incubo…m'ero svegliato alle quattro del mattino per essere all'aereoporto La Guardia in tempo per il primo volo per Boston. L'appuntamento con la GOLDFRAME Inc. mi vide puntualissimo mentre Mr. Lancey come al solito si permise di arrivare con mezz'ora di ritardo ben sapendo che m'ero sottoposto ad una levataccia e che dovevo rientrare a New York in serata. Con la sua flemmatica faccia da mastino mi sorrise seduto dietro la sua scrivania e mi offrì la solita brodaglia che da sempre bolliva in quella specie di caffettiera al suo fianco ormai annerita dagli anni. Per educazione la accettai e la riempii di zucchero per mascherarne il gusto vomitevole. Dopo circa mezz'ora di divagazioni sul tempo, sulla famiglia e sul suo Club del Golf, si decise ad affrontare la questione relativa al mio appuntamento. In poche parole dovevo convincerlo a ridurre i tempi di pagamento, visto che la sua esposizione nei confronti della mia Azienda incominciava ad assumere proporzioni troppo rilevanti e pericolose. Era diventato nel giro di due anni il nostro cliente più importante degli States ma la sua regolarità nei saldi delle fatture era estremamente variabile. Oltretutto le ultime informazioni della Chase Manhattan Bank non erano oltremodo rassicuranti…Cominciai con le solite diplomatiche gratificazioni riguardanti la sua attività e la soddisfazione per i risultati raggiunti. Frasi ormai di prammatica che abitualmente vengono usate per spianare la strada e rendere il percorso più agevole. Quasi gongolante sfilò dal taschino della giacca un sigaro e, pur sapendo che non avevo il vizio del fumo, me lo offrì con il suo falso sorriso da jena ridens. Al mio cortese rifiuto seguito da un grazie levò gli occhi al cielo scusandosi per essersene dimenticato. Eravamo ormai entrati nel gioco delle parti e si stavano delineando le strategie di entrambi. Ora non sto a raccontare sei ore di trattative intervallate da un brevissimo e schifosissimo lunch con hot-dog e patatine fritte ( e pensare che quando Mr. Lancey veniva in Italia mi toccava scorrazzarlo nei migliori e più cari ristoranti perché lui era "crazy" per la nostra cucina…).
Riuscii a strappare un accordo che ridusse di 30 giorni i termini di pagamento, ma dovetti concedere un bonus a fine anno se il suo volume d'affari avesse superato il budget concordato. A conti fatti era pari e patta per entrambi anche se per il mio Gruppo trenta giorni in meno su quel volume d'affari significava una gran boccata d'ossigeno.
Ora era tutto finito ed ero nella mia stanza d'albergo a pochi passi da Central Park. Salivano dalla strada attutiti i rumori del traffico. Mi alzai dal divano e mi recai alla finestra per dare un'occhiata sottostante. In verità non avevo ancora deciso che fare per la serata. Avrei potuto chiamare il mio amico Roby per una capatina in quel vecchio ristorante indiano sulla Cinquantaduesima oppure restare in albergo e farmi portare qualcosa in camera, visto che cominciavo a sentire la stanchezza e alla TV avrebbero trasmesso una partita dei play-off di basket.
Decisi di uscire da solo e affogare i miei pensieri tuffandomi tra vetrine sfavillanti e sirene metropolitane.
Appena fuori dall'albergo venni accarezzato da una raffica di vento e mi tirai su il bavero del soprabito…accidenti com'era calata la temperatura. Svoltai a sinistra verso la Settima Strada e camminando rasente al muro cercavo di evitare i colpi d'aria che frullavano intorno e mi scompigliavano i capelli ( ho sempre tenuto alla mia pettinatura….)
Ero praticamente solo sul marciapiede quando il mio sguardo venne catturato da una banconota verde che mi svolazzava davanti al naso sostenuta dal vento. Sull'istante realizzai che si trattava di un bigliettone da cento dollari e cercai di afferrarlo al volo. Come una farfalla impazzita ondeggiava qua e la e avevo l'impressione che lo facesse divertendosi.
Dopo pochi secondi di oscillazioni un deciso colpo di vento schiacciò la banconota sul muro del palazzo immobilizzandola. Mi spostai e mi inchinai per ghermirla e immediatamente dopo che feci il movimento del corpo, afferrandola, sentii alle mie spalle,vicinissimo, uno schianto fragoroso. Mi girai e vidi, ad almeno trenta centimetri dai miei piedi, una voluminosa lastra di metallo di almeno mezzo metro, che era precipitata dall'alto…
Alzai la testa e vidi che agli ultimi piani dell'edificio v'era una piattaforma. Certo serviva per lavori di ristrutturazione e
il forte vento aveva senz'altro causato qualche cedimento. Non mi fossi spostato verso il muro sarei già stato a colloquio con San Pietro tra le nuvole del Paradiso o con Lucifero tra le fiammelle dell'Inferno. Guardai la banconota che avevo in mano: era un dollaro…ma per me valeva una vita.
Si accostò una volante della Polizia e ne uscirono due poliziotti per verificare quanto successo. Il più grosso, un uomo di colore dalla faccia simpatica, dopo alcune domande sull'accaduto, mi guardò con i suoi occhi nerissimi e quasi ammiccando mi disse: " Stasera lo devi ringraziare, il tuo angelo custode…"
Il dollaro, a distanza di ventitre anni, è sempre nel mio portafoglio…..ogni tanto lo guardo e mi sembra che George Washington mi strizzi l'occhiolino….