E’ uno di quei pomeriggi caldissimi, noiosi, che non sai cosa fare. Metterti a lavorare in casa? Proprio no! Si suda solo a sbadigliare... Mettersi a telefonare alle amiche? Nemmeno! Ti incominciano a raccontare tutti i pettegolezzi immaginabili, cose che né ti interessano, né vuoi sapere! Uscire? Con questo caldo l’ unico posto accettabile è uno di quei grandi Centri Commerciali, dove puoi godere il fresco gradevole dei condizionatori d’ aria... ma... senza soldi, un centro di questi che li visiti a fare?
Avevo pensato anche di andarmene fuori a comperarmi un bel gelato e mangiarmelo in qualche parco ombreggiato da grossi alberi verdi e godermi un filo d’ aria, se c’ era!
Mi decisi per quest’ ultima opzione, e per sentirmi meno giù di morale mi misi un vestitino delizioso con una scollatura molto generosa, tutto a fiori e lo accompagnai con sandali aperti con un bel tacco alto. Niente male! Pensai guardandomi allo specchio... presi la mia borsa e andai fuori già pregustandomi il gelatone che avevo in mente.
Quando stavo sulla porta, ecco suonare il telefono di casa, pensai di ignorarlo ma era talmente insistente che a malincuore tornai indietro.
-Pronto, chi parla?
-Non mi riconosci più? Va bene che è passato un bel po’ di tempo, ma pensavo che non ti fossi dimenticata di me...
-Senta, non ho nessuna voglia di giocare agli indovinelli, e poi stavo uscendo! Mi dica chi è e che cosa vuole!
-Non sei cambiata per niente! Sempre alla difensiva, con quel caratterino che punge come una zanzara tigre!
-Michele! sei tu? Non ti riconoscevo!
-Meno male! Per un momento ho pensato che la mia voce ti fosse completamente estranea
-Scusa Michele, ma stavo uscendo e non ho tempo ora di discutere per telefono.
-Ma non dobbiamo mica discutere carissima, era una chiamata di pura cortesia, dimmi tu quando ti posso chiamare, o meglio ancora sarebbe vederci da qualche parte.
-Mi dispiace, ma io non ho alcun desiderio di parlarti, ora devo andare, ciao.
-Elena, non mi chiudere il telefono!
Ma io avevo già riattaccato ed ero molto scocciata per quella telefonata che avrei evitato volentieri. Michele era stato un mio, diciamo così, fidanzato... ma tra di noi era tutto finito tempo dietro ed anche non in maniera amichevole. Lui si era rivelato un Don Giovanni che correva dietro a tutte le “ gonne” che vedeva, ed io avevo chiuso definitivamente con lui. Questa telefonata mi aveva tolto la voglia di mangiare il mio gelato, e l’ unica cosa che feci fu quella di andarmi a sedere in una delle tante panchine del parco vicino casa.
Ormai il mio umore era cambiato, e assieme al gran caldo ora mi sentivo una strana sensazione di disagio e paura. Io conoscevo bene Michele, e sapevo che non era il tipo di accettare un diniego così facilmente, forse avrebbe insistito, mi avrebbe aspettata fuori, chissà, forse mi avrebbe molestata...
Pensai di tornarmene a casa, era meglio che mettessi ordine nella mia testa e mi calmassi un po‘.
La mattina dopo dovevo andare a lavorare, e questo mi diede un senso di sicurezza, visto che il mio lavoro si svolgeva in tribunale. Conoscevo un sacco di persone importanti, e avevo parecchie amiche che mi avrebbero consigliata se ci fosse stato bisogno.
Le mie previsioni erano esatte, Michele mi stava aspettando all’ uscita del mio lavoro con un mazzo di rose rosse in mano. Che ridicolo! Ma che cosa pensava? Che dei fiori mi avrebbero fatto cambiare parere su di lui?
Con un sorriso a pieni denti mi si avvicinò, e mi disse che aveva prenotato per il pranzo nel ristorante dove andavamo spesso noi due prima che io lo lasciassi. Questo mi diede fastidio, Come si permetteva? Avrebbe dovuto prima invitarmi, e con un gesto poco socievole gli dissi di no, che non avevo tempo di pranzare con lui e che lo pregavo di lasciarmi in pace. La nostra storia era finita, ed io non avevo nessuna intenzione di riallacciarla. Per un secondo vidi nei suoi occhi un guizzo di rabbia, ma subito cambiò espressione e mi supplicò di accettare, che doveva dirmi una cosa importante.
Alla fine accettai, e quando fummo seduti al “ nostro” tavolino, mi prese una mano, e tirando fuori un anello bellissimo, mi chiese di sposarlo. Io rimasi a bocca aperta, una proposta così proprio non me la aspettavo da lui, ma ad ogni modo ripresi subito il mio controllo e ringraziandolo e sorridendogli, gli risposi con un bel “ NO”! Michele mi guardò di nuovo con rabbia, dicendomi che non potevo rifiutarmi, che se l’ avessi fatto avrebbe preferito ammazzarmi, piuttosto che perdermi un’ altra volta!
Lo sapevo! Me lo sentivo! Quell’ uomo mi ispirava paura, e quasi tremando cercai con le buone di spiegargli che una persona per potersi sposare deve essere innamorata, ed io non lo ero! Ma lui mi prese un polso stringendomi così forte da farmi male e mi disse: “ Innamorata! Non essere sciocca! L’ amore è una cosa stupida, senza senso, tu mi sposi e basta, capito bene?”
A questo punto incominciai a sentire paura sul serio, e mi guardai intorno come per chiedere aiuto... Lui si rese conto, si alzò, e stringendomi forte mi puntò una pistola in un fianco, costringendomi ad uscire con lui. Io non potevo ribellarmi, doveva essere diventato pazzo, e avrebbe sicuramente sparato!
Camminammo così per qualche metro, e arrivammo ad una macchina parcheggiata non lontano, aprì lo sportello e mi spinse dentro con forza. Mise in moto e in pochi secondi eravamo fuori dal traffico, verso l’ autostrada. La macchina andava a tutta velocità ed io ero in preda al panico. Arrivati ad una stazione di servizio, rallentò ed entrò per mettere benzina alla macchina, e mi disse che se avessi fatto un solo movimento mi avrebbe uccisa, che non gliene importava niente andare in galera! Io allora in un momento di distrazione di Michele tirai fuori dalla mia borsa un block- notes piccolino e una penna e scrissi in fretta alcune parole: “ Aiutatemi, sono minacciata da questo pazzo!” quando Michele tornò in macchina io lasciai cadere il fogliettino dal finestrino aperto, sperando che il benzinaio lo vedesse.
La macchina partì di nuovo con una sgommata, e dopo una ventina di chilometri sentimmo le sirene della polizia dietro di noi. Michele mi guardò con odio intenso e accellerò ancora di più, correva così forte che il cuore mi andò in gola per la paura, e infatti, in una curva, andò fuori strada, rovesciandosi completamente per due o tre volte...
Io mi svegliai all’ ospedale, ero fasciata in vari punti del corpo, ma niente di serio per fortuna! Il medico mi disse che sarei uscita in una settimana. Michele invece, aveva perso la vita, gli trovarono nella macchina due chili di droga ed era ricercato da tempo dalla polizia che era dietro le sue tracce.
Non mi rallegrai per la morte di Michele, ma ero contenta che ora non mi avrebbe più importunata. Ora sto bene, e siccome sta facendo un caldo da morire, mi vado a mangiare quel gelato che mi avevano fatto “ andare di traverso” (si fa per dire...)