La senti questa musica? E’ la nostra, quella che ti fa danzare come una piccola trottola. Mi piace tanto guardarti mentre i tuoi piccoli piedini cercano di accordare il loro ritmo a quello delle manine che disegnano cerchi nell’aria. Pare quasi che tu li veda davvero, i piccoli cerchi nel cielo.
La mia bambolina. Sei così carina con il vestitino rosa che ti ha regalato la nonna.
La nonna! Sostiene che dovrei portarti all’asilo, che avresti bisogno di giocare anche con gli altri bambini, com’è che dice? Relazionarti con i tuoi coetanei!
Ma che ne sa, lei? Non si ricorda più come si fa a tirar su un bambino. Non si ricorda più quanto è forte il legame tra una mamma e la sua piccolina.
Tu hai bisogno della tua mamma, vero?
D’altronde per starti vicina sempre ho rinunciato al mio bel lavoro.
Mi piaceva tanto il mio lavoro. Ce l’avevo messa proprio tutta per raggiungere la mia posizione e girava voce che mi avrebbero dato un’altra promozione, ma sei arrivata tu, Amore mio.
Ti volevo tanto. Desideravo sentire un esserino crescere dentro di me anche se ad un certo punto ho pensato che tu volessi farmi scoppiare! Soprattutto l’ultimo mese di gravidanza, ero talmente grossa che sembravo un pallone aerostatico, e le caviglie poi, avevo dei tronchi al posto delle gambe.
Quando finalmente sei nata, mio tesoro, io credevo che tutto sarebbe stato più facile, e invece no, anzi.
Tu non dormivi mai, tu non facevi altro che piangere. Notte e giorno, giorno e notte. I miei giorni ero tutti uguali, le notti uguali ai giorni. C’erano solo pianti, coliche, pannolini, seni al vento.
Io non riuscivo più a guardarmi allo specchio: mi sentivo sempre più stanca, sempre più brutta, sempre più sciupata.
E intorno a me solo gente che si prodigava in consigli. Ma che razza di madre sarei stata se avessi accettato l’aiuto di qualcuno? Tutti avrebbero pensato che non fossi in grado di prendermi cura della mia bambina.
E mentre tu piangevi, le mie lacrime disperate si univano alle tue in un abbraccio umido e intimo.
Non posso affidarti a nessuno, tu sei la mia bimba.
Lo so che coi nonni stai bene e ti diverti un sacco quando il fine settimana ti porto a dormire da loro. Ma io soffro. Non pensi alla tua mamma che resta sola, a casa? No, tu non ci pensi.
Ti confido un segreto: la domenica mattina costringo il tuo papà a venirti a prendere prestissimo. Mi manchi, mio piccolo tesoro.
Papà dice che dovrei riprendere il lavoro ora che tu sei più autonoma, che mi farebbe bene.
Autonoma? Lui non sa di cosa parla! Sono io che devo preoccuparmi di lavarti, vestirti, farti giocare, prepararti da mangiare, farti dormire: mica lui così impegnato con il suo lavoro!
Sono io che solo ora comincio a formulare frasi di senso compiuto e non parole o versetti intraducibili! Che ne sa, lui? Lui arriva la sera e ti trova già addormentata e il sabato pomeriggio ha la sua partita di calcetto, e non ci può rinunciare! Figuriamoci! Io al massimo riesco a concedermi un caffé al centro commerciale, mentre faccio la spesa!
Lui dice che dovrei frequentare le mie vecchie amiche. Ma dove lo trovo il tempo?
E poi non mi va l’idea di affidarti ad una baby-sitter, sono io che devo occuparmi di te.
Vieni tesoro, vieni in braccio alla tua mamma. Vieni facciamo un gioco nuovo, ora. Adesso proveremo a volare, sai come i colombi, quelli che insegui sempre al parco. Vieni, Amore stringi forte la mamma e non aver paura: con te c’è la tua mamma.