L’ho fatto. Ci sono riuscita. Non ci credevo nemmeno io. Ma sono andata fino in fondo, questa volta. Mi sono alzata senza fare rumore. Giada ha detto qualcosa e per un momento ho pensato che fosse sveglia, ma come al solito parlava nel sonno.
Ho aperto piano la porta, pregando che non scricchiolasse: ho fatto bene ad oliare i cardini l’altro giorno, anche se la mamma mi ha guardato con una faccia perplessa e ha pensato che fossi diventata pazza.
Ho tirato fuori la testa, per controllare. Nessuno. Il corridoio era buio e da giù non arrivava nessun rumore. Sono tutti a dormire. E’ strana la casa così buia e silenziosa. Devo fidarmi dell’istino, ora e fare attenzione: gli occhi faticano ad abituarsi all’oscurità.
Ho calpestato un soldatino di Daniele. Maledizione che male e la mamma che lo rimprovera di continuo perché lascia i suoi giochi ovunque.
Sono arrivata alle scale, ora seguendo il corrimano scenderò giù: piano, prima un piede poi l’altro, senza fretta. Non posso rovinare tutto un’altra volta. La scorsa notte Lillo mi ha sentito e ha pensato che andassi dal lui per giocare e felice si è messo ad abbaiare alle due di notte svegliando tutti! Ma questa volta è chiuso in camera con Francesca e non mi disturberà. Ok, ci sono, le scale le ho superate, allungo le braccia davanti a me, non vorrei stamparmi contro il muro o la porta chiusa.
Eccomi, sento la bombatura, il pomello è qui. La sua luce mi avvolge, è fredda, ma sento che mi sta scaldando, dentro.
Il cucchiaio ce l’ho già nella tasca del pigiama: l’ho preso questa sera a cena mentre la mamma sparecchiava.
Ora tiro fuori il piatto. Mi siedo sul pavimento, appoggio la schiena alla credenza, mi metto comoda, incrocio le gambe e sopra ci appoggio il vassoio.
L’avverto già la morbida consistenza, ancor prima di affondarci il cucchiaio. Il sapore ce l’ho già in bocca, ma che dico ce l’ho già in tutto il corpo. Ho i brividi e mi viene da piangere. Non devo avere fretta, non c’è motivo. Comincio: vorrei essere calma, ma è così tanto che aspetto che la mano mi trema e una frenesia mi scuote. Lascio il cucchiaio e affondo le mani in quella soffice pasta e poi subito in bocca. Un pezzo via l’altro, in quest’orgia solitaria e magnifica. Ce l’ho fatta. Guardo il piatto, poche briciole oramai.
Stupida, stupida e ancora stupida…non hai volontà. Non sei nemmeno capace di resistere. E’ inutile che piangi, adesso. L’hai fatto? Stai bene ora? Maledetta stupida che non riesci nemmeno a tenerla chiusa quella boccaccia. Non hai saputo resistere! Non sei niente…
No, ti prego non ti arrabbiare, non lo farò più, lo giuro, lo giuro! Ora vado su, vedrai, la porta del bagno è aperta, non farò rumore, ti prego non ti arrabbiare…
Via sulle scale, presto, prima che sia troppo tardi. Il cuore mi scoppia, i polmoni tra un po’ esploderanno. Lo specchio mi guarda: sono brutta, sono brutta e grassa: io voglio sparire!
Mi giro verso il water, apro la mia maledettissima bocca, allungo il medio in gola e penso: ti prego Dio fa che ci riesca, ti prego, ti prego.
No, così no, devo spingere un po’ di più. Ecco, ci siamo: arriva il conato, con la sua contrazione il sapore acido mi ha raggiunto la bocca. Uno, due tre volte…fatto. Via tutto… non devo tossire…qualcuno potrebbe sentire…Ora sono pulita.
Mi guarda lo specchio, ancora…Mi sorride, ora…
Brava, brava sei stata brava, hai visto com’è facile? Volontà, solo volontà.
Si, si domani ti giuro non mangerò, non lo farò, vedrai sarò come tu mi vorrai, leggera, leggera…