Autunno.
Sarei stata volentieri sul letto o sul divano a scrivere, persa negli accordi delle mie canzoni preferite, ma dovevo lavorare; e considerato i chiari di luna, era meglio se i viaggi mentali fossero minimi.
Le bollette non aspettano e le multe fioccavano come corn flakes. Il turno di oggi è stato piuttosto stancante, non son tipo da piangermi addosso, ma c’ erano momenti molto sfibranti. Per fortuna a casa mi aspettavano, Matilde, la mia bambina e Whiskey, un meticcio lasciato sulla Tosco- Romagnola da qualche amante degli animali, lo trovai quasi esanime, non potevo lasciarlo li.
Il marito sparì appena saputo del lieto evento, per il mio orgoglio fu un duro colpo.
Avevo creduto fino all’ultimo, sperato di vederlo in sala parto o dall’ altra parte del vetro, ma vidi solo altre coppie felici, alla nascita, mi trovavo da sola... senza avere la ben che minima idea di come fare il genitore.
Non sapevo come chiamarla, abbandonarla o darla in adozione...aveva solo me e se per un istante vacillai, tenerla fra le braccia, mi dette coraggio. Le conversazioni silenziose, le notti in bianco, i bagnetti, pannolini, le poppate, le ninne nanne, il nostro legame mi dava forza per andare avanti.
E sono giornate come questa, che non mi fanno rimpiangere la scelta di averla tenuta.
Stavo aspettando l’autobus sotto la pensilina che grondava acqua da ogni spigolo, fissavo i rivoli di pioggia che scendevano sul vetro ormai crepato, i soliti adolescenti Livornesi annoiati, l’ avranno preso a pugni o pedate, generazione andata a male, male come queste gocce di acqua che sembravano sassate.
Da quanto ero bagnata riuscivo a malapena a pulirmi gli occhiali, pesavo cinque, sei chilogrammi in più,
cominciavo ad avere pure freddo.
" Ma quando diamine passa ‘sto autobus? esclamai con tono seccato e arreso.
Non mi posso permettere una macchina, costa troppo, ho una bicicletta non un idrovolante, avevo le scarpe consumate e pantaloni sdruciti, un orologio dei cinesi e vestiario prestato da amici.
Ero povera inutile girarci intorno, tutti i pochi soldi che guadagnavo li usavo per la casa e per la mia bambina.
Non mi ricordo più da quanto non andavo a mangiare un panino ai piloti la sera...
Mangiavo poco e nemmeno tutti i giorni, ma la mia Matilde aveva sempre la pappa.
Mi salì il mal di stomaco sia per fame sia per nervoso, mia madre mi aiutava come poteva, ma era anziana e non volevo si occuppasse di un’altra figlia. Avrei voluto un‘ altra vita, magari più serena, magari diversa.
Mi prese un coccolone, quando una macchina si fermò, strinsi la borsa come una tenaglia, tremavo come se avessi la febbre alta, speravo si fosse perso o cercasse indicazioni stradali, mi si gelò il sangue quando buttò giù il finestrino.
" Signorina mi scusi, guardi che hanno hanno indetto lo sciopero. " mi disse.
" Sciopero? e mo’ come ci torno a casa? risposi avvilita.
Scese e non so perchè, la paura aumentava, si diresse al portabagli...
Il cuore mi stava per esplodere... mi rannicchiai ancora di più verso l’angolo della pensilina, urtai il vetro ed un fiume di pioggia gelata mi fermò il respiro.
Fine I parte