Ciao, oggi è il 30 dicembre, e io ti sto scrivendo una lettera dal vetro ghiacciato che ci divide.
Il giorno si è aperto con una nebbia che copriva tutte le cose, il freddo intenso e le luci delle auto in lontananza come un paesaggio spettrale-
Un merlo nero dai grandi occhi mi ha accompagnato mentre salivo sull'auto, innescavo la retro, e uscivo dalla zona garage.
E' volato via quando mi ha visto uscire sicura.
Nella follia che mi abita ho sussurrato a me stessa ma a voce alta, "Ciao Robi", certa che quel bellissimo essere piumato fossi tu che mi salutavi proprio oggi, a 4 anni di distanza dalla tua morte.
Sembra così folle scrivere "la tua morte".
La morte è una grande sciocchezza, perchè non esiste cortina di ferro tra la nostra anima e quella delle persone che abbiamo amato.
Un dialogo continuo tra me e te, che nessuno potrebbe capire, forse mi rinchiuderebbero, mi darebbero della pazza visionaria, molti già lo fanno, ma che importa?
Cosa può capire la gente che si appresta a festeggiare il Capodanno della morte che mi abita, della impotenza che vivo quotidianamente, del mio pianto silenzioso e senza lacrime nel quale vivo immersa come fosse una laguna, vivo tra le sabbie mobili e nessuno mi vede.
Ho smesso di cercare comprensione e smetterò anche di parlare di te, perchè non importa a nessuno.
Mi sento così sola sapessi, così sola che a volte vorrei chiudere gli occhi e raggiungerti e non restare più intrappolata in questa vita che mi ha così delusa, così schiaffeggiata, perchè io come te non sono fatta per questo mondo. Vivere non è per tutti e molti non ce la fanno, ma non sono deboli o vigliacchi no, sono persone pià delicate che si lasciano vincere dalla vita, che si arrendono, che non possono arrancare, resistere a tanto niente. E' così stanca la vita sai, sta precipitando tutto a volte ininterrottamente, e mi trovo a dover come traslocare dalla mia anima ogni giorno per riassestarmi nella realtà- Se tu fossi qui, anche se lontano da me, con un'altra donna o in un'altra città, io sarei più serena, non mi sentirei zoppa e senza un arto, non sarei così indifesa e mascherata mentre sento il mio corpo cadere a pezzi- Tu muori ogni giorno e per me arrivano i 50 anni, e sembra una bugia dirmi che non sarai accanto a me per prendermi in giro, e sembra così orrendo il fatto che tu i 50 anni non li abbia nemmeno compiuti. Sapessi che buco ho nell'anima, che vuoto, che deserto che mi logora e mi mangia le arterie, che mi devasta. Vivo tra fluttui di un mare sconosciuto che mi sbatte come un'onda verso una riva sconosciuta, ogni giornata è una scommessa: ce la farò a star dentro tutto? Ce la farò ad alzarmi, a correre, a capire, a stare nei giochi e nei ruoli che la vita mi impone, ce la farò a sorridere e trasmettere la mia buona fede, ce la farò a intravedere un barlume di speranza? A volte piango in silenzio e mi dà fastidio il rumore delle auto, delle risate vuote, delle persone che sono così diverse e vuote rispetto a quanto tu eri profondo. Non so con chi parlare, con chi gridare, con chi piangere, perchè piangere non è consentito e nemmeno emozionarsi .. Danno tutti tutto per scontato, odiano, si fanno del male, ignorano la profondità che la vita ha, il valore, ti escludono, ti mettono su una croce, esigono da te quello che non puoi dare, confondono il tuo sorriso per altro, non capiscono la tua fatica, ma che importa della tua fatica? Da quando sei morto ho capito il significato della solitudine.
Ho capito che l'amore non è la passione che svanisce o il batticuore che si placa. L'amore è un braccio sulla tua spalla e due occhi che ti guardano sorridenti e ti amano, anche sbagliando, anche nei momenti peggiori che ci siamo regalati a vicenda.
Ti aiuterei ancora cento volte a morire e anzi, se avessi potuto tu sai, ti avrei dato la metà del mio fegato o un polmone, o un organo che ti trattenesse qui, nella vita.
Odio tutti quei medici ipocriti che non ti hanno risparmiato la delicatezza che si deve a un malato terminale, le persone che sono venute a fingerti una amicizia e una presenza per noi che non c'è stata, i tuoi parenti che sono scomparsi senza spedire un telegramma o farci una telefonata, perchè noi restavamo, noi eravamo la parte colpita, c'era una figlia di 17 anni che è il tuo ritratto.
Odio il conformismo e l'ipocrisia che imperversa, il qualunquismo, l'apparenza che tutti salvano ma che si vede e si avverte come i cani quando fiutano.
Odio dover implodere di pensieri e non avere nessuno con cui parlarne, come se tu restassi per l'eternità lo scrigno delle mie confidenze e lacerazioni più forti.
Mentre ti scrivo vedo le auto correre con i cofani pieni di panettoni e bottiglie per brindare al nuovo anno.
Io sono cieca e non vedo il sole che brilla anche per me, adesso che la nebbia è svanita come un passero che trova riparo e vola fino a sparire dal tuo sguardo.
Mi gira la testa e vorrei piangere, lasciarmi andare, stare a terra e dire al cielo: eccomi. Ho quasi 50 anni e tutto continua, ma io mi sono fermata, il mio mondo è come sfocato e la vista è scesa, le ossa dolgono di dolori che mi curvano.
Io sono una pianta che vive, i miei rami fioriscono, so che ne ho molti tagliati e caduti, e tu sei quello fiorito, quello che non conosce il freddo strambo di queste strane temperature, tu sei l'eterno che posso sublimare e accoglierti per come eri e siamo stati, nel nostro volerci il bene feroce mescolato al perdono, la sola nostra unica ricchezza.
A mio marito Nunzio Carcione
30. 12. 2012 30. 12. 2016