La vita è come un viaggio, e in ogni sua tappa cambia molto dentro di noi. La nostra velocità, la nostra tolleranza alle situazioni, la nostra emotività, la nostra forza-
All'inizio, è come avere un infinito davanti.... Spesso mi si è detto che ero fortunata: avevo un buon lavoro e i miei genitori vivi. Ogni volta ho sorriso e non mi sono sembrate fortune, era quello che la maggior parte delle persone aveva- Un lavoro e due genitori.
Oggi vedo tutto in maniera diversa: non esiste più il lavoro che per molto tempo è stato la mia ancora e sicurezza e i miei genitori non sono più quei genitori.
Si cambia anche nelle esternazioni: un tempo piangevo molto, e quel fiume di acqua che contenevo e lasciavo andare era anche un modo per tirare fuori il dolore-
Oggi assomiglio a un fiume in secca. Ho dentro una sproporzione di dolore che vorrebbe uscire, fluire, andare via e si è incanalato tra cuore, stomaco e gola e rimane li.
Fermo ad aspettare che ogni giorno io espleti le mansioni solite: mi alzo, mi muovo in questa vita tecnologica dove incontro poche persone e molta folla, guardo il cielo e noto che non è più così aperto e chiaro, parlo e vivo con una parte mia assente.
Forse gli anni della maturità ci costruiscono dentro una muraglia cinese invalicabile. Solo noi sappiamo cosa vi è nascosto e poco trapela.
Anche perchè spesso ho parlato ma sono stata tradotta con beneficio di inventario, come fa google traduttore. Le emozioni e le sfumature non le ha lette nessuno, si è badato alla sostanza del mio testo e non alla mia punteggiatura, eppure ogni virgola è stato un passo e i puntini di sospensione erano le speranze-
Oggi devo fare la figlia, e prendere in mano quel ruolo che mi sembrava così lontano un tempo, e osservare in silenzio come la vita ha scompigliato i piani.
La malattia, la vecchiaia, le persone che erano i miei pilastri e la mia famiglia mi stanno abbandonando. A volte mi sento come un albero che lentamente si spoglia e in questa città senza ossigeno cosa conta un albero in più e un albero in meno?
Osservo e mi domando se siano realmente loro, le due persone che mi hanno dato la vita, e la serenità e che sono stati più che vicini,
li vedo già morti eppure mi parlano ancora, ma la loro voce mi arriva da un mondo che non è più il mio, non sono più accanto a me.
Io parlo e la loro voce già cambiata nei toni arriva indistinta in me che provo a sentire quanto male mi arriva dal vedere che la vita si spegne ben prima che il cuore smetta di battere.
Sentivo sempre dire che "finchè c'è vita c'è speranza", eppure non è così.
Io so che la vita può essere già morte a ogni età.
Lo è per le persone che sono condannate a morire e lo sanno, lo è per loro anziani che vivono con fatica ogni giorno e hanno una dignità grande a reggersi in piedi in questo mondo rovesciato-.
Sono anni di impotenza verso tutto e tutti: come star accanto a chi non riesce più a sentire? Come aiutare chi non crede di dovere essere aiutato? Come proteggermi dalla visione di quello che esiste adesso: egoismo che mi esclude dal nucleo di loro anziani, rabbia che fatico a contenere perchè mio marito è morto con 40 anni di anticipo, lucidità da ostentare e razionalità che non possiedo.
Sento una voce dentro di me che grida, ma non riesco a sillabare nulla, nulla che possa dare di me l'idea di come vivo e colgo questo nuovo mondo che sto vivendo.
Da una parte c'è una bambina che piange, piange disperatamente perchè quei volti rugosi e stanchi non li vede e mancano, manca la comprensione e le cure a cui mi avevano abituata. Dietro di lei grida anche una donna stanca, che vuole vedere calma, la rassegnazione serena di chi sa che ha vissuto e può accettare le privazioni che vecchiaia e malattia impongono.
Nel silenzio io sento tutte queste voci, le metto in fila, le incasello, le seleziono.
Provo a dare la voce a quanto può essere utile, ma non utile a me.
Mi guardo allo specchio e mi dico che la polvere sta coprendo anche la luce dei miei occhi, poi mi accorgo che è tutto in ordine e a non brillare più sono io.
Io, ancora in attesa di una allocazione psicologica, di un luogo dove essere e darmi un nome, dove poter fiorire ma anche appassire piano, perchè la vita è questo e il mio giardino ora ha i colori dell'autunno, che piano mi veste di foglie dorate.