Quando la stagione lo permette ed il mio lato oscuro riposa, vengo qua sul mare per ritrovare una sorta di equilibrio.
I giorni volano come gabbiani nel vento, ma spesso son lenti come treni merci diretti al sud.
Guardi il calendario e ti sale il groppo in gola, ma nasce una tenue speranza per il domani. L'anno sta per finire e speri che il nuovo porti almeno una briciola di serenità in più.
Non guasterebbe.
Sciarpe, cappotti e cappelli.
Fa un freddo porco.
I più arditi sono in t- shirt, altri in mimetica, manco dovessero preparare un'imboscata.
Trovi quello che corre, quello che dorme e quei gruppetti di baldi giovani che si perdono nella politica senza cavare un ragno da un buco.
Qualcuno pesca.
Coppiette in fiore si sfiniscono di baci, sguardi languidi e pensieri porcelli.
Se li fisso ancora dovrò farmi una doccia fredda o lanciarmi in mare tutto vestito.
Ricordo con un gusto più amaro che dolce, quando io ero al loro posto.
Contento matto, con il cazzo in tiro, la mente partita per le puppe della mia compagna, immaginando nella testa di giovane coglione, le mani ansiose e frementi.
Ricordi.
Torni alla realtà, ti accorgi che sei adulto, potresti essere il loro padre.
Non vecchio pronto per il camposanto, ma nemmeno più giovane per il ballo delle debuttanti.
Un sospiro e rimetti i piedi per terra, sperando di non infrangere il ricordo di come eri e di come stavi, ma sai bene, anche fin troppo, lo stato in cui sei adesso.
La tua canzone preferita suona nelle cuffie e tutto attorno a te diventa lontano.
Resta il mare, le folate di vento e quell'atmosfera quasi irreale.
Tamburelli le dita sopra la spalletta manco tu fossi Lars Ulrich.
Riesci per pochi istanti a sorridere, grazie alle pose assurde dei selphy-addicted, ma una pena ti rende il respiro pesante.
Lo sguardo torna ad essere velato. In lontanza le nuvole si fanno minacciose. Ancora la pioggia cadrà.
Un colpo di vento più gelido degli altri riesce con chirurgica perizia ad intrufolarsi sotto la maglia.
Un brivido percorre tutta la mia lunghezza di 192 centimetri, lasciandomi per un attimo bloccato.
Si sta facendo scuro e le ultime fisionomie, lasciano spazio a sagome indefinite.
Un'altra canzone preferita sta suonando nelle cuffie - porca troia ci mancava solo questa, dovrei trovare il coraggio di cancellarla e bon-
It's time to go.
Vorrei tornare a casa, ritrovare Mati sul divano, che dorme sulla felpa, ma troverò il Dio del vento che riposa sulla poltrona o sopra il suo cuscinone a palle all'aria.
Non ci fosse nessuno sarebbe peggio.
Tiro fuori dalla tasca il mio cappello celeste.
Un sospiro carico come queste nuvole mi piega le spalle.
Rapida toccatina alle palle, ormai ghiacciate.
Passo lungo e ritorno a casa.