Aurora
era una dolce bambina, non aveva genitori, viveva in un istituto con tante altre fanciulle.
Aveva grandi occhi neri, spalancati alla curiosità, ma della vita esterna al collegio, ignorava tutto,
a volte pensava:
_quando uscirò da qui, chissà come farò, senza l'aiuto di nessuno.
Aveva molta paura.
Aurora spesso sentiva il bisogno di una carezza, di un po’ di affetto, ma nel collegio questo non era possibile, però se era buona, le suore si dimostravano più gentili,
e lei ovviamente era sempre buona.
Un giorno, era particolarmente malinconica, sentiva nostalgia della sua mamma, e come spesso faceva, anche quel giorno si rincanttucciò in fondo, al giardino del collegio, lontano dalla confusione.
In quell’ angolo del giardino, c’ era un muro altissimo che separava il collegio dal mondo.
C’ era anche un enorme platano e alla base di questo platano, tantissime foglie rosse, che riunite insieme dal vento, avevano preso l'aspetto di un enorme soffice letto.
Lei, per divertimento, spesso si divertiva a saltare ed affondare nelle foglie,
però quel giorno era troppo assorta nei suoi pensieri, e nel silenzio, udì una voce, era una voce dolcissima, quasi una musica.
Che strano intorno a lei non c' era nessuno, ma non si intimorì, ascoltò quella voce, anzi andò verso quella musica.
Da una crepa nell'albero vide una bella signora, sembrava una mamma, una mamma come si vede nelle favole.
_Non temere, le disse la signora,
_Io sono una fata; la mia regina, mi ha dato il compito di fare compagnia ad una bambina buona, ed io ho scelto te, perché sei semplice e cara, io ti seguirò, e se ascolti le mie parole,
ti porterò nel mondo dei sogni, in posti incantati, e quando tornerai qui, nel boschetto, io sarò con te e non ti lascerò sola.
Aurora, ogni volta che si sentiva triste pensava alla fata, e quando tornava in quell’ angolo di giardino, le sembrava davvero di essere in un bosco magico, e ascoltava le dolci melodie della sua fata.
Passarono giorni e giorni, e forse anche anni, Aurora, spesso andava in quel piccolo bosco, ma un giorno non vide più la fata, e nell’ incavo dell’ albero trovò un biglietto, dove c'era scritto:
_Aurora non sei più una bambina io devo tornare nel regno delle fate, ma ti lascio un dono che troverai domani.
Aurora pianse, pianse tanto, dai suoi occhi scesero mille gocce di lacrime, sfinita si addormentò nel letto di foglie rosse, sotto il platano.
L’ indomani al risveglio al posto del biglietto c’ era una rosa bianca, bella, stupenda, Aurora la prese, accarezzò i petali, pensando alla fata, e con delicatezza la piantò’ nel giardino.
La rosa cresceva, e spandeva profumo,
e lei non sentì più la mancanza della sua dolce fatina.