Da una vecchia foto ingiallita osservo gli occhi ridenti di mia madre. Li scruto dentro… Non sono solo ridenti.
Io ci vedo tutti i colori dell’ arcobaleno… E a me pare che danzino la gioia, la vita… la pace…
Che fluiscano, leggeri, come il venticello d’ aprile quando carezza i fiori e, lieve, scioglie i ghiacci degli inverni… Rifletto sul suo sorriso… Di netto contrasto alla difficile adolescenza trascorsa, dopo gli anni aurei vissuti negli agi e nella spensieratezza della sua infanzia. Tempi ai quali, lei, pareva non voler più pensare, neppure rifugiandovisi con la fantasia. Come se per magia potesse svegliarsi e ritrovarli intatti… quegli anni! - Sembrava dire a se stessa, del tutto disincantata - Infatti, non ne ha mai parlato, se non in qualche raro accenno, su richiesta mia, o delle mie sorelle. Sì, perché dentro quella “ corazza” che s’ era costruita mia madre, io, da ragazzina, iniziavo a sentire la voglia crescente di entrarci, di scoprire, di capire… E di quegli anni, sono certa rimpiangesse solo la spensieratezza che dovrebbe essere data a tutti i bambini, non certo gli agi, considerati, da lei, un valore effimero. Mia madre è sempre stata una persona realista, poco espansiva nell’ esternare i suoi sentimenti. L’ esatto contrario di mio padre: passionale, comunicativo, sempre “ fanciullino” nello spirito, facile a perdersi nei suoi sogni, nella sua arte, nelle forti emozioni… Eppure, oggi, nel freddo mondo corazzato di mia madre, che ha sempre lasciato poco spazio ai sogni, ai desideri, alla fantasia, quasi come per una forma di difesa da ciò che può nascondere l’ inganno, la disillusione… riesco a decifrare tutto un universo di sentimenti mai espressi, di sofferenze celate negli angoli più nascosti dell’ anima. Mamma era la secondogenita di tre fratelli: due femmine e un maschio. Quest’ ultimo, il minore della “ nidiata”.
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Era stata mia zia a raccontarci della loro infanzia, costellata proprio di quella stessa magia che caratterizza il mondo delle fiabe… S’ era vicini al Natale, e quel tardo pomeriggio di molti anni fa pareva proprio essere uno di quelli che si prestano agli scenari natalizi: tre famiglie riunite ed i rispettivi figli, ancora fanciullini, tutti attorno alla zia ad ascoltare le storie… le fiabe… Profuso, per tutta la casa, l’ odore dei biscotti appena sfornati… Erano gli anni ’ 60, quelli del lontano dopo- guerra, quando il riassesto dell’ equilibrio economico del Paese aveva iniziato a mostrare, lentamente, i segni di una faticosa ripresa; e la gente avvertiva proprio il bisogno fisico e morale di rifarsi dalle carestie devastanti della guerra.
Il grande abete luccicava accanto al fuoco del camino, corteggiato dalle luci che, a raffica, gli giravano intorno. In lontananza s’ udiva, a tratti, il suono delle ciaramelle. La città era tutto un fermento di vetrine sfavillanti, dove, in quell’ atmosfera magica che precede il Natale, poteva scorgersi dai vetri delle finestre la gente che s’ affrettava con aria festosa per gli acquisti degli ultimi doni. Fu sullo sfondo di quell’ antico scenario che la zia prese a raccontare una storia, di cui io ne conoscevo solo qualche frammentario tratto, udito, per caso, da altri parenti della nostra famiglia. E volle iniziare a raccontarla come la più classica delle fiabe:
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“ C’ era una volta una baronessa di nome Anna Santagati.
Anna Santagati, aveva generato sette femmine le quali erano andate in spose ad uomini facoltosi e benestanti, anche se privi di titoli nobiliari. Da una di queste figlie era nata la vostra nonna che, divenuta giovinetta, sposò un ricco proprietario terriero: vostro nonno. La corona di pertinenza della famiglia Santagati, riportata dalle tradizionali fonti bibliografiche conservate negli archivi di Haraldis, che comprovano la casata di sicura origine nobile, è rappresentata da un cerchio d’ oro, puro, velato, rabescato, brunito ai margini, sostenente otto grosse perle posate sul cerchio. Il blasone e la lettura dell’ arme e nel caso della famiglia Santagati, risulta essere di rosso all’ ancora d’ oro. Gli stemmi, semplici in epoca più antica e con un numero limitato di figure si complicano, in seguito, con ripartizioni e maggiore varietà di figure, colori e ornamenti. Gli abiti della nonna venivano confezionati dalle più prestigiose sartorie di Parigi. Il nonno la riempiva sempre di sfarzosi gioielli. - aveva continuato a raccontare la zia, osservando i nostri visini curiosi e attenti - La terza generazione di discendenza nobiliare alla quale apparteneva la nonna, soprattutto a quell’ epoca, esigeva il rispetto di una certa “ etichetta”, che può risultare anche e per taluni aspetti, una limitazione della libertà. I nonni ci avevano insegnato che noi eravamo solo dei bambini più fortunati rispetto a molti altri; ma i bambini sono anche degli attenti osservatori… e a noi non era sfuggito il loro esempio umanitario nei confronti dei poveri, ai quali veniva dato in abbondanza e con grande generosità d’ animo. Eravamo stati educati, quindi, a considerare tale privilegio un dono per meriti conseguiti dai nostri avi, ma i meriti delle nostre azioni dovevamo imparare a conseguirli personalmente.
Fu questo a renderci forti quando il privilegio di essere nati all’ interno di una situazione sociale privilegiata durò lo spazio di un sogno destinato a restare per sempre fanciullino.
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Lo scoppio della prima guerra mondiale aveva deciso diversamente.
Gli unici gioielli che ancora oggi ci ricordano quei tempi, e che conserviamo sotto un profilo puramente affettivo, sono gli orecchini e l’ anello di diamanti della nonna, insieme all’ orologio d’ oro da taschino del nonno. Ma sarebbe stata ben poca cosa la deturpazione di ciò che è solo materiale ed effimero, se la guerra non avesse deciso di deturpare lo spirito dell’ intera umanità… Vostro nonno si schierò, in prima fila, nel famigerato “ battaglione della morte”… - mormorò la zia, visibilmente turbata… -
Il “ battaglione della morte” non valse a rapire la vita del nonno, ma egli rimase un uomo irrimediabilmente malato nel corpo e nello spirito. Gli orrori della guerra lo avevano reso totalmente invalido anche nell’ organo dell’ udito. Le cure furono permanenti e costosissime. Nulla era tornato ad essere come prima. Vivevamo, oramai, solo di ciò che s’ era potuto salvare dal ricco patrimonio economico ed ereditario. La nonna, che non era avvezza ai lavori di casa, faceva del suo meglio per gestire una realtà del tutto nuova. Fortemente provata anche a causa della malattia del nonno, appariva sempre più vaga e taciturna. Così lo zio, ancora in giovanissima età, s’ era dovuto rimboccare le maniche prendendo le redini di alcuni appezzamenti di terreni, dovendo fare a meno dei tantissimi operai che erano sempre stati, fedelmente, alle dipendenze della nostra famiglia. La vita riprendeva il suo corso… con le sue luci e le sue ombre… Una storia molto triste, quella che vi ho appena raccontato - sospirò la zia -
Dove, il lieto fine, come in ogni fiaba che si rispetti, qui, non vi si scorge neppure nel più lontano orizzonte. Ma l’ amore, finché riusciamo a tenere aperto un tenue spiraglio di speranza, riesce a coltivare i suoi bellissimi fiori anche fra le macerie… Così, dieci piccoli batuffoli azzurri e rosa, uno dopo l’ altro, giunsero nelle nostre vite ad irradiare di nuova luce gli orizzonti infiniti del cuore…
Sono tutti qui, seduti attorno a me ad ascoltare… - concluse la zia, schiarendosi la voce…” -
Dai vetri della finestra, s’ erano diradate le nuvole… e uno spicchio di luna s’ era appena seduto sul cielo a giocare sopra le luminarie della città.
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Riemergo trasognata dalle immagini di quel lontano racconto di mia zia, esploso, quasi senza avvedermene, da uno di quegli sprazzi di memoria dove certi ricordi decidono di restare indelebilmente imprigionati nei più profondi recessi dell’ anima. Avevo undici anni, quando i miei nonni materni spirarono. A breve distanza l’ uno dall’ altra. A questo punto, si fa sentire forte l’ esigenza di porre al mio racconto, tratto dalla storia narrata da mia zia, la testuale citazione evinta dai dati storici riportati dopo gli eventi della prima guerra mondiale. La farò in onore dei combattenti caduti, feriti e invalidi di guerra. E la citerò, ancor prima, che per un senso di dovere, nel bisogno più ardente dell’ anima e nel ricordo ancora vivo di mio nonno: “ L’ 11 novembre del 1918, quando la Germania, ultima degli Imperi Centrali a combattere, firmò l’ armistizio con le forze dell’ Intesa, il numero totale dei morti fu stato stimato in oltre sedici milioni: alle vittime militari (circa 10 milioni di soldati) vanno aggiunte le vittime civili, dovute non solo agli effetti diretti delle operazioni di guerra, ma anche alla carestia e alle malattie causate dalla guerra. La guerra fu nello stesso tempo l’ ultimo conflitto del passato (guerra di trincea e lenta), ma anche il primo grande conflitto in cui si usarono appieno tutti i mezzi moderni, come aeroplani, mezzi corazzati, sommergibili e le armi chimiche, tra cui il gas”.
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- Sei bellissima mamma! - realizzo all’ improvviso davanti alla sua vecchia foto ingiallita che la ritrae qualche tempo dopo la mia nascita. - E lo sei ancora di più, perché hai saputo mantenere questo tuo radioso sorriso, nonostante la vita non ti abbia risparmiato altre ed ulteriori tragedie. Ancora una volta, dietro lo scenario della guerra: quella del 1943.
Quando decise che la tua piccola Lilia, la tua dolce prima bambina, la sorellina che io e le mie sorelle non abbiamo mai conosciuto, se non attraverso le tue furtive lacrime, volasse a giocare con gli angeli in Paradiso. A soli due anni. Per un’ enterite acuta. Difficile da curare fra gli orrori della guerra, benché papà s’ avventurasse di notte, sotto i bombardamenti, in cerca di medici e medicine che potessero valere a salvarle la vita. - Sei bella, mamma… Anche adesso, con tutte le tue rughe… - penso, mentre mi sposto ad osservarla riposare serena sul letto dopo un malore, per fortuna passeggero. -
- Papà ci ha lasciati tutti molto presto... - Ma tu sei ancora qui, con noi. - sto per dirle mentalmente -
E non faccio in tempo a formulare il pensiero che i suoi occhi, già desti, reclamano la sua consueta tisana della sera.