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Parte 10 della raccolta "Racconti da sette minuti " di Silvana Poccioni (11 racconti) Frammenti di storie tra passato e futuro
Mio nonno Sante
Biografie e Diari
Di mio nonno Sante ricordo la figura alta e imponente, da ritratto fine ottocento. I capelli folti, grigi, un po’ ondulati, il naso importante, leggermente aquilino e gli occhi che ti incenerivano. Ma con me era tenero e mi consolò quando fui rimandata a settembre in greco, in quarto ginnasio:
- Cosa è successo? Che c’è da piangere? Tu hai studiato. Non hai nulla da rimproverarti. Non dirmi che nelle tue vene non c'è sangue romagnolo! Pazienza, ti rifarai in seguito, vedrai.- Quando morì conobbi per la prima volta con lui il dolore della perdita di una persona cara. Forse mi resi conto di quanto gli volessi bene solo allora e recuperai e sigillai nel cuore per lui, che non c’era più, tutti i ricordi migliori: il cacciatore meticoloso e infallibile, il capo guardafili venuto da Forlì, che i suoi sottoposti rispettavano e temevano, il nonno col gilet sulla camicia a quadri nella sua casa rossa circondata dal giardino e dalle terre piene di olivi con la vigna giù in fondo. Della sua severità memorabile con i figli ho sempre ascoltato i racconti di mio padre, rabbrividendo a volte per la freddezza con cui li puniva, senza commozione né esitazioni, e relegandoli in una memoria separata, estranea al mio vissuto personale con lui, Così nei miei ricordi è diventato col tempo solo il nonno perduto troppo presto. Durante la veglia funebre rimasi a lungo accanto al feretro, tenendogli stretta una mano nelle mie, illudendomi che così facendo potesse conservare un po’ di calore. Da lui ho imparato a riconoscere in seguito il freddo della morte. E posso sentire ancora oggi, a distanza di quarant’ anni il profumo forte e nauseabondo dei fiori che riempivano la piccola stanza. Non ho mai più amato da allora i gigli e le digitali. I fiori che preferisco sono quelli che non hanno profumi forti. Quando già il cancro gli lasciava meno di un anno di vita - ma lui credo non lo sapesse - veniva spesso in Centrale, a casa nostra, per riposarsi e mangiare qualche pietanza speciale - così diceva - e mia madre lo accoglieva con grande affetto, malgrado da giovane sposa non ne avesse ricevuto molto da lui e tanto meno da mia nonna. D’improvviso arrivava con la sua seicento beige e si tratteneva da noi per un po’, molto meno severo di un tempo, molto più affettuoso di quanto non fosse stato in gioventù. Una domenica andò, come al solito, al convento dei frati cappuccini di S.Nicandro, per la messa delle undici: lui severo ed elegante nel suo doppio petto grigio, mia nonna esile,sul capo il cappellino con la veletta. E' strabiliante l'imprevedibilità della morte,il suo sorprenderci in momenti e luoghi in cui mai avremmo pensato di poterla incontrare. Prima che il frate officiante invitasse l’assemblea alla preghiera del Padre Nostro, mio nonno si alzò in piedi, fermo e ben piantato sulle lunghe gambe, poi cominciò a recitarne a voce alta i primi versetti, e la sua voce si sentì alta e nitida nel silenzio della grande navata:".... venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà...". Furono le sue ultime parole. Credo sia morto allora, anche se spirò dopo quattro lunghi giorni di coma.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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bella e di lettura piacevole (Azar Rudif)
Silvana Poccioni ha pubblicato in:
Festa delle Donne 2010 Autori Vari Poesie per la Festa delle Donne.
Il lato femminile della poesia