Ancora non andavo a scuola, alla metà di quei poveri anni Cinquanta, quando i miei genitori, portandomi a fare una passeggiata nel centro della mia cittadina, mi indicarono un asilo infantile gestito da suore, e mi chiesero se mi avesse fatto piacere frequentarlo.
"A co- a sì, a si- o no! ", risposi, più o meno.
Avevo forse già intravisto le sagome austere di quelle suore così stranamente vestite e incappucciate, e immaginato il timore che potevano ispirare a un bambino piccolo e sensibile.
A dieci anni di età (forse per farmi togliere subito il pensiero), mio padre e mia madre decisero di farmi fare contemporaneamente la prima comunione e la cresima: trascorsi tristi pomeriggi ad ascoltare, in parrocchia, le lezioni di un prete arcigno e represso, e, in un locale apposito, quelle di una signora falsamente mielosa.
Credevo per filo e per segno a ciò che mi veniva detto, ma la mia intelligenza razionale doveva essere all'opera se, non molto tempo dopo, cominciai a dubitare della serietà di tante affermazioni, soprattutto di quelle che venivano commentate con la formula:"Mistero della fede" ...
A diciotto anni feci, insieme a tutti gli studenti della scuola superiore che allora frequentavo, la mia ultima comunione. Mi trovai al cospetto di un confessore vecchissimo (avrà avuto ottant'anni, ma i miei giovani occhi ne percepivano un centinaio) . Mi chiese quali erano i miei peccati, ed io dovetti sforzarmi alquanto per cercare di trovare qualche lievissima mancanza a quelli che erano i precetti dei dieci comandamenti. Ricordo ancora la sua faccia delusa e la sbrigatività con la quale mi congedò. Forse, per piacergli, avrei dovuto confessare almeno un furto, l'aggressione a qualche compagno, o di aver messo incinta una ragazza...
(Riflettei parecchio, in seguito, su quell'episodio, e giunsi alla conclusione che i più adatti a frequentare le chiese sono i grandi peccatori, sia tra i fedeli che tra gli ecclesiastici - e Alessandro Manzoni, ad esempio, l'aveva capito bene, ideando tanti personaggi tormentati per i suoi "Promessi sposi" -, perché essi hanno lo scopo del perdono da ottenere o delle colpe da espiare. Senza i grandi crimini, del resto, la Bibbia non avrebbe molti motivi di esistere, e appare come un libro quasi inutile alle persone abituate, per natura e per educazione, a comportarsi bene, o quasi.)
Da allora ho limitato i rapporti con la Chiesa ai casi strettamente indispensabili, e ho fatto mie le parole di Voltaire, soprattutto queste (non esenti dalla sua solita leggera ironia):
"Se un uomo vuole convertire alla sua religione degli stranieri o dei compatrioti, non deve forse convincerli con la più insinuante dolcezza e la più allettante moderazione? Se comincia a dire che ciò che annuncia è chiaramente dimostrato troverà una folla di increduli; se osa dire che essi respingono la sua dottrina solo perché condanna le loro passioni, e perché il loro cuore ha corrotto la loro mente e perciò hanno una ragione falsa e orgogliosa, li muove a ribellione, li anima contro di sé e così abbatte egli stesso quel che vuol costruire.
Se la religione che annuncia è vera, il furore e l'insolenza la renderanno forse più vera? V'incollerite quando insegnate che bisogna essere miti, pazienti, benefici, giusti e adempiere tutti i doveri verso il prossimo? No, perché tutti sono del vostro parere. Perché allora coprite d'insulti il vostro fratello quando gli predicate una metafisica misteriosa? Perché il suo buon senso irrita il vostro amor proprio. Voi avete l'orgogliosa smania d'esigere che il vostro fratello sottometta la sua intelligenza alla vostra; l'orgoglio umiliato provoca la collera, la quale non ha altra origine. Un uomo che in guerra viene colpito da venti colpi di fucile, non va in collera. Ma un teologo ferito dal rifiuto di un assenso, diventa furioso e implacabile.
Dopo la nostra santa religione, che è indubbiamente la sola buona, quale sarebbe la meno cattiva?
Non sarebbe forse la più semplice? Non sarebbe quella che insegnasse molta morale e pochissimi dogmi? che tendesse a rendere giusti gli uomini, senza renderli assurdi? che non ordinasse di credere a cose impossibili, contraddittorie, ingiuriose per la Divinità e dannose al genere umano, e non osa minacciare pene eterne a chi si attenesse al senso comune? (...) e insegnasse solo l'adorazione di un Dio, la giustizia, la tolleranza e l'umanità? "
("Questione settima" e parte della "Questione quinta" della voce "Religione" del "Dizionario filosofico", ed. Garzanti, 1981, traduzione dal francese di Massimo Binazzi) .
Forse Giovanni XXIII, forse don Gallo, forse un sacerdote della mia cittadina che fu mio collega a scuola condividevano il pensiero di Voltaire, ma erano mosche bianche, mentre tali persone (tali santi?) dovrebbero essere mosche nere.