Da ragazzino ero molto tifoso della squadra di calcio del "Milan": fui assai contento quando, nel 1963, riuscì a superare, allo stadio di Wembley, a Londra, i campioni portoghesi del "Benfica" (che avevano nella loro squadra, tra gli altri giocatori, un grandissimo asso come il mozambicano Eusé bio), aggiudicandosi così la "Coppa dei Campioni" .
Ma perché poi, sei anni dopo, all'Università scelsi di studiare anche il portoghese? Forse, se il "Milan" non avesse giocato quella partita, non mi sarebbe mai venuto il desiderio di occuparmi del mondo di quei perdenti, non sarebbe mai penetrato in me quel dolce "veleno" (che allora, a dodici anni di età, si limitava a creare improbabili nomi di inesistenti giocatori di calcio portoghesi e brasiliani, e che poi, col tempo, si trasformò in un sincero interesse per la lingua, la letteratura, la musica e il modo di vivere di quei popoli) .
La Germania, sconfitta nella Prima guerra mondiale e umiliata da un iniquo trattato di pace, cercò di prendersi la rivincita con lo stesso mezzo (le armi), ma fu di nuovo, e ancor più pesantemente, sconfitta. Capì che esistono anche altri strumenti utili per prevalere, e dal secondo dopoguerra è diventata la nazione europea economicamente più potente, regalandoci infine anche il marco, camuffato da euro.
Se gli antichi Romani non avessero avuto l'idea di andare ad occupare la Palestina, probabilmente la religione ebraica, travestita da Cristianesimo (ma deprivata delle sue più profonde verità, come l'inesistenza di una vita ultraterrena, e dei suoi saggi consigli pratici, come quelli alimentari e medici), non avrebbe mai attecchito in Europa. (Chissà, tra un centinaio d'anni, se le continue guerre "di pace" degli Americani in Medio Oriente avranno l'effetto di convertire a un Islam opportunamente riveduto e corretto la maggior parte della popolazione del Nuovo continente?)
E, quando usciamo sconfitti da una battaglia d'amore, non iniettiamo anche noi nella persona che si crede vincitrice un sottile veleno, capace di farci ricordare da lei quando noi l'abbiamo ormai dimenticata, di farle assumere degli atteggiamenti e dei pensieri che ci erano tipici?
Quando crediamo di vincere, ingeriamo sempre un po' di veleno che, se preso a piccole dosi, non può che farci del bene, avvicinandoci al mondo degli sconfitti, alle loro ragioni cui prima forse non avevamo mai pensato o attribuito importanza.