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Tanto piango sul tuo frale sorriso,
o fanciulla deliziosa e venerea,
or che invano vò giacendo conquiso
dalla tua sembianza nobile, eterea
che in un superno istante m'innamorò;
cosicché erro ancora nell'amarezza
d'un sogno... fors'anche d'un'illusione,
o d'un Fato che repente mi sprezza
e sempre m'uccide in quella tenzone
che già nel dì primiero d'Amor sonò.
Ma in questo vagar, te... solo te miro
dianzi all'iride ch'ha perduto il lume
lungo la vanità d'ogni sospiro...
lungo la terrea scogliera d'un fiume
ch'ognor nell'acque commosse m'annegò.
Allora tra l'affanno e lo stupore
d'un piacer fuggente nel vago aspetto
dell'uom ferito a morte dal dolore,
gemente giaccio sur d'un crudo letto
donde s'accrescono i sogni maliardi,
e le bugiarde larve d'un rimorso...
d'un pensier che volgesi ai dì beffardi
ne' quali un cieco... silente ricorso
dal cor mio all'amata leggero parlò.
Non avrò così pace, né riposo;
e consumerò forse questa Vita
invano riflettendo tenebroso
su quell'onirica ombra che m'invita
laddove l'ira del Destino piombò
a donarmi il premio dell'uom deluso:
essere eternamente solitario...
essere necessariamente illuso
nell'ermo delle rocce d'un Calvario
che alla vanitosa speme mi legò
poiché una brillante... fulgente Croce
giammai ascoltò quella mia onesta voce
che tanto ligia e devota Iddio pregò. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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