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Tepido e vago raggio
di sorridente Luna
che d'un cor il retaggio
inviti alla tua cuna,
ascoltami!... Deliro
all'argentea tua immago
che riflette il sospiro
d'un sentir giammai pago...
d'un impossibile Amor.
Tra i bei nembi sboccianti
or ti veggo; e ti prego
perché i tuoi strali amanti
già possano il diniego
senza pietà soffocar
di colei che lontana
la mia giammai volle amar
anima antelucana
ch'or si torce nel dolor.
Ahimè!... Tutto è vanità,
tu più del resto, o face
che in siffatta immensità
già rapisci mendace
questi sognanti sensi
che felici e gagliardi
pur illudon intensi
con accenti bugiardi
il piangente e mesto cor.
Svanisci, o Luna; o almeno
luccicando rischiara
la mente dal veleno
che la parvenza amara...
il dubitar, l'inganno
sì spietata conquide
a me scagliando il vanno
d'un albo stral che irride
la cognizione e l'onor;
oppur unisci il pianto...
la lagrima fasulla
al duol del cor affranto
che teco si trastulla
in un pallido mador
perché io possa sclamare
che meco qualcun piange...
che un astro mi sa amare
allorché dolce infrange
la Natura dell'Amor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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