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Sublime è il calle lavato dal mare
che placido e silente lo circonda,
sicché nemmanco le spiagge preclare
colpite sono dalla furente onda.
Di gelo tinto ognor si palesa il ciel,
che dunque parla e di vita e di morte,
qual dolce, soffice ma ruvido vel
da Iddio creato, ma servo della sorte.
Mai risplende il sole. Mai l'alba luna.
Eppure il sorriso regna de'spirti
ch'ivi hanno una sovrumana cuna,
sotto l'ombra delle rose, de'mirti
e dall'altre fronde bramate da Iddio.
Pria delle gotiche e possenti mura,
celere corre un sublime e stretto rio,
impetuoso specchio della Natura.
Mute e eteree alme colle lor balestre
il loco preservano dall'Inferno.
Ascoste ciglia dall'alte finestre
avvertono le mosse dello scherno.
Gettan l'ancora fantasime navi,
tristo e orrido murmure suscitando.
Sbarcan uomini senza oro né schiavi,
il Signore Onnipossente elogiando.
Dopo vasti corridoi spogli, muti
e creati con povera pietra grezza,
sta una porta dai segni mai veduti
che recordan il dì e la notte mezza.
Essa conduce alla stanza regale
ove dell'Anglia sta il saggio sovrano,
che memore del momento mortale,
di riedere spera non più invano.
Eppure il male non puote morire
pria del gran giorno dell'ira celeste:
un sapiente uomo lo puote ferire,
placare e calmar con gesta funeste,
ma non ucciderlo pell'eternità.
Allora il malvagio appena ferito
lo colpirà con terribile viltà.
Così riederà nuovo, un vecchio mito. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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