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«Come già evidenziato da una commentatrice, non fu un fatto eccezionale la visita di quella gatta che mi portò (io voglio continuare a credere che lo fece per riconoscenza) la sua preda fino all'uscio di casa. Il medico milanese Giovanni Rajberti (1805 - 1861), nel suo libretto "Sul gatto", del 1845, scriveva: "La sua caccia perde il carattere di passatempo per assumere dignità di grave e pericolosa guerra. Molte volte il gatto si piglia trastullo a lungo del topo, e vuole (...) che 'senta di morire' . Perciò, dopo la prima scrollatina, lo lascia correre alquanto, dandogli con raffinata crudeltà una momentanea speranza di scampo: e poi l'addenta, e poi gli lascia fare un'altra corsetta, sempre collocandosi strategicamente tra lui e il buco di ritirata. Spesse volte il topo è già morto, ch'egli lo scuote colla zampa e lo incoraggia a fare ancora un po' di moto. Allora se lo piglia fra' denti, e lo porta in famiglia, ed è capace di saltarvi sul letto o sulla tavola, per mostrarvi la sua preda e riceverne le congratulazioni. Insomma, rassomiglia nella vanità a quasi tutti i cacciatori che inchiodano il falco sulla porta di casa, che mostrano a tutti il loro carniere, e hanno un aneddoto particolare per ogni uccello che vi è dentro: che raccontano mille e una volta quelle loro tali famosissime imprese" (ed. Meravigli, Vimercate, 1987, pagine 71 e 72) .» |
Inserita il 03/07/2015 |
Riconoscenza non ne mostra il gatto,
dicono; chi portò fin sulla soglia
di casa un ben grosso e grigio ratto,
a me che non ne avevo alcuna voglia?
Pensava forse fossi come lui,
gli stessi avessi gusti alimentari,
e che affrontassi i miei momenti bui
cibandomi di luridi animali!
Così talvolta la riconoscenza
segue strade che non sono consuete,
e se si guarda solo l’apparenza
s’incolpano le azioni più desuete. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Parecchi anni fa una gatta randagia, cui davo talvolta da mangiare, volle manifestarmi la sua gratitudine mostrandomi un topo che aveva catturato e ucciso, per me!» |
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