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I pompelmi rosa

Amore

Abitava vicino al mare in una casetta di paglia una ragazza bellissima.

Viveva vendendo i pompelmi: li prendeva dai pescatori che facevano scalo in isole più verdi e rinfrescava così l’arsura dei suoi conterranei.

La ragazza non aveva parenti, non aveva amici e non conosceva nessuno. E nessuno conosceva lei: la sua vita erano i pompelmi, gialli e sugosi, che vendeva sulla via che portava dal mare al paese. Si metteva sul bordo della strada, con l’enorme cesta carica di frutti ai suoi piedi e volgeva lo sguardo ora a destra, ora a sinistra, a guardare le due larghe curve oltre le quali c’era il mondo, un mondo che lei non conosceva e che non le apparteneva.

Così aveva trascorso tutta la sua vita, e così pensava che sarebbe continuata per sempre.

La gente arrivava, spuntando da una curva, si fermava a comprare uno o due pompelmi, si dissetava e riprendeva il cammino, scomparendo oltre la curva opposta.

Ma un giorno successe qualcosa.

Era un giorno particolarmente caldo e arido. Il sole pareva voler seccare la terra intera, ma i pompelmi nella cesta erano belli, sugosi e freschissimi.

La ragazza sedeva al posto di sempre, ma si sentiva inquieta, tormentata e non sapeva perché.

Ad un tratto dalla curva di destra spuntò qualcuno, qualcuno che camminava in modo così diverso dagli altri, che la ragazza non poté distogliere lo sguardo. Lo seguì finché non le fu di fronte.

E solo quando egli si fermò, la ragazza realizzò che in vita sua non aveva mai veduto nessuno di simile a quell’uomo così bruciato dal sole, così inaridito dalle sferzate del vento, così appassionante, così caro.

L’uomo prese un pompelmo dalla cesta, il più giallo, il più sugoso, il più splendido.

Lentamente lo sbucciò, lentamente lo mangiò, spicchio dopo spicchio, sempre stando in piedi di fronte alla ragazza, che non riusciva più a staccargli gli occhi di dosso. Anche lui la guardava sempre più intensamente e lei si sentiva sempre più inquieta.

Poi l’uomo, senza dire una parola, si allontanò e sparì dietro la curva.

Lei rimase immobile per ore. E non pensò più ad altro.

Il giorno dopo l’attese. E alla stessa ora lo vide sbucare dalla curva. Il cuore della ragazza prese a battere all’impazzata e lei pensava che sarebbe scoppiato. L’uomo le arrivò di fronte, la guardò con tanta intensità che la ragazza pensò “Ora muoio”. Poi si chinò, scelse un pompelmo dalla cesta e lo mangiò con la stessa lentezza del giorno prima.

Infine, come il giorno prima, sparì oltre la curva.

Per sette giorni fece lo stesso. E per sette volte la ragazza si sentì morire.

L’ottavo giorno l’uomo arrivò molto più tardi del solito, quando già lei era più disperata che mai. E mentre mangiava con la solita calda lentezza il pompelmo, le si avvicinò di più e le diede uno spicchio carico di succo, che lei assaporò voluttuosamente. Le pareva di non aver mai assaggiato niente di più buono, perché le sembrò che quello che stava mangiando era un po’ del corpo di quell’uomo che era ormai parte di lei. Egli le si accostò ancora di più e la ragazza poté sentirne l’odore, così unico, così suo e inconfondibile.

E un’altra volta pensò “Ora muoio”.

Infine l’uomo si allontanò e sparì dietro la curva.

L’indomani la ragazza lo attese invano. La curva rimase deserta.

Anche il giorno dopo lui non venne, e neanche quello che seguì.

La ragazza lo attendeva con ansia, giorno dopo giorno.

Ma lui non tornava mai. Lei non si rassegnava, perché ricordava il suo incedere lento nel sole, il suo calmo sbucciare il pompelmo, il modo così unico che aveva di assaporare gli spicchi sugosi.

Ricordava il suo sguardo che la penetrava con forza e che le faceva pensare “Ora muoio”.
E ricordava il suo odore, che l’aveva fatta morire.

Ma l’uomo non tornò e la ragazza lo attese. Lo attese finché non fu più una ragazza, ma una donna. Lo attese finché i bimbi che le rubavano i pompelmi, mentre lei faceva finta di non vedere, non furono grandi. Lo attese fino allo spasimo.

Poi, un giorno, mentre il sole batteva più caldo che mai e pareva voler inaridire la terra, la donna si alzò dal suo posto, prese la cesta dei pompelmi e sparì dietro la curva. Nessuno la vide più per molto tempo, fino a quando i pescatori scesero alla casetta in riva al mare, la casetta con il tetto di paglia.

La chiamarono, ma lei non rispose.

Allora entrarono e la videro. Giaceva senza vita sul pavimento di terra battuta, circondata da centinaia di pompelmi. La sua linfa vitale era penetrata in quei frutti succosi, donando loro una lieve colorazione rosata, a perpetua memoria di quel grande, impossibile amore.


Simona Capodanno 14/09/2010 20:07 923

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Fin da bambina ho sempre trovato affascinante il colore dei pompelmi rosa, soprattutto rispetto a quelli gialli. Alla fine ho cercato di trovare una ragione a questa colorazione tanto bella, e mi è venuta in mente questa storia che dà alla colorazione un connotato sentimentale. Ecco la genesi di questo racconto.»

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una storia apprezzata, anche se drammatica.. (Sanzi E)
non perché una storia drammatica non possa essere un capolavoro, anzi spesso... mi sono espressa male nel messaggio prima... chiedo perdono. Volevo solo dire che mi ha colpito molto la drammaticità di questa storia. E' un bel racconto (Sanzi E)




Simona Capodanno ha pubblicato in:

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