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Lida

Sociale e Cronaca

Ah, Lida, che dolore mi hai dato! Te ne sei andata alla chetichella in una notte muta come i tuoi ultimi giorni, trascorsi a respirare appena, solo con un impercettibile affanno, abbandonata nel letto della cameretta, con la foto di tuo figlio alle spalle, che sorride orgoglioso all’obiettivo di una reflex, mentre sorregge un luccio “grande così”.
Sapevo che non ti avrei rivista, ma il martedì seguente, quando arrivai alla Casa di Riposo, m’illusi di intravedere ancora il tuo profilo ossuto ripiegato su se stesso, golfino rosso e sguardo azzurro perso nella nebbia, stagliarsi in contro luce di fronte alla vetrata.
“Se n’è andata due giorni orsono” Mi alita alle spalle, professionale e asettica, la caposala, svolazzando verso la cucina trascinando con sé l’ennesimo strappo ai miei sentimenti: taglio netto, preciso e lancinante da chirurgo.
Sono in collera con te, Lida, per aver aperto una falla nel mio cuore corazzato, lasciandomi qui da sola a riparare i danni con un rammendo approssimativo, pronto a sfilacciarsi alla prima occasione. Così mi ritrovo a scriverti quest’improbabile lettera, che non saresti stata in grado di leggere nemmeno quando te ne stavi seduta da sola, rivolta verso la luce, come nella attesa della giusta inquadratura, pronta a cogliere l’ennesimo click di un diaframma che si chiude, restituendoti il passato di fotografa nella grande città dei Navigli.
Spesso chiamavi la mamma, ad intervalli regolari, o scagliavi grovigli di suoni disarticolati contro chiunque tentasse di avvicinarsi; forse eri nell’attesa di qualcosa o qualcuno che venisse a disintegrare quella bolla trasparente che ti teneva prigioniera, per riconsegnarti ricordi e affetti di cui eri stata derubata e non volevi testimoni. Te ne stavi sempre lì immobile, spesso legata con una “cintura di sicurezza” per impedirti di farti del male, mentre la tua memoria scivolava via, trasformandoti in una magnifica conchiglia abbandonata sulla sabbia, che la demenza senile, inesorabile e corrosiva come l’acqua del mare, non aveva tuttavia intaccato minimamente.
Mi ero accorta di te la prima volta un umido gennaio, neo volontaria alla Struttura Protetta della Casa di Riposo, stravagante sottotitolo per indicare il reparto dei nonni non autosufficienti e di quelli che la malattia trasforma in buffe macchiette, con le quali ci si può solo imbarcare in un dialogo strampalato e illogico alla Ionesco. Universo parallelo, come in un film di fantascienza, premio concesso a molti fortunati, i quali vivranno gli ultimi anni al sicuro, “protetti” dal dolore per la perdita del compagno, dal rammarico verso i figli che devono vivere la loro vita, dalla rassegnazione verso la propria inutilità, che rende ormai incapaci di accudire perfino se stessi.
Ricordi? Allora camminavi ancora, o meglio: ti muovevi a scatti, quasi saltellando di traverso come un granchio ogni volta che fuggivi lungo i corridoi all’approssimarsi dell’ora di cena. Quella volta fui io a venirti a riprendere, avvicinandomi adagio mentre allungavo lentamente il palmo aperto della mano, come si fa con un animale spaventato per vincerne la diffidenza. Quando il tuo sguardo terrorizzato finì di vagare qua e là in cerca di una via di fuga, finalmente i tuoi occhi m’inquadrarono: il contatto era stabilito.
“Sei bella, vestita di rosso con i capelli d’argento”.
“Sì” Bisbigliasti più a te stessa che a me e, rientrando nel salone tenendoti per mano, mi illusi presuntuosamente di averti domata.
Fu quando ti ritrovasti seduta e attrezzata di bavaglio, legato al collo davanti alla tavola apparecchiata, che compresi la tua indomita natura, assistendo alla prima di una lunga serie di battaglie con il personale di servizio.
La scena si ripeteva sempre identica: Play–Stop–Rewind–Stop–Replay.
“AAAhhh!” Così traducevi il tuo rifiuto del cibo, mentre una cucchiaiata dopo l’altra di minestrone sopraggiungeva inesorabile, costringendoti a deglutire o soffocare, sfruttando l’attimo in cui ti distraevi per riprendere fiato. Alla fine ti arrendevi e la frutta cotta scendeva trionfante a sancire una tregua di breve durata.
Da quel giorno presi l’abitudine di osservarti da lontano, poiché a noi principianti erano affidati solo i nonni più tranquilli; così, mentre la mia Rosa masticava mite il suo boccone, ti incoraggiavo con un “Brava Lida!” per ogni forchettata masticata ed ingoiata senza divincolarti sulla sedia.
Poi incominciasti ad accettare con un sorriso il bacio che ti davo in premio ogni volta che il tuo pasto terminava senza decorare di riso, prosciutto cotto e carote lessate la tovaglia plastificata a quadretti bianchi e verdi.
Fu subito dopo uno di questi dialoghi fatti di sguardi e contatto fisico più che di parole che, cercando tu per prima la mia mano, sussurrasti, proprio a me questa volta, “Sei bella” e, contemporaneamente, mi sembrò di cogliere un lampo malizioso nei tuoi occhi: “Hai visto come sono abile nel prendermi gioco di tutti? Per favore, non tradirmi, altrimenti addio divertimento!”
Mi piace pensare che negli ultimi tempi tu mi vedessi realmente e riconoscessi la mia voce, perché quando entravo nel salone salutando tutti, ti voltavi e il tuo sguardo mi si incollava addosso, fino a quando riuscivi a calamitarmi accanto alla sedia a rotelle cui eri stata definitivamente inchiodata. L’ultima volta, baciandoti all’improvviso, riuscii a strapparti un sorriso divertito.
“Sì!” Pronunciasti soddisfatta, come concludendo una conversazione cui solo tu avevi partecipato, ma io interpretai quel monosillabo come la conferma che a volte è possibile, anche se per poco, aprire un varco tra i due universi e ora, mentre me ne sto qui a scriverti prima di uscire e raggiungere la Struttura Protetta mi sembra di sentire la tua voce, finalmente chiara e comprensibile, Play–Stop–Rewind–Stop–Replay:“Non abbandonarci, non abbandonarci, non abban…..”


Nemesis 08/09/2010 23:56 5 1379

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Lida teneva sempre sul comodino una foto che la ritraeva con i suoi "ferri del mestiere": macchina fotografica e teleobiettivo, che furono suoi inseparabili compagni di vita e di professione, dedicate a documentare il mondo.»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«Purtroppo è storia che coinvolge parecchie famiglie in cui ci sono anziani malati. Questo racconto mi ha particolarmente coinvolto, forse perché di anziani ho avuto occasione di accudirne tanti e a lungo. Praticamente quelli che mi erano cari e che ho visto morire di una brutta morte, di quelle lunghissime che durano mesi a volte anche anni. Una storia che mi ha messo i brividi e commosso alle lacrime.»
Vivì

«un ritratto fotografico, denso di dettagli e di particolari interessanti.
la vita di una donna... la storia di una vita.
complimenti, un racconto molto bello.»
Salvatore Ferranti

«Meraviglioso spaccato d'una realtà così vicina eppur così lontana se non la si vive in prima persona. Un racconto scorrevole nella sua disarmante denuncia. Complimenti sinceri. E' una vera perla!»
Giomiri

«Un racconto davvero commovente che si sofferma sull'amara situazione di persone degenti, difficili da seguire ed amare, ma che con piccoli gesti e sguardi, riescono a trasmettere quella grande parte di loro, che riservano a pochi meritevoli.
Racconto molto gradito e tanto apprezzato»
Silvia De Angelis

«Che splendida descrizione di una fase di vita in cui, probabilmente, la paura di lasciare questo mondo non c'è più e ci si sente più forti, oltre ogni limite. Il rifiuto del cibo ne è la prova, perché nulla più si desidera, se non andare verso una nuova luce che attira l'ombra della vita che si sta spegnendo, offrendo un nuovo passaggio. E' così che vedo gli anziani che attendono il loro trapasso... è ciò che ho capito osservando mia madre negli ultimi mesi della sua vita. E' un grande racconto che mi ha emozionato oltre ogni aspettativa e la capacità descrittiva dell'autrice è formidabile.»
Dalassa

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Libro di poesieSe tu mi dimentichi
Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2011, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori

Pagine: 208 - € 11
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686214


Libro di poesieTu che mi ascolti
Autori Vari
Le poesie che hanno partecipato al Premio di Poesia Scrivere 2010, con tutte le opere partecipanti ed i vincitori

Pagine: 240 - € 12
Anno: 2012 - ISBN: 9781471686108


Libro di poesieCristalli nel vento
Autrici del sito Scrivere
Una raccolta di poesie è talvolta cosa stucchevole se non sorretta da un’idea che dia coerenza a un “canovaccio”, una sorta di filo di Arianna che conduca il lettore alla scoperta di un significato d’assieme. In verità un’idea in questa pubblicazione c’è ed è “forte”: sedici poetesse, dotate di spiccato lirismo e felicemente ispirate, cantano la vita attraverso le sfaccettature di uno smeriglio di cristallo. Cristalli nel vento, è l’opportuno titolo dell’opera, e son davvero puri petali di cristallo queste liriche, petali da strappare uno per uno.

Pagine: 182 - € 10.00
Anno: 2010 - ISBN: 978-88-95160-26-9


Libro di poesieFesta delle Donne 2010
Autori Vari
Poesie per la Festa delle Donne. Il lato femminile della poesia

Pagine: 107 - Anno: 2010


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Nemesis
 I suoi 5 racconti

Il primo racconto pubblicato:
 
La vecchia balia (24/08/2010)

L'ultimo racconto pubblicato:
 
L'addio dei pastori (06/01/2011)

Il racconto più letto:
 
La maestra Delfina (26/08/2010, 3521 letture)


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