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Francesca

Spiritualità
Quando Francesca si accorse che il mondo era tanto diverso da come Lei se lo era immaginato da piccola, scoppiò come scoppiano i vulcani quando sotto pressione della lava aprono la pancia. Solo che Lei, non aprì la pancia, ma fece scorrere sul viso la cascata di lacrime che da tempo arginava con gli occhi chiusi. Si sentiva smarrita, vedeva gli uomini come gli animali, si, qualche animale le piaceva, ma questo non le bastava. Andava sempre ad arrovellarsi tra gli intrecciati meccanismi di quel mondo che sepolto in sé muoveva file di sentimenti, facendo presa sulla parte fragile di Lei, non mollando la colla che lega. Alcune volte, pensava che non valesse la pena di vivere tra tanti animali, e pregava qualcuno non definendolo, che la chiamasse a nuova vita, oltre il cielo. Pensava che solo in quel luogo, avrebbe trovato uomini dalla spiritualità evoluta e che gli avrebbero insegnata a vedere oltre l'appartenenza umana, oltre la materia, oltre, dove il pensiero limitato degli uomini animali non arriva. Era una pura, e come tutte le pure, non avrebbe mai ceduto di un solo millimetro la Sua anima mescolandola con la carne di alcun altro essere, se non fosse stato puro di spirito sia nel dolore, che nella gioia. Intanto, quando pensava ciò, gli veniva un nodo alla gola, si sentiva smarrita nel vuoto, cercava con tutta se stessa l'oro nelle buie miniere, si aggrappava alla conoscenza, alla cultura, e sfogliava libri dalla mattina alla sera nella biblioteca comunale, libri che come liane la teneva per mano, evitando che precipitasse nel vuoto di se stessa. A tarda sera poi, stanca con mille e più lettere che rimbombavano, e con vocali che cadevano dalla testa, tornava a casa sconfortata per non aver appreso nell'anima alcuna cosa, tranne quelle nozioni che sono pensieri degli altri, quindi farina già mangiata o divorata. Si cucinava un fugace pasto a base di insalatine varia, e poi, si accovacciava sul pavimento della terrazza di casa Sua e contemplava il cielo con i suoi brillanti di ghiaccio, contemplava quelle stelle che nessuno può prenderle per mettersele al collo. Sognava spesso mondi diversi con cieli di colore rosa, anime in festa in tripudi d'amore, sognava la vetta spirituale, ma non conosceva la strada , né l'inizio del percorso. Le era negata la fonte, l'evoluzione, anche se sapeva che dentro di sé, c'era seme e fame di conoscenza non materiale.
Il luogo di nascita e la storia familiare le avevano precluso di innalzarsi. Viveva in realtà nel sottobosco della vita e mai avrebbe visto alberi dai fusti grandi, toccare il cielo. Si rammaricava di questo, anche perché sapeva, sapeva che mai nessun essere spirituale l'avrebbe abbracciata e condotta alla vista di quella città che sepolta in lei, splendeva di luce diversa.
Da sola non ci sarebbe mai arrivata, quindi Francesca non era né carne, né pesce, stava fuori da entrambi i mondi, e per quando fatica ci metteva per raggiungere da sola l'oasi spirituale, mai, vedeva le guglie d'orate della città del tutto avvolta nel nulla. Voleva, voleva sfuggire alla miseria della vita, agli stenti e alle leggerezze, ma ne rimaneva dentro più che mai, più non voleva e più la sabbia del nulla la inghiottiva.
Un giorno di un freddo autunno, smise di cercare, andò nel bosco a correre senza chiedersi nulla, anche questo sapeva che era difficile, ma ci provò, corse, corse... senza direzione alcuna, infine per stanchezza crollò, cadde su di un prato bagnato di rugiada, urtò con la testa su di un tronco di legno, svenne...poi, cominciò a ricordare la sua ricerca, comprese che non portava a nulla se non all'accettazione del dolore di essere nata, e mentre i pensieri rincorrevano altri pensieri, le apparse una luce, una luce che brillava più delle stelle, la stessa, gli aprì il cuore e gli soffiò dentro amore. Gli fece capire e comprendere che la vita a volte è un gioco crudele, ma che è sempre e solo un gioco, dove vivere non significa ricerca dell'assoluto, ma significa semplicemente osservare, per raccontare poi un giorno al padrone dei sogni, il sogno stesso vissuto, le mille peripezie della Sua vita, quelle peripezie che come coriandoli sparsi nel cielo, cadono nel nulla, dove tutto si compie malgrado il nostro volere.
Si alzò dalla bagnata terra a sera inoltrata, stanca depose il pensiero spirituale lontano dal suo essere, pianse, e tra lacrime e dolore provò una pace allegra, poi tutto si spense. Si ritrovò rapita dal Suo stesso spirito sulla cima del monte più alto ad osservare il mondo come si osserva un formicaio, e si disse,:" Formiche siamo nulla di più, formiche che vanno e che vengono dalla tana, formiche che solo se stanno insieme creano un solo unico corpo, corpo che non ha tempo e non si chiede a quale organo del cielo appartiene." Questo la fece sorridere, paragonò le formiche agli uomini e qualcosa accaddè in Lei, ma questo non è dovuto saperlo, poi piangendo toccò altri cieli e altre stelle, stelle che come formiche brulicavano nel cielo senza chiedersi della loro luce, erano le Pleiadi.
" E' tramontata la luna e le Pleiadi,"
è mezzanotte,
il tempo passa ed io,
io dormo sola (Saffo)

Pasqui 09/07/2011 13:03 1030

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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