Erano passati mesi da quando i due si erano conosciuti in una chat-line. Da lì mail, telefonate sempre più frequenti ma mai l’occasione di incontrarsi,
vedersi vis a vis.
Una mattina mentre lei si accingeva ad uscire
il telefonino vibrò, vide chi era a scriverle e sorrise nell'aprire quel messaggio che solitamente le augurava
il buongiorno, lesse ed improvvisamente cambiò espressione mentre un fremito percorreva il suo corpo, solo una breve e laconica frase:
"Sono nella tua città, ti aspetto nel mio albergo".
Scosse il capo a cercare di riprendere controllo di sé,
le ci volle qualche decina di minuti per combattere
con l'emozione che l'avvolgeva.
Aveva il cuore in gola e le tremavano i polsi ma con decisione si preparò per quell'inaspettato incontro.
Panico. Emozione. Apnea. Batticuore.
In un certo senso intuiva cosa la stava aspettando
ed allo stesso tempo non sapeva cosa aspettarsi.
Aveva tutto il tempo per prepararsi con cura.
Il suo sguardo nello specchio, gli occhi dilatati quasi liquidi, il timore di non essere abbastanza... abbastanza bella, abbastanza piacevole, abbastanza... sorrise... sarebbe stata se stessa in tutto e per tutto!
Si concesse una doccia infinita, si cosparse di essenze profumate, la pelle bollente mentre si sfiorava.
Si truccò con cura, indossò il suo profumo ed un abito semplice con le spalline, leggermente svasato, sandali con un modesto tacco, capelli sciolti. Era pronta.
Era oramai primo pomeriggio, quando giunse all'albergo di lui.
Respirò profondamente prima di varcarne la soglia.
Arrivata alla reception con una padronanza che era solo apparente chiese al portiere del signor V ... la risposta arrivò immediata: " Il signore ha avvisato del suo arrivo, e mi ha pregato di farla salire, suite Vivaldi, terzo piano".
La sicurezza era solo apparente: camminava come una regina ma senza fiato, i sensi tutti all'erta, guardandosi intorno, le piaceva tutto quel lusso!
Era in preda a sensazioni contrastanti: spavento
ed eccitazione.
Entrò in ascensore, si guardò nello specchio mentre
le mani tremavano e il ventre vibrava.
Arrivò di fronte alla stanza trovando la porta socchiusa, con un filo di voce sussurrò un "permesso", varcando la soglia e richiudendo la porta alle sue spalle, all'interno trovò luce soffusa e tende chiuse.
Tutto silenzio, il salotto vuoto. L'emozione allo spasmo, era sempre più eccitata.
Chiuse gli occhi per un istante respirando a fondo con
il desiderio di vivere fortemente ogni emozione,
in quell'istante non era altro che una donna
che ricordava appena il suo nome e nient'altro.
Al centro del salotto un tavolino, su di esso un' unica rosa rosso carminio appena dischiusa e con
un lunghissimo gambo, accanto alla rosa una scatola con un biglietto.
Provò ancora a pronunciare il nome di lui senza ottenere risposta.
Era sempre più stupita, incantata, fremente ed insieme divertita, si stava lasciando andare, prese la rosa, bellissima, e ne accarezzò i petali vellutati.
Pronunciò ancora il suo nome, quasi un sussurro, non osava quasi respirare.
Ma chi era quell'uomo che aveva preparato tutto
quello per lei?
Notò il biglietto, sorrise.
Respirò la rosa a pieni polmoni, aprendo curiosa il biglietto e leggendo: "Ciao, nella scatola troverai un indumento che vorrei tu indossassi per me liberandoti dei tuoi abiti. Troverai inoltre tre foulard di seta nera. Ti prego di usarne due, legandone uno ad ogni polso.
Bada nel farlo di usare un capo estremo, lasciando l'altro cadere abbondante.Col terzo ti benderai gli occhi solo dopo esserti sdraiata sul letto nella stanza alla tua destra".
Stupore... Eccitazione... Senso di aspettativa... sì, per tutto il tempo necessario si sarebbe piegata ai suoi desideri.
Lo voleva... sentiva che la stava osservando... lentamente sfilò le spalline dell'abito che ricadde dolcemente ai suoi piedi lasciandola seminuda...
un brivido la percorse inturgidendole i capezzoli .
Stava diventando liquida, si sfiorò appena prima
di dirigersi verso la camera da letto e seguire
le sue istruzioni.
L'eccitazione prendeva il sopravvento sui timori.
Aprì la scatola, trovando all'interno i tre foulard di seta nera ed un corto kimono di raso in sgargianti colori e disegni giapponesi.
Solo un'impalpabile nastro a chiuderlo sul davanti, indossò quel capo che le accarezzava i seni nudi, si legò i polsi e bendò gli occhi prima di sdraiarsi sul letto.
Solo allora percepì l'aprirsi lieve di una porta e dei passi leggeri che si avvicinavano senza fretta a lei.
A fatica riuscì ad opporre resistenza all'impulso di levarsi la benda, i sensi tesi allo spasimo per sopperire all'impossibilità di vedere.
Sentì lo spostamento d'aria, movimenti leggeri, brividi, l'eccitazione al parossismo. Sapeva che sarebbe esplosa se solo fosse stata sfiorata... le note di un pianoforte cominciarono a danzare nell'aria, odori di incensi profumati arrivavano alle sue narici.
Sussultò quando le mani di lui afferrarono le sue:
"Buongiorno amore, è tanto che ti aspetto" mentre calde labbra dolcemente aderirono alle sue.
E lei sentì per la prima volta l'odore e il sapore di lui, immaginato e sognato in mille momenti.
Lui le afferrò le mani portandole verso la spalliera
del letto, legò i capi dei foulard alla stessa, bloccandole gli arti, e nel fare questo il suo petto sfiorò il viso di lei, che ne aspirò l’odore.
Era legata e bendata, intimorita e eccitata. Percepì
il tocco lieve delle mani che le scioglievano il nastro
del kimono sfiorando appena il suo corpo legato e nudo, immaginando lo sguardo di lui percorrerla in ogni più intima parte.
Labbra leggere sfiorarono le sue, a seguire il collo, le braccia, le lisce morbide ascelle,lui ne stava seguendo
le curve e la stava respirando.
Dalle ascelle giunse ai seni, soffermandosi un attimo sui capezzoli irti, scese lungo il ventre senza avvicinarsi
al sesso, continuò seguendo la gamba destra dall'interno coscia sino a giungere al piede.
Nel percorrere quel corpo lui cedette al desiderio
di sollevare il capo e osservare il sesso di lei,
bello in natura e curato, eccitante nel suo essere dischiuso e già percorso da un rivolo di umori.
Afferrò fra le mani il piede di lei, e ne succhiò l'alluce. Stessa sorte all'altro piede.
Sentì l'eccitazione di lei, risalì con le labbra attraverso l'altra gamba, l'interno della coscia.
Un sussulto e un gemito quando la sua bocca cominciò a succhiare avidamente le grandi labbra, a berne
gli abbondanti umori, a mordere e leccare la clitoride. Arrivò liberatorio il primo orgasmo nella bocca di lui. Un ulteriore sussulto irruppe nel sentirlo
che l'abbandonava, che non era ancora il momento.
Lei, lasciata lì, sdraiata, legata e nuda, schiava della voluttà di quell'uomo. Lui le si sedette accanto appoggiandole un piattino di fine porcellana sul ventre. Lei ne percepì la consistenza senza riuscire a dargli nome.
"Giochiamo" le disse, prendendo dal piattino una rossa fragola.
Gliela passò prima sui capezzoli, poi l'avvicinò alle sue nari, infine alle sue labbra introducendo il frutto nella sua bocca.
Stessa cosa con un'oliva snocciolata, poi un pezzo di profumata banana, e via così con altri frutti.
Dolce e salato a confondere i sensi, a rendere ancora più forte l'emozione e, di tanto in tanto, un cubetto
di ghiaccio sul ventre, sui seni, sulle labbra.
L'eccitazione di lui salì nell'averla inerme, in sua balia, godendo del piacere di lei, e non visto, di tanto in tanto, si afferrava il cazzo turgido, pulsante, misurandone
la consistenza e l’eccitazione.
Scostò il piattino, pose le sue ginocchia ai lati della testa di lei, afferrò l’asta passandole il glande arrossato sulle labbra, sui denti, poi lo affondò nella sua bocca fino a farle mancare il respiro, abbandonandosi
per qualche minuto al piacere della sua lingua.
Lei non poteva muoversi, ma solo adattarsi, non aveva altra volontà che ubbidire e godere seguendo i suoi voleri e ritmo e soprattutto non poteva guardare.
Il gioco sarebbe continuato, ma l'eccitazione aveva raggiunto il massimo. Lui infine si alzò, la afferrò
per i fianchi quanto bastava per inserirle un guanciale fra il culo e il letto e cominciò a succhiarle avidamente
i capezzoli, mentre le mani energicamente le stringevano i seni.
Afferrò le sue gambe, divaricandole e piegandole leggermente, affondò con la testa fra esse, la bocca avida sulla figa rosa, bagnata e aperta come una fresca ostrica.
La succhiò, la morse, la leccò, intinse due dita nei suoi umori e le affondò nel culo.
“Continua” lei gemette quasi urlando, i polsi ancora legati, mordendosi le labbra: “Continua, non fermarti!”
Lui sentì l’eccitazione di lei e faticò a contenere
la propria, non poteva più aspettare e non voleva venire in tempi diversi dai suoi.
Si sollevò, alzò nuovamente le gambe di lei portandole sulle sue spalle, non aveva più resistenza e tempo, con un colpo violento il cazzo penetrò in lei, un urlo di piacere li unì, affondò forte stringendole i seni,
poi rallentò ancora a seguire il ritmo del suo respiro, il corpo di lei iniziò a vibrare forte, il respiro era affannoso, gemette, mentre colpi sempre più forti
si alternavano a movimenti lievi e lenti.
Simultaneo e liberatorio arrivò l’orgasmo
e l’urlo dei due.
Dopo un tempo infinito lui uscì dal suo ventre, le sciolse i polsi, le diede un bacio liquido, mentre le toglieva la benda.
Finalmente lei poté guardarlo, arrossato, sudato mentre le accarezzava piano il volto, abbracciandola forte.
Poi le diede la mano presentandosi e non abbandonò mai i suoi occhi, mentre ordinava al telefono un'abbondante colazione per due in camera.