Glycyrrhiza glabra selvatica, finalmente rieccola, normale come sempre, invitante seppur umile e con quel verde intenso che si fa guardare di più.
E’ fine settembre, son dentro un cielo fluido e bizzarro in un versante collinare, laggiù il mare rugoso sbadiglia echi di tristezza. Ne raccoglierò un bel po’, quanto mi serve per potermi consolare nei mesi invernali. Raccolgo una ventina di radici e dopo averle un po’ pulite dal terreno le rimetto nello zainetto, ricopro le buche per un arrivederci al prossimo anno.
Casa trilocale indipendente datata, ma solida relativamente tranquilla, se non fosse per quei vicini. Parcheggiano la loro auto invadendo il mio spazio auto, chiasso accanto per via dei loro ragazzi, ricordarci le regole del buon vicinato serve per qualche giorno per ritornare come prima, nel complesso tollerabile, anche se la giostra si ripete.
Dai miei genitori morti qualche anno fa, ho ereditato la casa, qualche spicciolo e le artrosi delle quali ci sono già le prime avvisaglie.
Mi hanno permesso di studiare, volevano che diventassi medico, li ho delusi arrendendomi agli ultimi tre esami e per una sbandata d’amore poi esaurita.
Faccio lavori precari, per sfortuna, per amor di libertà, per non scendere a compromessi e poiché mio padre era un semplice operaio: situazione eroica forse ideale per deragliare verso alcolici, stupefacenti o il nulla, ma umana e per questo semplicemente da vivere, da riempire.
L’ho conosciuta in pizzeria tramite un amico comune, lei era del paese, ma era stata via parecchi anni in America, Florida dove aveva parenti, ora voleva rimanere qui, inspiegabilmente qui. Mi attrasse i suoi occhi verde scuro che mi ricordarono subito le pinete odorose dell’entroterra, le foglie di malva, il suo profumo andava verso quello della viola mammola e il suo corpo era esile e voluttuoso. Mi piacque subito e forse io a lei. Le donne hanno altre forme di valutazione. Più sottili.
La invitai per un gelato il sabato pomeriggio, accettò.
Beccheggia l’eterno eros sulla pelle crespata e trepidante.
Questa stanza ha visto tutti i miei mutamenti, testimone oggettiva della mia spensierata smeraldina fanciullezza, delle convulsioni multicolori adolescenziali. Tre generazioni di hifi e musica che tirava dai sciropposi Beatles alle evasioni metafisiche dei Pink Flyod, dalle asprezze degli AC DC agli impegnati cantautori italiani ecc.
Qui mi rifugiavo al sicuro quando i miei litigavano quasi in simbiosi con i vicini.
Poi il primo amore.
Si! Quello indimenticabile, inspiegabile, idealreale.
Ci conoscemmo all’ultimo anno di liceo, con Anna in un attimo divampò l’incendio dell’amore,
incendio acerbo e frettoloso data la poca esperienza . Anna dai lunghi capelli neri, dal carattere aperto, cordiale con i suoi interessi sui profumi, oli e fiori di Bach. Mi regalò la sua verginità sperando forse che la nostra unione sarebbe durata per sempre. Provavamo a fare gli adulti, ma senza grande convinzione né una base credibile.
Ci amammo intensamente per circa tre anni, poi abbiamo iniziato a litigare, per delle sciocchezze, e questo spazzò via l’amore e tutto il resto. Ci siamo persi completamente.
Ho avuto altre passioni, per bisogno, per ebbrezza , ma l’impatto emotivo della prima volta non c’era più. Si era annacquato e pur dubitando dell’amore eterno, cioè durevole, per una sola donna, tuttavia ancora a quarant’anni spero di trovarne qualcuno.
“Cosa sono?” mi chiede lei indicando le radici sul tavolo, “Glyc. oh! liquirizia selvatica di ottima qualità, ne facciamo una tisana?” “Dopo il gelato.” Perché no, un poco fa sempre bene…” “Ok!”
Mentre la preparo si incuriosisce ai miei barattoli di idrolati , tinture, elisir con le varie erbe.
“Interessante…” fa lei. “Avrei voluto aprire un negozietto di erboristeria, anche in franchising, poi ci riflettei e mi accorsi che sarebbe stato troppo impegnativo, così mi accontento dell’hobbistica, mi soddisfa di più.” le rispondo sfiorandole le spalle.
La tisana è pronta, fumante e invitante, la sorseggiano in silenzio con sguardi di consenso.
Era molto piacevole. Poi le distanze rapidamente si accorciarono e siamo occhi negli occhi, pelle nella pelle, amore nell’amore, stretti come due magneti ci siamo amati toccando l’apice del piacere, toccando la somma dell’ebbrezza. Dopo esausti ci rilassiamo, nella calma quasi divina che sopraggiunge insieme all’estasi dopo l’amore, nella tranquilla pace.
Improvvisamente sento il campanello della porta, ed esso risuona con più impeto come un martello nella lamiera. Vado ad aprire. Con affanno una ragazza chiede di Isa, lei ci raggiunge rimanendo molto meravigliata dicendo “Katy cosa ci fai qui!?!?”
La nuova arrivata lancia una cattiva occhiataccia nei miei riguardi, quasi di odio si, sono certo, è puro odio, “Mi vuoi rubare Isa per caso? stai attento!!” Accenna ad alzare la mano, ma è fermata in tempo da Isa “Ti posso spiegare tutto.” le dice questa per calmarla. Io rimango smarrito da quando sta succedendo, indietreggio anche se qualcosa sto intravedendo.
“Jan devi sapere che Katy era fino a qualche mese fa la mia compagna… e anche se la nostra storia si è incrinata lei non vuole lasciarmi, anzi continua a cercarmi.”
Ho capito. Rimango in silenzio aspettando una loro mossa. Loro si abbracciano. Strette. Dicendosi cose in una lingua che non comprendo.
“Jan, sono disorientata e confusa, ho bisogno di tempo per decidere e per poter scegliere, ciao.”
“Va bene , le rispondo, vedi te, se deciderai qualcosa fammelo sapere, ciao.”
Tento di avvicinarmi a Isa, ma già i due zitti, zitti si sono allontanati, un po’ distanti l’uno dall’altro, sotto un cielo ruvido e inespressivo. Resto solo mentre li guardo scomparire
in fondo alla strada.
Fra due settimane è il tempo perfetto per andare a raccogliere la rosa canina.