A Gaia piaceva quella vecchina profumata di acqua di rose, aveva un’aria misteriosa ed al contempo trasparente. Amava sedersi accanto a lei e non di rado le chiedeva: “Permettimi di vedere attraverso i tuoi occhi e fa che le tue orecchie diventino le mie”. Allora l’anziana donna diceva a Gaia di chiudere le palpebre e di lasciare andare ogni pensiero.
Quando percepiva che la giovane era completamente rilassata le metteva le mani sul viso e con i polpastrelli esercitava pressioni differenti in punti strategici del volto, mentre la sua voce accompagnava la ragazza in un viaggio ultraterreno.
Gaia era come rapita da quelle visioni associate da un arcobaleno di sentimenti: felicità, inquietudine, pace, ansia, serenità, collera, amore … che si altalenavano ad intermittenza dentro di lei come giochi di luci ed ombre che implodendo su sé stesse, esplodevano espandendosi all’infinito.
I suoi occhi chiusi vedevano nell’oscurità uno spettacolo variopinto di colori che cambiavano di tonalità, intensità e luminosità a seconda di come l’anziana spostava le dita. Stimolando, come un’agopuntura, determinate terminazioni nervose, era come se una giara di terracotta, frantumandosi in mille cocci, sparpagliasse galassie di finissima sabbia dai riflessi dorati.
Un’energia vitale incontenibile dalle movenze sensuali, percorreva lungo un brivido la schiena di Gaia, come un’odalisca che si esibisce in una danza ammaliante e suadente. Era come se il viso di Gaia fosse uno strumento musicale che la donna sapeva armoniosamente suonare facendo vibrare nella giovane corde invisibili ed impercettibili.
Nel silenzio più assoluto l’anziana emetteva gorgheggi simili al canto di uccelli esotici che abilmente alternava a versi fratelli del frinire delle cicale.
Il cuore di Gaia sussultava ad ogni rumore, fremeva ad ogni tocco come fosse una temeraria ricercatrice che si avventura in una giungla inesplorata: sentiva come non aveva mai sentito e vedeva come se non avesse mai visto. Le sue percezioni erano acuite dall’aver inibito gli organi preposti a quello scopo, ma disattivandoli ne aveva riattivato i corrispondenti eterici.
Al termine di quella straordinaria esperienza, Gaia era solita ringraziare Colei che le aveva permesso di “vedere” e di “sentire” baciandola sugli occhi vitrei colorati di ceruleo candore e carezzando le sorde orecchie con un soffio delicato, come un alito di vento che dà voce alle silenti foglie.