Così si immaginava la sua vita, come una grande matassa di filo, arrotolata strettamente, dura al tatto, ormai tanto grande da non poter essere stretta tra le dita senza che le sfuggisse di mano.
Il capo ancora da avvolgere le pendeva tra le mani, ma i movimenti erano diventati lenti e svogliati già da un po’.
Si chiedeva quanti giri si potessero contare intorno al punto di partenza, a partire dal giorno zero in cui aveva aperto gli occhi sul mondo, inconsapevole di essere soltanto un gomitolo, uno dei tanti che sarebbero serviti a tessere la tela dell’ umanità, senza acquistare mai un rilievo particolare tra i miliardi di altri disegni che quella tela conteneva.
Le sarebbe piaciuto poterlo srotolare almeno un po’, quel gomitolo, solo per rinfrescare i ricordi perduti dell’ infanzia, i più belli e i più evanescenti. Sarebbe stato certamente consolatorio rivivere sprazzi di quel periodo straordinario in cui l’ incoscienza rende gli uomini così fiduciosi nel domani, da focalizzare la loro attenzione solo sul bello del momento. La ragione ancora non entra nel discorso e il cuore la fa da padrone.
Non tollerava quella dimenticanza, quel latrocinio della sua felicità da parte della memoria che non trattiene i primi vagiti di un’ esistenza che si rivelerà ben presto illusoria e menzognera.
Anche della giovinezza ricordava ben poco rispetto a ciò che realmente doveva essere stata, rispetto alla vastità di emozioni e sentimenti, che sapeva bene di aver provato e vissuto.
Perché solo i dolori continuavano a stagliarsi nitidi nella mente? Le rinunce, i pianti e i rimorsi per aver lasciato andare via. senza lottare. tanta parte di sé.
A differenza delle gioie, le sofferenze continuavano a zampillare dalla fonte dei ricordi pur senza che lei le revocasse.
Dietro, oscurati dalle loro ombre invadenti, c’ erano i momenti felici, i giorni inseguiti, gli attimi di abbandono totale e il tripudio dell’ amore. Come lampi improvvisi, talvolta il verde e l’ azzurro del cielo e quello di occhi amati che si erano persi nei propri per attimi di eternità. Poi ancora quello zampillare insistente, per anni e anni, lunghi e lenti come le processioni di pellegrini che si recano in ginocchio a chiedere la grazia al santuario.
Ah, poter sciogliere solo per qualche attimo quel gomitolo! Solo il tempo di respirare, di accertarsi che la propria vita non è stata sempre buia e grigia d’ angoscia, per poter gridare al mondo che questa donna è stata un tempo felice, padrona di se stessa, che il mondo intero pareva inginocchiarsi dinanzi ai suoi sogni e alle sue speranze.
E quei giorni le erano appartenuti davvero e nessuno avrebbe mai potuto nasconderli nei giri angusti di una matassa, grande e pesante, così pesante che le dita non ce la facevano più a reggere.