Pioveva a dirotto, era una di quelle giornate che saresti stato a letto tutto il giorno sotto le coperte calde e morbide. Ma il dovere mi chiamava e non potevo fare finta di niente, così, con uno sforzo incredibile, mi alzai di scatto, andai in bagno e mi infilai sotto la doccia...
Quando arrivai all’ ospedale già c’ erano tre persone in sala d’ attesa. Sulla porta del mio studio, una targa con scritto: Dott Ernesto Landino. M’ infilai il camice e dissi ad alta voce: avanti il primo. La prima cosa che vidi fu una chioma piena di riccioli neri, due occhi altrettanto neri con uno sguardo profondo e un sorriso appena accennato su un visetto pallido. La invitai a sedersi e le domandai come si chiamava e quale fosse il suo problema.
Lei mi guardò ed i suoi bellissimi occhi si riempirono di lacrime, con fatica mi spiegò che aveva un bimbo di tre anni che in quel momento si trovava all’ asilo. Disse che era una ragazza madre, che aveva bisogno di lavorare perché i suoi genitori le avevano detto chiaro e tondo che se la doveva sbrigare da sola, visto che era stata così irresponsabile da mettersi con un delinquente e mettere al mondo un figlio! Continuò dicendo che solo dopo alcuni mesi si accorse che il suo compagno spacciava droga. E dopo una tremenda discussione, lui diventò violento e aggressivo e la maltrattava. Sopportò ancora per un anno perché non sapeva che fare né dove andare, ma ormai era arrivata al limite e ascoltando il consiglio di un’ amica era venuta da me per chiedermi aiuto. L’ amica le aveva spiegato che lavoravo anche collaborando con delle Assistenti Sociali e che ero nominato per la mia comprensione e competenza riguardo ai problemi delle persone in difficoltà.
Alla fine scoppiò a piangere e mi implorò di aiutarla. La prima cosa che le domandai fu dove vivesse e con chi, se il bambino era ben accudito e se aveva un lavoro oppure un’ occupazione che le permettesse di mantenersi e mantenere il suo bimbo. Lei mi rispose che dopo aver portato il bambino all’ asilo, ogni mattina andava a pulire qualche locale vicino a dove dormiva, da sola o con suo figlio, ma che la pagavano pochissimo e la padrona di casa già le aveva detto che doveva pagarle i tre mesi d’ affitto che le doveva, altrimenti se ne doveva andare immediatamente...
Io rimasi silenzioso per qualche secondo, mentre lei continuava a guardarmi con quegli occhi meravigliosi pieni di lacrime. Le dissi che doveva darmi almeno qualche giorno di tempo per parlare con un’ assistente sociale e trovare una rapida soluzione anche se momentanea, poi avrebbero parlato di nuovo loro tre insieme e avrebbero deciso cosa fare. Mentre dicevo questo, tirai fuori dal mio portafoglio 100€ e glieli diedi dicendo: “ Prenda questi, sono pochi ma le serviranno sicuramente”.Lei, spalancando gli occhi disse no con la testa, ma io mi avvicinai e glieli infilai dentro alla borsa.
Passarono tre giorni, dopo di che, assieme ad Anna (l’ assistente sociale), andammo a sederci in un bar dove avevo dato appuntamento a Manuela (così si chiama la mia assistita). Manuela era molto impacciata, nervosa, ma Anna si mostrò davvero paziente e comprensiva. Dopo aver riempito i soliti fogli con tutti i dati richiesti, passammo alla parte pratica. Dissi a Manuela che c’ era un pastificio che aveva bisogno di ragazze che imparassero ad usare le macchine per fare ogni tipo di pasta, solo dopo avrebbero cominciato a guadagnarsi lo stipendio, non prima, perché il padrone esigeva la perfezione!
Manuela rimase un po’ delusa, a bassa voce disse che la padrona di casa l’ avrebbe mandata via quello stesso giorno. A questo punto, mi alzai in piedi e dissi che saremmo andati subito a spiegare alla padrona come stavano le cose, e prendendo Manuela sotto braccio dissi: “ Voglio proprio vedere se avrà il coraggio di dire di no!”
Ci presentammo tutti e tre, spiegammo per filo e per segno tutta la storia di Manuela e finalmente il cuore della signora Rosa si aprì e disse: "Va bene, va bene, aspetterò altri tre mesi, ma nemmeno un’ ora ln più! intesi?"
"INTESI!!" Quasi gridammo tutti assieme!
Inutile dire che in quei tre mesi successe di tutto, ma nel buon senso della parola. Manuela incominciò a lavorare nel pastificio, e in poco tempo diventò la migliore, tanto che le diedero subito un aumento. Io e Manuela ci incontravamo tutti i giorni all’ uscita del suo lavoro, e manco a dirlo ci siamo innamorati.. Il debito di Manuela fu saldato e lei e la signora Rosa diventarono amiche! Ma si dovettero salutare presto perchè io e Manuela ci sposammo... Dimenticavo di dire che ora il suo bimbo mi chiama papà...