La sera non vedeva l’ ora di andare a letto. Nel buio e nel silenzio, poteva liberare dalle briglie la mente e lasciarla correre a piacimento e senza ostacoli dovunque volesse, proprio come un cavallo che esce da un recinto in cui era stato rinchiuso per tutto il giorno.
Accadeva durante i minuti preziosi che precedevano il sonno. Quei momenti erano soltanto suoi, nessuno poteva interferire sulla cavalcata dei pensieri ed essi erano liberi di scegliere dove andare, dove tornare, dove fermarsi, fin quando arrivava quell’ impercettibile passaggio dalla veglia al sonno, che pare somigli tanto al passaggio dalla vita alla morte.
E poi iniziava un’ altra vita, quella onirica.
In sogno, il tempo non era quello che stava vivendo nella realtà dei suoi giorni. Lei era ancora giovane e tutti i protagonisti dei suoi sogni erano giovani come lei. I suoi figli erano bambini o al più ragazzi, sua madre e suo padre vivi e in forma. In sogno intravedeva un futuro ancora da gestire, con la possibilità di cambiare tante cose, per sé e per gli altri, ma per se stessa innanzitutto.
Era lei la protagonista assoluta, nel sogno, e nel sogno si abbandonava ai sogni e lottava per realizzarli. Faceva, insomma, tutto ciò che nella vita reale degli ultimi vent’ anni aveva messo da parte o lasciato fuggire. E ogni evento, luogo, tempo, persona aveva contorni netti e precisi, tanto inalterati da sembrare gli unici davvero reali.
Poi, la mattina, si risvegliava.
Ma non sempre i sogni erano rassicuranti e consolatori. Quando viveva durante il giorno situazioni particolarmente stressanti, anche i sogni non la consolavano. Era stata una docente molto apprezzata, i suoi alunni e non solo i suoi, l’avevano sempre stimata e rispettata, alcuni la consideravano una "maestra di vita", come le era stato detto il giorno in cui salutò colleghi e dirigente scolastico per l’avvenuto pensionamento.
Eppure, in notti che avevano fatto seguito a giorni bui, viveva l’incubo di non aver compilato il registro per una materia, di non aver assegnato voti per interi quadrimestri. Si ritrovava in classi in cui gli alunni la sbeffeggiavano e si rifiutavano di acoltare le sue lezioni, quelle stesse che nella realtà del tempo vissuto li avevano incantati.
Oppure sognava di non trovare i vestiti giusti di non avere soldi per comprarne di nuovi per una certa occasione o di avere bambini piccoli che non sapeva accudire, affamati e infreddoliti.
Da questi sogni usciva più distrutta che dalla realtà vissuta del quotidiano e allora si chiedeva se poi valesse davvero la pena di aspettare con tanto stupido desiderio il momento di andare a dormire.
Ma il dubbio più ricorrente era un altro: cos’è questa vita, sia nella realtà che nel sonno, se non un calvario intervallato da attimi di illusoria tregua? Forse la vita è solo un purgatotio più o meno lungo, assegnato ad ogni essere umano, in cui le sofferenze devono prepararci a raggiungere quell’agognata quiete eterna da cui, forse, siamo venuti.