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♦ Marina Demelas |
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La vecchia Peppedda Frau guardava con nostalgia le panche sistemate sotto le secolari querce del suo podere. Per generazioni lei e i suoi antenati avevano festeggiato battesimi e matrimoni in serate estive o primaverili, mentre in inverno si festeggiava nella stanza migliore e ampia dove vi era un grande camino attorno al quale si raccontavano antiche leggende di janas e tesori nascosti mentre il profumo dell'arrosto d' agnello e proceddu giungeva dalla cucina dove vi era un altro camino adoperato anche per arrostire carne e castagne oltre che per riscaldarsi nel freddo inverno del nuorese. Ripensò al suo matrimonio la vecchia vedova, un matrimonio imposto con un cugino di primo grado per mantenere il podere in famiglia e intatto il casato avendo i due cugini anche lo stesso cognome. Dal matrimonio nacquero tre figli, due maschi e una femmina. Uno dei figli maschi durante una rissa scoppiata per motivi di pascoli e antica inimicizia rimase ucciso e per vendetta suo fratello uccise in un imboscata il suo nemico e si dette alla macchia per non finire in prigione. Peppedda ora viveva con sua figlia Frantzisca cercando di mandare avanti il podere e il gregge, cosa non facile per una vecchia e una figlia adolescente. Peppedda viveva nel terrore per suo figlio nascosto nelle impervie montagne e boschi di macchia mediterranea. Il re sabaudo aveva mandato guarnigioni per debellare il banditismo e quindi vi era rischio che esso potesse venire arrestato o ucciso in qualche imboscata. Il tenente Alberto Fioravanzo teneva d' occhio insieme ai suoi soldati il podere nella speranza che il latitante andasse a trovare la sua anziana madre e Frantzisca al quale era legato da tenero affetto fraterno. Il tenente aveva visto una volta Frantzisca andare a lavare i panni nel lavatoio dove si riunivano le donne vicino a un fiume che scorreva accanto ai loro poderi. L' acqua dei pozzi andava risparmiata per bere e innaffiare le piante e gli ortaggi del podere e per abbeverare gli animali. Rimase veramente colpito il giovane piemontese dalla bellezza mediterranea di Frantzisca che aveva capelli lunghissimi e neri e gli occhi grandi e scuri quasi quanto i capelli. Sì, era completamente diversa dalle donne che aveva conosciuto fino ad allora. Anche la voce di lei lo aveva colpito mentre cantava insieme alle altre donne canzoni in lingua sarda di cui non riuscì a capire neanche una parola. Ma lui era un soldato e rappresentava la giustizia non poteva innamorarsi della sorella di un bandito, di un assassino. Avrebbe dovuto rivolgersi alla giustizia per denunciare l'omicida del fratello e non ricorrere alla vendetta per regolare i conti. Ma in Sardegna in quei tempi non vi era tanta fiducia nelle istituzioni, vigeva la balentia e i conti venivano regolati con sa scupetta o sa resoltza e spesso intere famiglie furono sterminate per vendetta. Frantzisca aveva notato il tenente, ma non rimase molto colpita, anzi fu colta da un senso di astio. Venerava il fratello latitante e per lei il tenente era un nemico e un pericolo per la famiglia. Nelle notti di luna mentre sorvegliava la casa il tenente pensava a lei sempre più spesso. Non sapeva più se dar retta al suo ruolo o al suo cuore. Una parte di lui avrebbe voluto catturare il bandito e l'altra sapeva che se lo avesse fatto lei lo avrebbe addirittura odiato. Anche così per lui sarebbe stato quasi impossibile essere ricambiato dalla giovane. Il tempo passava ma il bandito non andava a trovare le due donne perchè intuiva che il podere fosse sorvegliato e aveva paura di cadere in una imboscata. Soltanto un suo cugino conosceva il covo e vi andava a portargli i viveri e notizie. Suo cugino non lo avrebbe tradito perchè essendo innamorato di Frantzisca voleva l'amicizia di Bastianeddu, questo il nome del bandito. Antine, il cugino innamorato trovava il modo di dare notizie di Bastianeddu alle due donne usando la massima prudenza per non essere notato. Ma un giorno che le due donne erano andate a Nuoro il tenente si accorse che Antine cercava di corteggiare la ragazza e fu colto da un senso di frustrante gelosia. Aveva già visto Antine al paese e pensò di prendere informazioni su di lui. Scoprì che erano lontani parenti e che lui aspirava a fidanzarsi con Frantzisca. Pensò che magari fosse a conoscenza del covo di Bastianeddu e decise di farlo seguire. Due giorni dopo Antine andò a trovare il cugino e senza accorgersi venne seguito. I soldati intimarono ai due di arrendersi e di uscire senza armi dal covo e i due non volendo spargere altro sangue decisero che era meglio consegnarsi alla giustizia. Bastianeddu era stanco di vivere in una grotta come una bestia e senza vedere la sua famiglia. I due vennero condotti nel carcere di Nuoro e presto ci sarebbe stato il processo. Antine per complicità e favoreggiamento e Bastianeddu per omicidio. Appena si seppe la notizia le due donne si recarono alla caserma per ottenere il permesso di vedere i due prigionieri. Vedendo Antine e Frantzisca abbracciarsi e baciarsi Alberto capì che comunque non avrebbe avuto alcuna speranza con Frantzisca e si consolò pensando alla sua promozione e al suo trasferimento in una sede importante in Continente. Non avrebbe mai scordato gli occhi di Frantzisca e la sua voce armoniosa quel giorno al fiume mentre lavava i panni. Antine fu condannato a due anni di reclusione, Bastianeddu all'ergastolo. Non si pentì mai di aver vendicato il fratello.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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