Lunedì, 11 luglio 2022, h. 10. 30
Mi chiedo continuamente cosa ne sarà di questo mio diario quando non ci sarò più. A chi e a cosa potrà servire aver annotato più di vent’ anni di vita familiare, i problemi che abbiamo affrontato e man mano risolto o almeno tamponato?
A me serve (è sempre servito) come terapia psicologica, per sfogare le mie ansie e le paure e trovare la forza di andare avanti, come se in parte le avessi già esorcizzate scrivendo.
Tra un mese compirò settantatré anni. Sono davvero tanti, eppure la mente bypassa il conteggio anagrafico e si concentra sull’ oggi, impegnata com’è ad affrontare le diverse problematiche, piccole e grandi, che la singola giornata porta con sé.
A volte mi siedo sul balcone, al mattino o al tramonto, e penso a quante altre volte potrò godere di tanta bellezza naturale. I monti, col profilo così nitido in certi giorni sereni, e i tramonti che non sono mai uguali ai precedenti, con quelle sfumature di colore che nessun pittore al mondo potrebbe mai riprodurre, ma soltanto imitare maldestramente. Le nuvole proteiformi, che si spostano col vento e assumono profili mutevoli e forme a cui l’ immaginazione vivace attribuisce nomi e aspetti umani o animali.
Le voci dei bambini che giocano nella villetta della parrocchia, fresche e squillanti, cui si mescola in certe ore il suono delle campane. L’ abbaiare insistente di un cagnolino, che pare saper fare solo questo da mattina a sera, come a dichiarare la propria esistenza agli umani indifferenti.
Il rumore di qualche macchina che passa nella via sottostante e si spegne al giro della prima curva. Le scie bianche degli aerei, che disegnano una rete nel cielo azzurro e le rette sembrano incrociarsi, mentre una distanza enorme le divide.
Illusioni ottiche. Chi saprà mai quante altre cose nella nostra vita transeunte non siano state anch’ esse soltanto autoinganni degli occhi e dell’ anima, incapace di accettare la propria finitezza?