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Ali candide nel cielo (6a parte)

Fantasy

Era stato dunque il sentore della sofferenza, della morte, quell’ immane senso d’ angoscia che opprime sempre i condannati ad averlo investito al suo ingresso. A Taresh parve quasi di poter sentire le urla di dolore del malcapitato. Per un attimo, il pensiero che potesse capitare la stessa sorte anche lui lo assalì, ma tentò di scacciare l’ orribile sensazione di gelo. In fondo bastava assecondare, ubbidire senza contraddire né manifestare dissenso al sovrano, per continuare a vivere una vita abbastanza tranquilla.

Il gigante abbandonò la visione della carneficina che stava avvenendo nella gabbia per concentrarsi sull’ indole del suo re. Il Signore del male era un negromante che amava sorprendere i suoi sudditi, suggestionarli e intimidirli con le sue conoscenze delle arti magiche e oscure. Taresh pensò che l’ assenza di Zephar si fosse prolungata troppo, e che da lì a poco avrebbe fatto un’ apparizione teatrale.

Difatti, dopo pochi istanti si udì un forte tonfo e in una nube densa di fumo acre comparve la figura imponente del sovrano. Si zittirono tutti, persino le arpie smisero di combattere per osservare i movimenti del proprio padrone.

Zephar si accomodò sul trono, e fu subito circondato dalle sue amate serpi, che fino allora inutilmente si erano dimenate nei pressi delle gabbie, in attesa di un bocconcino goloso sfuggito alle arpie. Lo sguardo del re percorse la sala per poi posarsi in modo glaciale sul prigioniero, che era parso del tutto insensibile agli strepiti appena cessati delle arpie e alle infide occhiate in cui lo avevano avvolto le serpi.

Una strana atmosfera d’ attesa calò nel vasto ambiente. I presenti erano tutti con il fiato sospeso ad attendere che Malefico prendesse la parola, ma il sovrano taceva, limitandosi a studiare con attenzione il giovane costretto a inginocchiarsi da una poderosa spinta assestatagli sulla schiena da Taresh.

L’ espressione del re rimase indecifrabile; nessuno era in grado di intuire il suo scetticismo. Zephar non era affatto convinto dell’ ottusità scesa a lambire la mente del ragazzo, cosicché aveva escluso ogni altro suono e visione concentrandosi su di lui e cercando di coglierne il minimo segnale d’ intelligenza.

Il viso di Mark rimase immobile quanto quello del re. Lo sguardo inesorabilmente vacuo, fisso una spanna al di sopra della regale figura.

“ Nessun segnale di vitalità e di coscienza. Se sta fingendo è un’ ottima interpretazione” pensò il sovrano, poi fece un gesto improvviso e nelle sue mani apparve una sfera infuocata, che lanciò immediatamente contro il viso del ragazzo. “ Vediamo sin dove può arrivare questa finzione.”

Purtroppo, la mente di Mark ottenebrata dall’ incantesimo non era in grado di discernere il

pericolo, e se il proiettile fosse stato reale lo avrebbe centrato in pieno.

Abbacinati dalla finta esplosione, i presenti distinsero soltanto quel globo di luce abbagliante accompagnato da un gran fragore; si coprirono il volto e di seguito impiegarono qualche istante a riacquistare la vista.

Mark, invece, non reagì. La percezione dell’ abbaglio giunse in ritardo nella sua mente, così come lo scoppio, ma la sua coscienza non distinse nemmeno la situazione di pericolo.

Non ancora del tutto convinto, Zephar decise di fare un ulteriore tentativo.

“ Aiutami tu a smascherare questo imbroglione!” pensò afferrando con delicatezza una delle sue amate serpi, quindi, dopo aver posato un bacio sul capo triangolare, con una mossa repentina la lanciò addosso al giovane.

Le spire della serpe s’ attorcigliarono intorno al collo del ragazzo e si strinsero mentre la coda e la linguetta biforcuta presero a vibrare davanti ai suoi occhi azzurri.

La situazione sarebbe risultata traumatica per Mark se fosse stato vigile, e il cuore gli sarebbe carambolato in petto per l’ orrore, ma non era cosciente, e avvertì soltanto la stretta alla gola che gli impediva di respirare. Il suo volto arrossì, diventando ben presto cianotico, e fu solo l’ intervento tempestivo del re a salvarlo dal soffocamento.

« Non esagerare, piccola mia. Noi non vogliamo che questo giovane tanto promettente ci lasci così prematuramente. Non è vero?»

Il sovrano tese le mani e la serpe, con un guizzo, mollò la presa, quindi contorcendosi tornò dal suo padrone.

Mark tossì a lungo prima di riuscire a riprendere fiato.

Zephar sorrise: « Bene! Bene, mia piccola amica! Il nostro giovane Mark è veramente pronto per servirci con alacrità e devozione. Hai qualche suggerimento, mia cara, su quali compiti potremmo affidargli?»

La serpe fece guizzare velocemente la linguetta, quindi, sibilando, avvicinò la testolina all’ orecchio del suo sovrano. Nessuno dei presenti fu in grado di capire quello che l’ essere ripugnante gli bisbigliò all’ orecchio, ma quando si girò verso il ragazzo, un sorriso satanico aleggiava sul volto del tiranno.

« Credo proprio che tu mi abbia suggerito bene, mia cara amica fedele! Quale compito migliore per un prode scudiero? E quale esempio migliore per un puledro restio all’ ubbidienza? E così sia!» esclamò Malefico con enfasi, poi si rivolse a Taresh, rimasto ai piedi del trono in attesa degli ordini.

« Voglio che il prigioniero venga condotto nelle scuderie reali insieme all’ unicorno ribelle. Sarà lui a occuparsi sia della salute che dell’ educazione di quel testardo di un puledro. Ma nel frattempo tu, mio fido Taresh, li dovrai tenere a bada. Ricorda: risponderai personalmente nel caso riuscissero a fuggire.»

« Sì, mio signore!» esclamò lo sgherro battendosi con vigore un pugno sul petto.

Zephar annuì, poi sembrò volere aggiungere un ultimo avvertimento rivolto al prigioniero, ma lo sguardo del tutto vuoto di Mark lo convinse a desistere.

« Vai, Taresh, e tienimi informato su ogni minimo cambiamento; se ce ne fossero» terminò quasi in un bisbiglio.

Ancora una volta Mark venne trascinato via, per essere poi condotto nelle stalle occupate dalle creature alate del sovrano.

Le scuderie erano situate in un edificio diviso in tanti scomparti, tutti occupati, tranne quelli posti più in fondo. L’ arrivo del prigioniero venne salutato da un grande digrignare di denti e da un sonoro coro di nitriti nervosi. Le creature, per metà pegasi e per metà unicorni, stronfiarono e scartarono, allontanandosi da quell’ essere che emanava un odore per loro sgradevole. Gli occhi torvi di una decina di animali si puntarono sul giovane stalliere che, del tutto ignaro di tanto malanimo, continuò a trascinarsi in modo svogliato.

Taresh cercò un box vuoto e vi scaraventò in malo modo il ragazzo.

Mark finì bocconi sulla paglia e lo sgherro fu costretto a sollevarlo per il colletto e metterlo seduto. « Stammi bene a sentire. Non sono affatto sicuro che il sovrano abbia ricevuto un buon suggerimento da quell’ essere infido e strisciante di cui si fida molto e non sono contento che tu sia qui. Ma ormai ci sei e non posso fare altro che sopportarti. Non so se stai fingendo o se davvero ti sei rimbambito, comunque sia ti voglio dare un avvertimento. Cerca di non crearmi problemi e tutto andrà bene, ma fai solo una mossa falsa e in questa stalla finirai i tuoi giorni. Mi sono spiegato?» gli ruggì sul volto.

Il ragazzo sbatté le palpebre, ma non perché avesse inteso la lunga tiritera, bensì per la tanfata di alito cattivo emessa dal proprio sorvegliante.

Esasperato dall’ indolenza dimostrata dal giovane, Taresh scrollò la testa, quindi se ne andò. I Pegasi Oscuri continuarono a essere inquieti per la presenza dell’ essere umano di cui avvertivano l’ odore. Per un po’, tra quei box separati da paratie di legno risuonò soltanto lo scalpitio degli zoccoli, lo sbruffare e lo scuotere delle criniere; quindi all’ improvviso scese uno strano silenzio.

Persino Mark, nella sua incoscienza, avvertì il cambiamento.

Chrisell gli apparve accanto, e resasi conto della cupa atmosfera che regnava nelle stalle, mosse le sue mani in aria per riportare un minimo di quiete: « Buoni. State buoni!» disse.

Il suono pacato della sua voce, unita alla magia che fuoriuscì dai suoi gesti servì a tranquillizzare gli animali, quindi Chrisell pose le sue mani davanti al volto stralunato del ragazzo, muovendole con ancor più delicatezza.

« Torna in te, Mark! Torna in te!»

Le palpebre del ragazzo sbatterono una, due volte. Le labbra si mossero e si schiusero e lo sguardo divenne vigile, attento.

Mark, finalmente conscio, si portò le mani alla testa come per rimettere ordine alla ridda di pensieri che si accavallavano e si confondevano.

« Cosa è successo?» domandò più a se stesso che alla figura ancora un po’ annebbiata che aveva davanti. « Chrisell» scandì appena ne riconobbe i lineamenti « Cosa mi è successo? Perché è tutto così confuso nella mia mente?»

« Va tutto bene, Mark! Non ti preoccupare! Va tutto bene!»

« Io ricordo solo le tue mani che si muovevano e poi più nulla.»

Chrisell si sentì arrossire per quello che aveva fatto, ma doveva delle spiegazioni al suo amico, anche a costo di farlo arrabbiare.

Si fece coraggio e con voce mite gli spiegò: « Per rendere la tua finzione più credibile ho dovuto sottoporti a un incantesimo, e come vedi ha funzionato.»

« Cosa hai fatto? Mi hai... mi hai ipnotizzato!»

Chrisell indietreggiò. Lo sguardo di Mark era stralunato, sembrava aver perso il lume della ragione, inoltre il ragazzo avanzava minaccioso. Per un attimo pensò che volesse aggredirla. « Non so cosa tu voglia intendere con quel termine… ipnotizzato. Ho solo fatto un incantesimo che ha agito sulla tua volontà. Sì, hai ragione a essere arrabbiato, ma ho dovuto farlo! Altrimenti non avresti mai potuto passare indenne la verifica a cui ti ha sottoposto il Malefico.»

Mark stava per ribattere che non era giusto, che solo l’ idea di essere stato assoggettato lo faceva star male e che si sentiva umiliato. Ma Chrisell lo stava guardando con aria contrita e ciò lo ammansì, anche se la silfide continuò ad avvertirne la contrarietà.

« Avresti dovuto perlomeno avvertirmi delle tue intenzioni» disse infine Mark.

« Certo, avrei dovuto farlo, ma tu avresti accettato?» domandò lei a sua volta, quindi aggiunse: « Mi dispiace, ma essendomi assunta la responsabilità della vostra salute ho dovuto decidere in poco tempo come fosse meglio agire. Rifletti, ti prego. In fondo, abbiamo raggiunto il nostro scopo. Non sei più prigioniero in quell’ orribile cella, e tra poco ti ricongiungerai al tuo amico.»

« Gylldor? Dov’è? Come sta?»

Chrisell scrollò la testa con compassione: « Gylldor ha un carattere fiero e ribelle, proprio come si addice a un principe, ma è anche troppo cocciuto e impulsivo e questo gli è costata l’ animosità dei suoi carcerieri che, pur di domarlo, lo hanno costretto a un regime sin troppo severo. Finora sono riuscita a evitare che il suo fisico si debilitasse in modo eccessivo, ma è molto dimagrito e demoralizzato. Negli ultimi giorni ho temuto che… ma non ci voglio più pensare! Ora che ci sei tu sono sicura che le cose miglioreranno.»

Mark scattò come una molla: « Voglio vederlo! Conducimi da lui!»

« No. Tra poco saranno loro a trasferirlo qui, e allora potrai riabbracciarlo.»

Il ragazzo annuì, poi si ritirò in un cantuccio, un po’ in disparte rispetto alla silfide.

Si sentiva stanco e avvilito, non riusciva a intravedere spiragli nel proprio futuro e in quello dell’ unicorno.

« Mark» lo richiamò l’ eterea creatura silvestre. « Lo so che sei ancora arrabbiato per quello che ho fatto e per quanto hai dovuto subire durante la prigionia, ma i tempi bui sono finalmente passati. Tra poco tu e Gylldor tornerete insieme. Voi due siete una forza, Mark. Metti da parte ogni cattivo pensiero e impiega ogni tua energia per elaborare una strategia di fuga.»

« Credi che sia facile?» domandò lui, ancora risentito. « Mi trovo prigioniero in una dimensione che non mi appartiene, circondato da creature aliene e maligne. Guardati intorno, Chrisell, non vedi quanta malvagità regna su questa terra?»

La silfide si volse verso gli animali ospitati nei vari settori e scrollò la testa: « Queste, prima di subire la trasformazione, erano creature meravigliose, Mark. Erano unicorni, proprio come il nostro Gylldor, e sua madre ne era la regina. È stato il veleno a tramutarli in quello che sono» concluse Chrisell con amarezza.

« Ma cosa sono?»

« Credo dei pegasi… Pegasi Oscuri. Ma loro non hanno colpa, Mark. È stata la malvagità di Zephar a ridurli in questo stato.»

Sentendosi osservati, i pegasi stronfiarono, lanciando occhiate maligne verso i due estranei. “ L’ incantesimo di beatitudine che avevo lanciato per loro ha già esaurito il suo effetto” constatò amaramente la silfide. “ Per tutte le stelle, la potenza della mia magia si affievolisce sempre più. Dobbiamo andare via al più presto da qui. L’ atmosfera malvagia che colma questo regno finirà per travolgermi e rovinarmi per sempre.”

« Che ti succede, Chrisell?» domandò Mark, preoccupato per l’ espressione tesa dell’ amica. Lei si riscosse e tentò un debole sorriso: « Niente. È solo un po’ di stanchezza.»

« Non puoi fare niente per loro?» domandò ancora Mark, tornando a guardare in modo compassionevole i Pegasi Oscuri.

« La mia magia non può arrivare a tanto, e poi non so nemmeno se la trasformazione subita sia reversibile. No Mark, non ci provo nemmeno. Quel poco di potere di cui dispongo devo tenerlo in serbo per aiutare voi.»

I due tacquero per qualche istante; poi, un pensiero improvviso, e Mark domandò: « Come mai Gylldor subisce la trasformazione solo durante il plenilunio? La sua mutazione non è stabile. Perché?»

« Non te lo so dire con certezza. Forse dipende dal fatto che il suo è sangue reale, puro da generazioni, e per questo non del tutto infettabile, o forse il veleno inoculato dagli artigli non era abbastanza. Non lo so Mark, ma dobbiamo ringraziare le stelle per questo. In fin dei conti è una fortuna e torna a nostro vantaggio» disse Chrisell, sbirciando attraverso le aperture che portavano luce all’ interno della costruzione.

« Stanno arrivando» la silfide ritornò verso l’ amico e gli afferrò le mani: « Quel gigante sta conducendo qui Gylldor. Mi raccomando, cerca di assumere un’ aria stolta e non parlare e non muoverti. Dobbiamo fargli credere che nulla è cambiato in te. Posso fidarmi?»

Lui la guardò stupito per quella domanda: « Perché non dovresti?»

Chrisell sospirò: « Non lasciarti impressionare dallo stato in cui versa il nostro Gylldor. O perlomeno, cerca di non darlo a vedere!» Mark non ebbe nemmeno il modo di rispondere. I Pegasi Oscuri avevano iniziato nuovamente a stronfiare con vigore.

Chrisell con un gesto scomparve alla vista, mentre nella stalla faceva il suo ingresso Taresh, che conduceva l’ unicorno per la cavezza, quasi trascinandolo. Al passaggio di Gylldor, gli animali si protesero minacciosi, digrignando i denti ed emettendo suoni intimidatori.

« State indietro, stupide bestie!» sbraitò il gigante facendo sibilare con forza una frusta per aria. Lo schiocco che ne conseguì fece arretrare i pegasi, senza tuttavia intimidirli più di tanto.

Sempre attento alle loro mosse, Taresh raggiunse il box situato nel fondo trascinando l’ unicorno, ma giunto davanti alla postazione si bloccò all’ improvviso.

Con i sensi tesi allo spasimo, il gigante iniziò ad annusare l’ aria. “ Avverto di nuovo qualcosa di strano. Ma cosa?” si domandò, scrutando in ogni direzione. “È un sentore indefinibile come… di filamenti di magia.”

Chrisell, invisibile e poco distante, tremò “ Possibile che riesca a percepire la mia presenza?” si domandò. Le sue mani si mossero impercettibilmente, ma la silfide si bloccò all’ istante, perché lo sgherro era troppo vicino per tentare un ulteriore incantesimo. Quella creatura aveva dimostrato di essere molto ricettiva, e lei rischiava di farsi scoprire.

Non affatto convinto, il gigante avanzò nella stalla osservando con attenzione ogni minimo movimento del prigioniero.

Mark, benché felice di rivedere Gylldor, non si mosse, né diede a vedere la compassione che provò nel constatare le condizioni critiche nelle quali versava il puledro.

Taresh fissò le redini in un anello di ferro appeso alla parete, e come aggiuntiva precauzione impastoiò i garretti dell’ unicorno. Nemmeno allora il prigioniero si mosse, e il gigante decise per un’ ultima prova facendo schioccare la frusta e sferzando i posteriori del puledro.

I fianchi di Gylldor tremarono, ma fu il solo segno vitale che diede.

Il cuore di Mark si strinse in una morsa dolorosa, ma lui s’ impose di rimanere immobile, anche se quell’ ignobile gesto lo avrebbe spinto a catapultarsi contro il gigante per strappargli la frusta dalle mani e usarla poi sulla sua schiena.

Se anche Taresh percepì l’ intensa emozione e la lotta interiore sostenuta dal ragazzo non lo diede a vedere, quindi volse le spalle e uscì, trascinando il suo passo pesante.

Quando fu certa che lo sgherro si era realmente allontanato, la silfide riapparì. « Sei stato bravo, Mark» si complimentò, accorrendo in aiuto del giovane che già prestava soccorso al suo amico.

« Gylldor!» bisbigliò il ragazzo con tono accorato « Chrisell, guarda come l’ hanno ridotto. È diventato pelle e ossa. Gylldor!» ripeté.

Ma il puledro non rispose; appariva come in stato letargico, estraneo a ciò che gli accadeva intorno. Il ragazzo provò una pena immensa, e proprio in quel momento Gylldor roteò gli occhi e le sue zampe si piegarono. Inutilmente Mark e Chrisell cercarono di sostenerlo.

«È allo stremo. Liberagli i garretti e lascia che si distenda sulla paglia» suggerì la silfide.

« Ma è pericoloso! Potrebbe non avere più la forza di rialzarsi e morirebbe. No, sta su amico mio. Ti prego.»

Le zampe del puledro tremavano in modo vistoso e s’ intuiva che da lì a poco avrebbero ceduto sotto il peso del corpo.

« Mark, non insistere, lascia fare a me. Lo guariremo, vedrai.»

« Sta morendo, Chrisell» biascicò lui, ormai con le lacrime agli occhi.

« Non morirà! Te lo prometto» lo rassicurò la silfide, aiutando l’ unicorno a distendersi.

Gylldor giacque su un fianco con gli occhi chiusi e il respiro profondo, rallentato, e la creatura silvestre gli si inginocchiò accanto, quindi iniziò uno strano rituale con le mani, che si mossero come danzando per aria, sussurrando dolcemente un’ incomprensibile nenia. Intorno al corpo martoriato del puledro aleggiarono baluginanti filamenti di magia. Poi, un’ abbagliante luce blu lo avvolse in un alone, e un calore benefico scese a scaldargli l’ anima e il cuore.

Lo sforzo risultò troppo grande per la delicata creatura silvestre. Il suo viso divenne terreo per la fatica, le mani tremarono leggermente, ma nonostante l’ evidente disagio, continuò la magica procedura finché Gylldor riaprì gli occhi.

Lo sguardo del giovane unicorno ritornò vitale nel riconoscere gli amici. Mark sorrise mentre Chrisell continuava il suo bizzarro rituale, fino a che, in modo lento e graduale, i filamenti e l’ alone si smorzarono e la silfide si lasciò andare ormai senza forze sulla paglia.

« Chrisell! Cos’ hai? Stai male?»

« Non ti preoccupare, ho solo bisogno di riposo» rispose con un filo di voce.

In realtà Chrisell era consapevole di quanto delicato fosse quel momento per tutti e tre. Sia lei che Gylldor si trovavano in stato di estrema debolezza, e in caso di pericolo non sarebbero stati in grado di difendersi. E quale aiuto avrebbe potuto offrire un ragazzo provato lui stesso da una lunga prigionia?

Chrisell rabbrividì” Cerca di riprenderti in fretta invece di piagnucolare come un gattino indifeso” si disse, ricordando l’ ampolla donatole da fata Silvestre e custodita tra le pieghe dell’ ampia tunica.

“ In questo momento è l’ unica possibilità di difesa che abbiamo” pensò rabbrividendo, e prelevata l’ ampolla da una tasca la porse al giovane amico.

« Prendi, Mark, e usala contro chiunque provi ad aggredirci.»

Il ragazzo rimase interdetto e osservò lo strano oggetto che lei gli aveva messo con così tanta delicatezza tra le mani.

« Cos’è questa?» domandò, portando l’ ampolla di vetro trasparente davanti agli occhi e guardandoci attraverso. Il liquido ambrato che vi era contenuto emanò un bagliore dorato. «È un dono della Dama del bosco. Serve per immobilizzare eventuali malintenzionati.» « Perché lo hai dato a me? Si tratta di un talismano magico. Non so nemmeno come utilizzarlo.»

« Sei l’ unico in grado di poterlo usare. Io e Gylldor siamo troppo deboli per affrontare dei nemici. E poi basterà che versi un po’ del contenuto intorno a te e il siero magico agirà. Ma ricorda, l’ effetto dura solo una manciata di minuti, e in quel tempo dovrai trovare un riparo per tutti noi.»

Chrisell, ormai davvero allo stremo, si piegò su stessa e giacque inerte. Mark raccolse intorno a quel corpo fragile della paglia pulita, poi si stese lui stesso accanto ai suoi amici e si mise a riflettere sulle prossime mosse.

Alyser

Fu per la giovane età e per cure amorevoli che l’ unicorno riuscì a superare in fretta il difficile momento.

Mark lo accudiva come un figlio e gli dedicava tutti i momenti liberi che gli altri animali ospitati nelle stalle gli lasciavano. Il ragazzo andava e veniva con carriole colme di paglia fresca, secchi di biada e acqua che lasciava nei pressi dei Pegasi Oscuri, facendo ben attenzione a non avvicinarsi troppo.

Ben presto il puledro riprese le forze, e dopo pochi giorni già scalpitava nello spazio esiguo in cui lo avevano costretto.

« Quando ce ne andiamo, Mark? Non ne posso più di questa immobilità.»

« Hai sentito le raccomandazioni di Chrisell, Gylldor. Devi solo aver pazienza. Tu non sei ancora in ottima forma, e sarebbe un rischio troppo grande se tentassimo di fuggire. Aspettiamo ancora qualche giorno. Se scappassimo ora, quanto credi che potrebbe durare la nostra fuga? No, dobbiamo pazientare e nello stesso tempo studiare un piano particolareggiato. Se vogliamo tornare liberi, dobbiamo giocare d’ astuzia. Una volta fuori di qui nessuno mai ci dovrà riprendere.»

« Forse hai ragione, ma io sogno spesso di librarmi libero nel cielo. L’ unica volta che ho volato ero circondato da queste creature a dir poco terrificanti» disse lanciando occhiate preoccupate ai Pegasi Oscuri ospitati nei box più vicini, « Hai visto come mi guardano, Mark? Sembra che vogliano divorarmi vivo!»

« Non badarci, amico. Il loro atteggiamento è solo per intimidirci. Scommetto, invece, che provano soggezione nei tuoi confronti. Sanno benissimo che nelle tue vene scorre sangue reale.»

« Credi davvero che lo sappiano?»

« Ne sono sicuro! È solo questa la ragione della loro diffidenza. In te non vedono altro che un nemico, un nuovo e probabile aspirante al trono e alla tirannia. E questo non fa altro che aumentare il rancore e la malevolenza nei nostri confronti.»

« Ma tu non c’ entri niente! Perché prendersela anche con te?»

« Mi considerano tuo complice» disse soprappensiero Mark strigliando il manto dell’ unicorno. « Dovrei cercare di conquistare la loro fiducia» concluse con un sospiro.

« Cosa ti viene in mente? Non vorrai mica avvicinarli?»

« Perché no? In fondo la loro primaria essenza è quella di creature benevole. Proprio come la tua!» esclamò il ragazzo, infervorato dalla nuova idea.

« Sì, ma ora sono stati trasformati in esseri malvagi. Hanno dimenticato cosa sono stati e vivono soltanto per il male. Servono fedelmente quello che considerano il loro padrone, mentre valutano noialtri dei nemici. Non ti permetteranno mai di avvicinarti.»

Mark lanciò un’ occhiata verso il box vicino. Il Pegaso Oscuro che lo occupava masticava a vuoto procurando un gran rumore e una fuoriuscita abbondante di bava, mentre roteava nervosamente gli occhi e scalpitava con gli zoccoli sul terreno.

Gylldor rabbrividì: « Toglitelo dalla testa, Mark. Se quello riesce ad azzannarti ti strappa la pelle, la carne e, se tu glielo permettessi, anche il cuore.»

« Non esagerare, amico mio! Scommetto che è solo paura la sua!»

Il ragazzo mosse qualche passo in direzione del box e nello stesso istante il pegaso indietreggiò.

« Vedi? Se fosse realmente malvagio come dici non indietreggerebbe, anzi, mi attaccherebbe. Non credi?» domandò, sempre avanzando con cautela.

Gylldor seguì preoccupato le mosse del ragazzo « Mark, non farlo, ti prego! Non potrei aiutarti in caso di bisogno.»

« Stai tranquillo! So cosa faccio!» disse il ragazzo.

Poi una serie di nitriti disperati e l’ avvicinarsi pesante di passi lo fermarono.

Nelle stalle fece il suo ingresso Taresh, che trascinava per la cavezza un Pegaso Oscuro recalcitrante.

Mark s’ immobilizzò all’ istante assumendo la solita posa statica e fissando il vuoto.

Il gigante sembrava facesse una fatica enorme, mentre la creatura che trascinava puntava gli zoccoli con forza e ostinazione. Taresh fece sibilare la frusta a vuoto alcune volte prima di colpire i fianchi del pegaso.

« Muoviti, stupida creatura, se non vuoi che ti frusti a sangue!» minacciò, strattonando con vigore. Il pegaso emise un nitrito di dolore, poi sembrò rassegnarsi e si lasciò trascinare verso uno dei box rimasto liberi.

« Occupati di questa lurida bestia, ragazzo, e bada che non fugga!» ordinò il gigante, osservando con attenzione l’ espressione neutra dello stalliere.

« Vedo che ti occupi tanto del tuo amico e tralasci di strigliare a dovere le altre cavalcature del re. Ti consiglio di curare in modo particolare questa piccola selvaggia, che è una delle ultime arrivate e che sembra caparbia e ribelle, proprio come il tuo unicorno» borbottò contrariato il gigante, quindi, quasi temesse di essere ascoltato, in un bisbiglio terminò: « Non capisco perché al sovrano piacciano tanto queste creature dal carattere indomito.» Poi si avviò verso l’ uscita seguito dal solito coro di nitriti ostili.

continua...


Vivì 09/09/2021 11:38 1 738

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.


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Nota dell'autore:
«Racconto pubblicato nel 2012 dalla MorganMiller edizioni»

Commenti sul racconto Commenti sul racconto:

«A quanto pare l’inganno ha funzionato... Finalmente Mark, con l’aiuto della silfide, si ritrova con il suo amato amico, Gylldor... il giovane unicorno è molto provato dalla prigionia, ma nonostante questo non è intenzionato a mollare... I due amici devono capire come riuscire a scappare... ma l’arrivo di un pegaso Oscuro potrebbe cambiare la situazione... in meglio o in peggio? Al prossimo episodio per scoprirlo...
Anche questo episodio coinvolge e lascia il lettore in attesa di conoscere gli esiti di questa bellissima storia.»
Giacomo Scimonelli

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