Nicola vive le strade del mondo. Ha per tetto un cielo di stelle e dorme dove capita. Adesso è da un po’ che bazzica per la città. Ha un aspetto trasandato e la barba che sembra un giardino incolto, ma se con lui ti dimostri gentile, tra quell’ abbandono, puoi vedere spuntare un sorriso. Durante il giorno, Nicola beve i tiepidi raggi del sole, rimane in disparte e non domanda niente a nessuno.
Di una panchina di legno e ferro addossata al muro di mattoni rossi, sopra il marciapiede, ha fatto il suo letto, dove la notte dorme alla mercé delle persone e delle intemperie.
Nicola non è molto in carne, ma sotto il giaccone con cappuccio veste a strati e questi lo fanno sembrare robusto. Ai piedi indossa quelli che all’ apparenza sembrano dei caldi e comodi scarponi. Non ha un sacco a pelo, nemmeno una coperta che lo tenga al caldo. Protegge le sue poche cose dentro alcune buste della spazzatura e una sacca di tela grezza che all’ occorrenza utilizza come cuscino. Di lui a parte il nome non si conosce la storia, se ha una famiglia né da dove viene.
In città le persone gli passano accanto quasi senza vederlo, ognuno, dentro la propria bolla di egoismo e insofferenza, tuttavia la notte di Natale, dopo che Nicola per il grande freddo ha chiuso gli occhi per sempre … la gente ha fatto a gara, per dire che lo conosceva: che gli ha offerto un pasto caldo, che gli ha stretto la mano.
C’è chi giura di avere sentito nell’ aria una sorta di tintinnio festoso e la panchina trasformata in slitta salire nel cielo; trainata da due renne bianche.