Appena arrivati ad Arzano, mio padre scelse un barbiere, e nel suo salone portava anche me. Il barbiere era un brav’ uomo sulla cinquantina, educato e modesto, ed aveva un aiutante più anziano di lui che veniva in bicicletta da Casoria.
Ero arrivato da Pomigliano quasi sprovvisto di conoscenze del dialetto napoletano, e in quella bottega ne ebbi una delle prime lezioni. Non avevo ancora mai visto quell’ aiutante, e una volta il proprietario disse che i capelli me li avrebbe tagliati " ‘ o guaglione": pensavo che si presentasse un ragazzo un po’ più grande di me, al massimo un diciottenne, e invece quella volta imparai che in dialetto napoletano "guaglione" equivale al francese "garç on", termine col quale, ad esempio, in Francia sono designati i camerieri di qualunque età!
Quando ebbi sedici, diciassette anni, stanco del taglio troppo classico di quel barbiere e del suo "guaglione", decisi di cambiare, mentre mio padre continuò ad andare lì: scelsi un giovanotto che aveva da poco aperto un salone al pianterreno di un grattacielo di dieci piani; ma caddi dalla padella nella brace, perché, pur andando io lì con i capelli già lavati, il barbiere, per guadagnare un po’ di più, mi diceva che avevo bisogno di uno shampoo particolare, e me li lavava di nuovo: evidentemente la qualità della lozione era scadentissima, perché tornavo a casa con i capelli tagliati in stile moderno sì (pur se non proprio come li volevo io), ma così unti da costringermi a fare di nuovo un altro lavaggio (triplo shampoo!)
I capelli (il loro taglio, il loro colore) sono molto importanti per il riconoscimento di una persona, soprattutto per chi, come me, è poco fisionomista. Ricordo che nel settembre del 1972 rischiai addirittura di non riconoscere la ragazza cui tenevo particolarmente. Erano sei mesi che non la vedevo, e nel frattempo io ero stato quasi due mesi a Lisbona, vincitore di una borsa di studio del governo portoghese per l’ approfondimento della lingua e della letteratura lusitana. Avevo ancora la testa piena di quell’ infinità di ragazze di varie nazionalità che frequentavano quei corsi, ragazze con le quali avevo fatto delle conoscenze che, anche se non erano state proprio bibliche, avevano comunque scatenato un intenso erotismo. Ebbene, quel giorno di settembre salì sul bus quasi vuoto nel quale io già mi trovavo una bella ragazza bionda che, tutta sorridente, venne a sedersi accanto a me. Rimasi quasi di stucco, perché inizialmente mi sembrò una di quelle ragazze di Lisbona (aveva forse ragione Karl Kraus che, in uno dei suoi aforismi, sosteneva che "la donna prende uno per tutti, e l’ uomo tutte per una"?), ed evitai di fare la pessima figura di chiederle chi mai fosse soltanto perché lei cominciò a dire qualche parola con la sua inconfondibile voce: colpevole era stato il colore dei capelli, che in quei mesi, evidentemente, lei si era ossigenati...
Continuo, nonostante l’ età, ad avere non pochi capelli, anche se naturalmente essi si sono per metà imbiancati: è quello che recentemente mi ha fatto notare una signora incontrata per caso a viale Alfa a Pomigliano, una pittrice dilettante di origine vomerese. Io non riuscivo a ricordarmi di lei, ma lei mi ha detto con entusiasmo che invece, dopo vent’ anni, si ricordava benissimo di me: mi ha fatto sapere che veniva a scuola anche per informarsi del rendimento della figlia, ma soprattutto per incontrare me, perché "noi artisti" (proprio queste sono state le sue parole) capiamo tante cose che gli altri neppure immaginano (a volte si incontrano delle persone che ci fanno dei complimenti immeritati...)